Trieste menomata dalle assenze pesanti, dopo che a quella (prevista) di Hudson si aggiunge anche quella, probabilmente decisa pochi minuti prima dell’inizio della partita, di un Frank Bartley evidentemente ancora dolorante dopo la distorsione patita contro Treviso. Dall’altro lato del campo, una squadra che ha appena esibito la Coppa Italia per la prima volta davanti ai propri tifosi, conquistata dopo aver battuto in sequenza le due “corazzate” del campionato, ma ancora relegata al penultimo posto in classifica, pericolante nonostante un roster lunghissimo e completo in ogni ruolo, impreziosito dalle “stelle” azzurre Amedeo della Valle e John Petruccelli. Ma la differenza, al Palaleonessa, non la fa la differenza di roster. Non è determinata, nella sua sostanza, dalle lacune nelle rotazioni a disposizione di coach Legovich. Il canyon tecnico e fisico fra le due squadre è scavato dalla voglia, dalla feroce determinazione, dalla concentrazione da finale di coppa mantenuta per 40 minuti, anche sul +39, dai giocatori lombardi e dal loro allenatore, opposto ad una arrendevolezza rassegnata che non si vedeva appannare le pupille dei biancorossi dalle prime quattro disgraziate esibizioni in campionato nello scorso ottobre. Nel momento esatto in cui Trieste ha intuito che per vincere questa partita sarebbe dovuto succedere che Brescia tornasse negli spogliatoi dopo dieci minuti, ha colpevolmente alzato bandiera bianca, finendo travolta dalla qualità superiore degli avversari, che per lunghi tratti si è presa quasi gioco della squadra biancorossa. Le percentuali da due (con Trieste che peraltro ha tirato meglio – anche se molto meno – di Brescia) e da tre (con Trieste che torna, invece, sotto i già non esaltanti standard stagionali dopo l’exploit contro Treviso) non bastano a spiegare l’esatta impressione di assistere ad un gran premio nel quale ad una Red Bull viene opposta una utilitaria degli anni ’70. Sono proprio i “cavalli”, la potenza, l’energia tradotta in velocità a fare la differenza. Trieste si muove alla moviola, è costantemente anticipata prima nella testa e poi nelle gambe dagli avversari che asfissiano i portatori di palla già dal momento della rimessa da fondo campo, chiudendo ogni linea di passaggio, facendo inceppare i meccanismi offensivi triestini, che infatti sono lenti, impacciati e prevedibili e si traducono in 20 (venti!) palle perse, di cui 6 ciascuno per i costruttori di gioco deputati Michele Ruzzier e Corey Davis, e ben 7 stoppate subite.
Trieste “vive”, pur soffrendo le pene dell’inferno, per poco più di dieci minuti grazie ad iniziative sporadiche ed individuali, apparentemente casuali dettate più dalla frustrazione o dalla reazione d’orgoglio dei singoli che dall’esecuzione di giochi offensivi organizzati. Poi, la luce si spegne anche per loro. Del resto gli avversari corrono il doppio, arrivano per primi nella loro metà campo anche nei rari contropiede triestini, e quando hanno l’occasione di dispiegarsi in contropiede concludono spesso in tre o quattro contro uno, volando spesso sopra le teste dei malcapitati di turno. Per lunghi minuti si rivede un quintetto all Italian, che però anche contro la second unit bresciana (che di “second” ha ben poco, dal momento che si tratta pur sempre di Cournooh, Akele, Cobbins, Petruccelli, Burns, Massembourg e Moss….) ne viene letteralmente stritolata. Stefano Bossi e Giovanni Vildera, con responsabilità moltiplicate rispetto al solito, dimostrano i loro limiti, il primo con una costruzione di gioco incerta e costantemente preoccupata -peraltro sistematicamente aggredito dalle guardie avversarie che ne conoscono le caratteristiche – il secondo, spazzato fuori dal pitturato da forze soverchianti, naviga in mari agitati lontano da canestro, lontano dal suo territorio, dalla sua comfort zone, apparendo come un pesce fuor d’acqua.
Riproposto ancora il pallino de coach, il doppio lungo: Spencer e Terry assieme in campo da 5 non trovano ancora le spaziature necessarie, finiscono per risultare uno il doppione dell’altro senza integrarsi, e con uno Spencer che aveva finalmente trovato costanza di rendimento (alto) ciò significa semplicemente ottenere da due giocatori quello che già si poteva ottenere dal solo Skylar. Ci rimane la curiosità di vedere Terry da solo in campo giostrare da 5, oppure vederlo impiegato da 4 soprattutto ora che ha dimostrato di saper almeno guardare verso il canestro dalla distanza, centrando addirittura un bersaglio da oltre l’arco. Davis è l’ultimo ad arrendersi ma naufraga nel mood generale, anche se per DNA un giocatore del genere non può arrendersi senza combattere ed il buon Corey si danna l’anima, sebbene con un fatturato sempre meno pesante a mano a mano che la partita procede fino a diventare una vera e propria slavina azzurra che si abbatte su malcapitati gitanti biancorossi.
