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Vedi Valentine e poi muori

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Cover photo by Fabio Angioletti

Pallacanestro Trieste-Napoli Basket 109-82

Nessuna distrazione, nessun contraccolpo per tutto ciò che è successo e si è detto in settimana. Coach regolarmente a bordo campo come previsto, Trieste (al completo!) che si conferma quel carrozzone spettacolare e terribilmente efficace che quindici giorni fa, sullo stesso parquet, aveva spazzato via una Virtus in crisi. Napoli, invece, arrivava in riva all’Adriatico forte di tre fondamentali vittorie nelle ultime tre partite, con lo scalpo delle due teoriche corazzate da Eurolega nel carniere e la vittoria salvezza nel derby a Scafati a donare morale e consapevolezza nei propri mezzi (ben superiori a quello che esprime la classifica), e con un pugno di giocatori -Pullen, Totè e Green soprattutto- in prolungata trance agonistica. In altre parole, per Trieste una partita da affrontare con estrema prudenza ed attenzione, con grande organizzazione difensiva e magari esprimendo percentuali almeno buone, se non ottime, da lontano, dal momento che gli avversari sono molto ben dotati di centimetri e chilogrammi nel pitturato. E, soprattutto, sfruttando l’evidente gap tecnico fra i giocatori da quintetto e la riacquisita lunghezza delle rotazioni, contro una squadra che basa le sue fortune tramite l’utilizzo di non più di sette giocatori e mezzo.

Piano partita perfettamente rispettato, davanti a quasi seimila spettatori che si dimostrano supportivi dal primo minuto del riscaldamento a mezz’ora dopo la sirena finale: nel mirino c’è infatti un obiettivo comune troppo importante per essere offuscato da situazioni esterne o polemiche sterili. Lo capisce il pubblico, lo capisce la società (che ignora ostentatamente l’argomento), ne è perfettamente consapevole la squadra, che appare concentrata e determinata quasi come non mai in stagione. Come di consueto, i biancorossi assistono, controllandola, alla fiammata iniziale degli avversari, che difendono alla morte concedendo pochissimo sotto canestro e contestando ogni singolo tiro da oltre l’arco, sfruttando anche qualche amnesia triestina nelle rotazioni difensive che permette soprattutto a Totè di sfruttare i suoi centimetri per arrivare facilmente, e con fatturato, al ferro. Ma anche la Napoli dei primi minuti, che sembra al massimo delle sue possibilità, pur davanti a una Trieste che pare assopita in attacco, non riesce a scrollarsi in alcun modo l’avversaria di dosso, non superando mai i due possessi di vantaggio. Esaurita l’energia iniziale partenopea, alle prime indispensabili rotazioni, dopo otto-nove minuti nel primo quarto è quasi tangibile, palpabile il cambio di ritmo biancorosso. E’ il momento del sospirato rientro di Colbey Ross (per l’occasione sesto uomo di lusso), quando Trieste inizia a mettere in scena il suo show stordente: prima il sorpasso definitivo sul finire del primo quarto, poi una seconda frazione che mette già fine ad ogni discorso sul risultato finale, non tanto per il 34-21 del parziale che porta a 15 il gap a metà gara, tutto sommato recuperabili per una squadra che ne aveva recuperati altrettanti in metà del tempo a disposizione con Milano sette giorni prima, ma soprattutto per l’evidente differenza di ritmo, di intensità, di percentuali di realizzazione, di dominio a rimbalzo sui due lati del campo, di numero di assist che testimoniano un gioco che pare l’esecuzione di un’orchestra sinfonica affiatata che suona un “allegro”, in cui ognuno degli strumentisti sa perfettamente cosa fare, quando muoversi, quando entrare in scena, quasi senza guardare il maestro nel podio tanto oliati sono ormai i meccanismi e le consuetudini. E’ questa la sensazione con cui le due squadre vanno negli spogliatoi, una sensazione di grande consapevolezza e fiducia da una parte, di frustrazione spesso sopra le righe (il nervosismo ostentato di Zubcic contro tutto e tutti non ha alcun riscontro oggettivo in presunti favoritismi arbitrali per gli avversari), di acquisizione della certezza di dover eseguire un vero e proprio capolavoro più simile ad un miracolo nel secondo tempo per riuscire a sovvertire un risultato che sembra già scritto dall’altra parte. L’importanza di un giocatore come Colbey Ross, esattamente come successo con Valentine al suo rientro qualche settimana fa, è palpabile ed evidente non tanto quando è assente (specie con il Ruzzier in stato di grazia di questi mesi) quanto piuttosto quando puoi nuovamente riammirarlo in campo: non è tanto il bottino di punti, nemmeno le percentuali da cecchino. E’ proprio il fatto che la sua sola presenza è in grado di spostare le difese, provocare raddoppi o triplicamenti di marcatura che creano spazi e possibilità per i compagni che il playmaker pupillo di Arcieri è abilissimo nell’individuare e sfruttare in modo chirurgico e letale.

