TRIESTE 80 BOLOGNA 78 (16-20, 45-45, 64-59)
PALLACANESTRO TRIESTE: Davis 4 (2/5, 0/3), Bartley 14 (2/7, 3/6), Deangeli 2, Lever 3 (0/2, 1/3), Terry 19 (7/13, 1/1). Ruzzier 9 (2/4, 0/2), Stumbris 3 (0/1, 1/3), Campogrande 9 (3/6 da tre), Vildera 3 (1/2), Spencer 14 (7/9). Ne: Bossi. All. Legovich,
SEGAFREDO BOLOGNA: Mannion 17 (4/6, 1/4), Lundberg 10 (2/6, 1/5), Weems 10 (4/4, 0/1), Shengelia 18 (7/13, 0/1), Mickey 2 (1/2, 0/1). Belinelli 11 (1/2, 3/11), Ojeleye 6 (0/2, 2/3), Bako 2 (1/2), Camara 2 (1/1). Ne: Venturi, Cappellotto, Menalo. All. Scariolo.
ARBITRI: Sahin, Martolini, Valzani
NOTE: T.l. Tri 11/16, Bol 15/21. Rimb: Tri 40 (Spencer 14), Bol 39 (Shengelia 10). Ass: Tri 20 (Ruzzier 7), Bol 13 (Mannion 5). F. Ant. Belinelli 13’12” (20-32). Spettatori 4984
(Photo Credit sito ufficiale Pallacanestro Trieste)
Nel momento più difficile, con il rischio tracollo dietro l’angolo dopo tre sconfitte bruttissime per le conseguenze in classifica ma soprattutto per l’atteggiamento rinunciatario e lo stato mentale spesso in confusione esibiti, Trieste ritrova sé stessa contro la prima della classe, l’avversario più difficile anche se menomato dalle pesantissime assenze di Teodosic, Paiola, Hackett, Jaiteh, Abass e Cordinier ma pur sempre dotato di un roster “superstite” in grado di affrontare gare di Eurolega senza sfigurare. E non può essere una giustificazione nemmeno il doppio impegno europeo che in settimana ha impegnato il team di coach Scariolo impedendo di fatto la preparazione del match all’Allianz Dome: la differenza di talento, esperienza, profondità di rotazioni, tonnellaggio in ognuno dei ruoli in campo, faceva infatti pendere in ogni caso qualsiasi pronostico a favore delle V nere, considerando anche il periodo di down attraversato dalla formazione triestina. Difficoltà aggravate in settimana dall’infortunio di Hudson e dall’arrivo in corsa solo 48 ore prima di un nuovo giocatore lettone proveniente dalla A2. Che per battere la Virtus sarebbe stata necessaria (ma non sufficiente) una partita pressoché perfetta da parte di Trieste era un dato assodato, come anche il fatto che la quasi perfezione non sarebbe ugualmente bastata se non si fosse verificata la “complicità” bolognese, un suo affaticamento fisico, una serata storta al tiro, qualche disattenzione difensiva da parte di giocatori solitamente poco impiegati, insomma un granellino di sabbia nel meccanismo perfetto a disposizione di Don Sergio. L’allineamento di pianeti, per fortuna triestina, si verifica proprio quando era più indispensabile che necessario che ciò avvenisse, soprattutto alla luce delle vittorie delle ultime due della classe: ora il gruppo delle pericolanti diventa un quartetto, fortunatamente rimasto quattro punti più sotto in classifica con sempre meno partite da giocare (ne rimangono solo sei), con i biancorossi che a loro volta si riuniscono, a venti punti, a Brescia e Treviso. Non vogliamo nemmeno pensare a cosa sarebbe potuto scattare nelle menti dei giocatori triestini in caso di sconfitta contro Bologna, con il fiato della penultima sul collo alla vigilia di una striscia di partite difficilissime.
