La partita vive di strappi sui due lati del campo, con continui capovolgimenti di punteggio, ma ad essere fatale è il prepotente break di 17 a 0 con il quale i bresciani recuperano il vantaggio di 8 punti faticosamente accumulato dall’Allianz in apertura di quarta frazione e prendono quei 7-9 punti che riusciranno a controllare grazie anche ad una gestione superba dei possessi da parte dei suoi veterani (Crawford in particolare pare avere un conto aperto con Trieste) e ad una difesa asfissiante specialmente sul perimetro, dove i tiratori triestini soffrono le pene dell’inferno per riuscire a trovare tiri decenti in ritmo: l’Allianz chiude con un 42% al tiro da tre appena sufficiente, frutto più delle capacità difensive di Brescia che della cattiva vena biancorossa. L’altra chiave del successo lombardo va ricercata nella battaglia sotto canestro, dove gli ospiti prevalgono 43-37 con un clamoroso 15 nella casella dei rimbalzi offensivi (alla vigilia gli uomini di Buscaglia erano ultimi in serie A nella speciale classifica) si regalano seconde e, spesso, terze chances sanguinosissime per la difesa di Dalmasson, specie nel tiratissimo finale quando, nonostante tutto, l’Allianz avrebbe avuto anche la pulita occasione per trascinare gli avversari all’overtime, occasione spenta sul secondo ferro scheggiato da Davide Alviti con il suo tentativo di buzzer beater.
Terza chiave della sconfitta triestina va ricercata in un atteggiamento apparso talvolta scarico e poco reattivo. Certamente una questione prettamente fisica, forse causata da un po’ di stanchezza, dal momento che appare inverosimile che la squadra si sia sentita appagata dopo l’ubriacatura milanese. Il tandem argentino ha sofferto le pene dell’inferno negli uno contro uno, ed è significativo l’inusuale linguaggio del corpo di Juan Fernandez, autore di una prestazione sicuramente sottotono rispetto alle ultime uscite, sorpreso spesso a ciondolare a testa bassa nel rientro in panchina.
Note positive giungono invece dalla conferma del buon momento di Devonte Upson, autore della solita prova in cui riesce a produrre un fatturato costante fatto di precisione al tiro, rimbalzi, presenza nel tagliafuori. Il filiforme lungo biancorosso, però, è troppo isolato, non può contare sulle possenti spalle ed i chili del collega lettone e viene spesso sopraffatto, specie in attacco. Buone sensazioni anche da Myke Henry, che partita dopo partita sta recuperando lentamente la condizione e la convinzione, viene impiegato con maggiore continuità (28 minuti per lui contro Brescia), risulta il top scorer per la sua squadra tirando con il 100% da due chiudendo con un ottimo 25 di valutazione. Infine, nonostante l’errore sull’ultimo tiro (preso peraltro in condizioni precarie dopo una palla “quasi” persa) è buona la prestazione di Davide Alviti, specie per intensità e presenza. Crawford, Burns e Sacchetti sono però troppo esperti ed intessono una rete difensiva più che sufficiente per irretire il giovane azzurro, autore di alcuni canestri conseguenti più al suo talento che alla costruzione del gioco.
Dalmasson nel dopo partita conta sul fatto che questa sconfitta riesca ad insegnare più di quanto imparato dalla sua squadra nella vittoria di Milano. Le ambizioni della sua squadra rimangono intatte, sebbene la tegola Grazulis, che potrebbe rimanere lontano dal parquet per almeno un mese, arriva nel peggiore momento, alla vigilia della prestigiosa ribalta delle Final Eight di Coppa Italia. Di certo, comunque, la competizione meneghina dovrà venir affrontata con motivazioni e focus sull’obiettivo capaci di per sé di far passare in secondo piano qualunque problema di formazione.
PALLACANESTRO TRIESTE – LEONESSA BRESCIA 78 – 81
Allianz Pallacanestro Trieste: Henry 19, Fernandez 11, Doyle 11, Delìa 4, Alviti 13, Coronica ne, Upson 4, Laquintana 8, Da Ros 2, Cavaliero 6, Arnaldo ne. All. Dalmasson
Germani Brescia: Crawford 14, Sacchetti 8, Vitali 7, Burns 21, Moss 4, Parrillo ne, Wilson 2, Willis 2, Bortolani, Kalinoski 16, Chery 7, Ancellotti ne. All. Buscaglia
Parziali: 22-27; 41-40; 61-58
Arbitri: Sahin, Di Francesco, Capotorto