In effetti Napoli in apertura di ripresa anche ci prova, attacca con grande determinazione il ferro, visto che da fuori non è proprio serata, ma stavolta Trieste non è affatto disposta a lasciar sfogare da spettatrice la seconda ed estrema fiammata della squadra ospite. La partita si fa velocissima ed a tratti spettacolare, le squadre ribattono colpo su colpo, Napoli riesce addirittura ad infilare un break che la riporta appena sopra la doppia cifra di svantaggio dopo essere precipitata sotto ben oltre i venti punti, ma Jamion Christian ha a sua disposizione giocatori di una classe e di una letalità che davvero pochissime altre squadre in serie A possono vantare in tale quantità. Ad un imprendibile Colbey Ross ed un costante ed ispirato Jarrod Uthoff si aggiunge l’istrione barbuto che più di tutti gli altri è in grado di accendere entusiasmo e divertimento sugli spalti, ed a spaccare le partite con improvvisi quanto imprevedibili lampi di classe cristallina. Denzel Valentine infila una sequenza costituita da un tiro da sotto in avvitamento attorno ad Egbonu (cui rende 10 centimetri e 15 chili), una logotripla frontale da nove metri ed un’altra tripla ignorante in contropiede con solo avversari sotto canestro. Otto a zero, ventello ripristinato, pandemonio nel palazzetto e partita in cassaforte, una esibizione di una bellezza estetica cestistica tale da ribaltare, per una sera, la celebre frase di Goethe che descrive a suo modo la città partenopea.
E’ davvero una serata di grazia al tiro da fuori per una Trieste che sfiora il 55% da oltre l’arco con ben 19 triple realizzate, tutti tiri peraltro costruiti benissimo, quasi tutti in ritmo e piedi a terra, nessuna forzatura ed anche grande equilibrio nelle conclusioni: Napoli sotto canestro, infatti, può contare su un Totè in stato di grazia, ma quando il lungo italiano deve rifiatare o deve essere preservato dai falli, dietro a lui dal punto di vista soprattutto tecnico c’è davvero quasi il vuoto. Johnson Candussi, Uthoff e Brooks riescono a blindare la propria area ed a farsi spazio (anche con le cattive) sotto il ferro, con il risultato che per una volta il conto delle conclusioni è esattamente bilanciato: 35 tiri da due, 35 da tre. Una macchina equilibrata che distribuisce responsabilità nell’arco dei 40 minuti e con gerarchie non scolpite nel granito, che dunque toglie certezze ed orientamento agli avversari, che oltretutto avendo la coperta piuttosto corta non possono che decidere di battezzare qualcuno dei tiratori avversari sperando che vada bene. Ma se raddoppi o triplichi Ross e lui trova quattro volte McDermott completamente libero negli angoli, e l’ultimo arrivato in biancorosso colpisce con precisione devastante, se intasi il pitturato per evitare perlomeno gli attacchi al ferro e Valentine raccoglie il palleggio e segna dall’adesivo dello sponsor, se picchi Johnson sotto canestro (subendo peraltro anche sportellate dal centro californiano) e prendi i tiri da tre di Candussi, alla lunga capisci che gli avversari hanno previsto il tuo piano partita e preparato perfettamente le contromisure e perdi progressivamente fiducia ed energie, finendo, con ogni probabilità, per essere travolto. 128-88 la valutazione +27 il divario. Per raccontare questa partita, tutto sommato, sarebbe bastata una riga.

Trieste raggiunge così, a cinque giornate dal termine, il numero di vittorie (16) che aveva conquistato a fine campionato nella straordinaria prima stagione da neopromossa nel 2018-2019, bottino che allora le fruttò i playoff da settima e che quest’anno quasi certamente non le permetterebbe di conquistare nemmeno l’ottavo posto. A proposito della corsa alla post season: Trieste rimane sesta, così come rimane invariata la distanza dalla vetta occupata da Trapani e Brescia, ancora soli quattro punti più sopra, ma viene colmato il gap con Milano, sconfitta a Reggio Emilia, inchiodata a 32 punti ed in grandissima difficoltà per gli infortuni di Shields e Bolmaro. L’Olimpia rimane quinta per la differenza canestri rispetto a Trieste, ma l’inerzia ora è totalmente in mano ai biancorossi alabardati. Trento si sbarazza di Scafati e rimane nel gruppo delle terze due punti sopra Trieste, dove è affiancata alla Virtus che deve giocare lunedì sera a Treviso: Trento arriverà in via Flavia fra due settimane (l’Aquila si impose di 8 all’andata). Dietro, rimane in scia a Trieste solo Reggio Emilia a trenta punti, mentre scivolano sotto di quattro Venezia, sconfitta nel big match a Brescia, e Tortona, sconfitta in casa da Trapani e che ora diventa probabilmente “l’anello debole” fra le quattro in corsa per i posti che vanno dal sesto all’ottavo posto. Appare quindi evidente come la sfida del Taliercio di domenica prossima diventi per Trieste una sorta di match point per la conquista della post season.

I risultati:

Trento-Scafati 88-78
Tortona-Trapani 91-101
Trieste-Napoli 109-82
Pistoia-Sassari 63-86
Varese-Cremona 85-87
Reggio Emilia-Milano 87-78
Brescia-Venezia 97-89
Treviso-Bologna 7/4/2025

La classifica
  1. Trapani 36
  2. Brescia 36
  3. Bologna 34 *
  4. Trento 34
  5. Milano 32
  6. Trieste 32
  7. Reggio Emilia 30
  8. Venezia 28
  9. Tortona 28
  10. Sassari 22
  11. Treviso 18 *
  12. Cremona 16
  13. Napoli 16
  14. Varese 14
  15. Scafati 12
  16. Pistoia 10
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