Davanti a 5000 spettatori ed un Allianz Dome tornato rumoroso come non mai, Trieste parte non particolarmente intimidita dai titolati avversari, ma la regia farraginosa di un Davis ormai molto poco play e molto guardia non permette ai biancorossi di andare a segno con continuità, ed anzi rende spesso gli attacchi triestini lenti e prevedibili. L’esperienza degli avversari permette loro di capitalizzare ogni situazione, e pur senza strafare gli uomini di Scariolo si trovano sul +10 dopo metà primo quarto. In difesa la Virtus sa che se riesce a raddoppiare, limitandolo, Frank Bartley, la produzione offensiva avversaria diventa simile alla portata di un fiume in secca durante una siccità nel deserto in agosto: Lundberg, Mannion ma anche Weems e Ojeleye riescono nell’intento per più di metà quarto. Poi entra Ruzzier, ed è l’interruttore che accende letteralmente la luce all’attacco triestino. Il playmaker, ex di turno, sente molto la partita e si mette ad innescare soprattutto i lunghi, che ringraziano con numerosi viaggi sopra il ferro. Per Michele si contano ben 7 assist già a fine primo tempo, segno della sua capacità di orchestrare offensivamente la squadra. Trieste ricuce lo svantaggio, ma alcuni numeri di discreta ignoranza cestitistica da parte di Bellinelli e le penetrazioni di Mannion, assieme alla grande fisicità a rimbalzo di Shengelia, complice anche qualche amnesia difensiva della squadra di Legovich, ricacciano indietro i padroni di casa, con un gap che raggiunge e supera la doppia cifra inducendo molti ad iniziare già a pensare alla prossima partita. E invece, quando meno te l’aspetti, è Luca Campogrande con un paio di bombe dalla sua mattonella a dare l’avvio alla riscossa triestina, che ricuce completamente lo svantaggio sul 45 pari proprio in chiusura di primo tempo con una bomba del nuovo arrivato Stumbris, fin lì volonteroso in difesa ma spaesato, anche se attento e diligente, in attacco. Il lettone, del resto, 48 ore prima era a Trapani e stava per salire su un pullman che lo avrebbe portato assieme alla sua squadra ad affrontare la trasferta a Nardò, salvo poi ritrovarsi in un battito di ciglia davanti a 5000 persone a dover difendere su Weems e Shengelia cercando di sfuggire alle loro cure per trovare spazio per concludere da tre. Stumbris potrà essere certamente utile nel suo ruolo, oltre che a tirare si potrà dimostrare utile in una infinità di altre piccole cose, in un ruolo che il precedente inserimento di Hudson non aveva permesso di coprire.
Il secondo tempo viene giocato alla pari dalle due squadre, con Trieste che azione dopo azione inizia a credere concretamente di poter riuscire nella clamorosa impresa. La bomba di Campogrande, la terza (e più difficile) della sua serata, riporta Trieste avanti sul 53-50, ma Bologna reagisce con Shengelia e Ojeleye e si riprende il vantaggio con un fulmineo 5-0. Trieste è più efficace quando riesce ad innescare i suoi lunghi sotto canestro, anche se riesce a colpire da fuori con discreta continuità, con Bartley e con un incredibile Terry, capace di colpire andare a segno anche da oltre l’arco. E’ il treccioluto lungo americano a salire in cattedra, con ripetuti viaggi sopra il ferro, con una difesa fisicamente clamorosa, con rimbalzi e stoppate che non lo fanno per niente sfigurare contro i pari ruolo avversari, avvezzi a fronteggiare armadi a due ante in Eurolega. Trieste tocca anche i 7 punti di vantaggio, ma Bologna è sempre lì a piazzare la fiammata che non permette ai padroni di casa di accumulare troppi punti di vantaggio. Il quarto si chiude con uno scaltro sottomano di Ruzzier sulla sirena che sancisce il +5 sul 64-59. L’ultimo quarto è equilibrato ed emozionante. Brivido quando Shengelia con un tentativo di tagliafuori killer spinge Terry sulle balaustre di fondo campo. Il lungo triestino esce malconcio e zoppicante, lasciando il pubblico con il fiato sospeso, Il suo rientro, un paio di minuti più tardi, è accompagnato da una rumorosa ovazione che sa di sollievo ma anche di gratitudine. Ed è proprio Terry, assieme ad un redivivo Bartley, a ribattere colpo su colpo ad una Virtus che inizia a non sbagliare più niente in attacco, approfittando anche di qualche sciocchezza offensiva triestina che lancia il contropiede bolognese: quando la squadra di Scariolo parte in transizione Trieste non è in grado di contrastarla in alcun modo, ed è soprattutto così che la Virtus si tiene in partita. Gli ultimi due minuti sono drammatici. Davis con un difficilissimo tiro dai cinque metri si redime dopo un match fatto di alti e bassi portando Trieste in vantaggio sul 79-78 a 24” dalla fine. Lundberg sbaglia, Terry conquista il rimbalzo me subisce fallo ancora da Shengelia. Rimessa in attacco, palla a Bartley che a 6” subisce fallo. Uno su due con qualche fantasma proveniente dalla sfida interna con Brescia che rischia di materializzarsi, ma è 80-78. Scariolo riesce nell’impresa di far arrivare per due volte in cinque secondi il tiro prima del pareggio, poi della vittoria, in mano al suo miglior tiratore, ma Belinelli sbaglia entrambe le conclusioni ed i due punti rimangono in riva all’Adriatico.