Un po’ di sollievo deriva dai risultati dagli altri campi, che per una volta non generano le solite sorprese. Reggio Emilia travolge Napoli, perdono anche Verona e Scafati, ed anche la Reyer (che continua a rimanere a 18 punti affiancata a Trieste) viene travolta in casa da Bologna. Treviso, invece, si riprende dopo le sberle rimediate una settimana fa all’Allianz Dome, andando a dominare la difficile sfida con Trento ma rimanendo dietro a Trieste che conserva il vantaggio nel doppio confronto. Anzi, proprio la classifica avulsa a tre con Venezia e Treviso fa guadagnare una posizione in classifica a Trieste, che ora è nona con distanze dalla zona playoff immutate.
Fondamentale, ora, cliccare CTRL+ALT+CANC immediatamente dopo la certa sfuriata in spogliatoio di coach Legovich. Fondamentale perché domani inizia la settimana più importante, quella che porta alla sfida di sabato prossimo contro Reggio Emilia che potrebbe decretare la virtuale salvezza, che con un po’ di fortuna verrà affrontata con un Barley ed un Hudson in più nel motore.
Le pagelle dei biancorossi
Bossi 5-: in grande difficoltà contro i pari ruolo, lento e macchinoso nella costruzione di gioco, inadeguato nei tempi, brutalizzato in difesa. Conserva una grande forza di volontà. Davis 6-: unico, se non altro, a provarci anche con iniziative sporadiche e disperate. Anche lui in confusione nella gestione dei tempi di gioco, si spegne e naufraga nel secondo tempo come i compagni. Spencer 5+: insufficiente attitudine difensiva, lento nel tagliafuori, sovrastato dalla velocità dei pari ruolo. Autore di un paio di buone conclusioni in attacco in situazione difficile, a nostro avviso soffre la condivisione dei metri quadrati di pitturato con il compagno di reparto, che soprattutto contro Brescia si riducono a centimetri. Deangeli 5: sbaglia due triple aperte, cattura un paio di rimbalzi ma soffre anche lui tremendamente sia nel ruolo di 4 che in quello di 3, specie con l’assenza di Bartley. Campogrande 4/5: due triple centrate su cinque tentativi e cinque errori con palla sul primo ferro esterno dalla linea dei tiri liberi sono indice di un blocco mentale che ormai, a poche giornate dalla fine, si può dire che ne caratterizzino questa disgraziata stagione. Vildera 5: deve giostrare spesso da solo come cinque lontano dal canestro, in territori per lui inesplorati e che farebbe volentieri a meno di esplorare. Subisce addirittura due stoppate, fatto inusuale per lui. Molto meno efficace del solito. Lever 5-: vale anche per il bolzanino lo stesso discorso fatto per Vildera, solo che da lui ci si aspetta molto, molto di più. Tornato poco responsabilizzato da tre, è lento sulle gambe sia in attacco che in difesa contro clienti che lo sovrastano. Ruzzier 5-: 6 palle perse, atteggiamento sconsolato già all’inizio del secondo tempo, errori troppo banali per uscire dalle sue mani. Travolto come i compagni dall’energia difensiva di Brescia. Terry 5: un paio di alley up ed una tripla che temiamo rimarrà una chicca quasi irripetibile da qui alla fine della stagione non bastano a riabilitare una prestazione fatta di pigrizia nel tagliafuori difensivo e nel rientrare in difesa. Per il resto vale specularmente lo stesso discorso fatto per Spencer. Marco Legovich & coaching team 5: coach Magro lo conosce come le sue tasche, e prepara la partita alla perfezione. Legovich per una volta non riesce a trovare le contromisure in corsa, anche perché limitato dalle rotazioni cortissime a disposizione. Non insiste con la zona (anche perché subisce una pioggia di bombe che nemmeno una batteria di Patriots sarebbe in grado di limitare), ma non trova mai un bilanciamento decente nei quintetti proposti. Infine, non riesce a dare la scossa emotiva ai suoi, che finiscono per spegnersi come candele esposte alla bora. Tifosi in trasferta 10: numerosi, rumorosi e positivi come sempre. Non smettono mai di incitare la squadra, nemmeno quando la stessa non pare particolarmente interessata ai loro sacrifici per essere sempre e, nonostante tutto, presenti.