Numerosi gli spunti positivi che si traggono da questa vittoria, prima fra le quali la constatazione di come, quando i due principali terminali offensivi e catalizzatori di responsabilità Davis e Bartley incappano in una partita difficile, sono limitati dalle difese avversarie e, costantemente raddoppiati, non riescono a produrre dal punto di vista offensivo se non palle perse a ripetizione, il resto della squadra si sente più responsabilizzato e risponde presente. Ruzzier ha più tempo e più spazio per staccare il biglietto per le Spencer-Terry Airlines, Lever è più sfrontato, Campogrande oltre a dannarsi l’anima in difesa, ritrova anche la miglior vena in attacco. E, naturalmente, questa maggiore distribuzione di responsabilità sorprende e disunisce le difese avversarie, che tornano di conseguenza a concedere spazi che per uno come Bartley sono un assegno in bianco. Altra nota rassicurante è costituita dalla prima vera prestazione nella quale i due lunghi convivono in modo costruttivo. Per sua stessa ammissione, Terry ha sempre giocato in carriera da 5, è un pivot naturale esattamente come Spencer, ed il processo di riconversione a 4 alla sua età non è un processo facile né breve. Peraltro, con il minutaggio di Spencer necessariamente limitato dalle sue condizioni fisiche, le sue caratteristiche da “big man” gli consentono di giostrare senza difficoltà spalle a canestro come unico pivot in campo. D’altronde il giocatore è estremamente disponibile e non si tira certo indietro. Capisce che è questo ciò di cui il coach e la squadra hanno maggior bisogno, e non lesina impegno nel riuscire ad evadere dalla sua rassicurante comfort zone. Quando, e se, riuscirà ad affinare anche un “tiretto” dai quattro-cinque metri, allora Trieste possiederà un tandem di lunghi di un livello qualitativo non pareggiabile da alcuna delle dirette avversarie per la salvezza.
Piace anche il ritorno dell’intensità difensiva, pur con qualche passaggio a vuoto puntualmente letto e punito dai micidiali attaccanti felsinei. Non è solamente una questione tecnica, ma anche -e soprattutto- l’atteggiamento, la volontà, l’accanimento agonistico nel gettarsi a rimbalzo, buttarsi a terra sulle palle vaganti, cercare con continuità ed accanimento anticipi e raddoppi, atteggiamento a tratti latitante contro Reggio Emilia e totalmente assente a Scafati. Sforzo difensivo che contro la Virtus è spesso frustrato da un metro arbitrale spesso sbilanciato, ma soprattutto molto, troppo fiscale nel fischiare falli che probabilmente fuori dall’Italia non verrebbero nemmeno catalogati come infrazioni. A rimetterne è soprattutto lo spettacolo, con partite spezzettate e stiracchiate, con una intensità che per rimanere nei limiti consentiti dagli ineffabili zufolatori in grigio deve necessariamente scemare.
Marco Legovich si toglie la grande soddisfazione di battere nel suo primo anno da head coach l’allenatore campione del Mondo e d’Europa in carica, e lo fa preparando la gara alla perfezione ma soprattutto convincendo la squadra a seguire il piano partita, ciò che non sempre era successo in passato. Una squadra che torna ad essere un gruppo all’apparenza unito e granitico, quella che Terry in sala stampa definisce “una famiglia”. Ora sarà indispensabile dare continuità al rendimento a cominciare dall’anticipo pre pasquale fra cinque giorni: la prossima trasferta a Trento, su un campo che in passato ha riservato pesanti delusioni e sconfitte che per poco non costarono il posto all’allenatore triestino, è solo la prima di quattro trasferte difficilissime contro squadre che precedono Trieste in classifica, ma non c’è più tempo né alternativa se non quella di cercare sempre e comunque i due punti. A sei giornate dalla fine, con un solo scontro diretto ancora a disposizione a fine mese, non è possibile fare calcoli o puntare su un match rispetto ad un altro. Ancora una vittoria potrebbe bastare per salvarsi, con due ci sarebbe la quasi certezza: un risultato che la Trieste anti Virtus è ampiamente in grado di perseguire, a patto che l’ottovolante del rendimento e del morale sul quale la squadra è salita ad inizio ottobre si decida una volta a fermarsi sul punto più alto.