Old Wild West Udine – Pallacanestro Trieste 72-92 (24-19, 39-39, 56-65)
Old Wild West Udine: Mussini 4, *Whelan 10, Palumbo 4, *Mian 3, Antonutti 7, *Gaspardo 19, *Cusin, Fantoma, Esposito 10, Nobile 2, Dabo, *Sherrill 13. All. Boniciolli
Pallacanestro Trieste: Gaines 12, *Pacher 7, *Bossi 17, Rolli, Tonut 2, *Deangeli 5, Marcius 2, *Fayne 9, Antonio, Campogrande 10, Vildera 9, *Bartley 19. All. Legovich
Arriva la seconda vittoria in rimonta in due partite nella pre season biancorossa: i ragazzi di Legovich, all’esordio nel Memorial Pajetta, soffrono nei primi venti minuti l’intensità e l’ottimo sincronismo alto-basso mostrati da Udine, sorretti quasi esclusivamente da uno strepitoso Bartley (imprendibile in penetrazione, pericoloso dalla distanza, realizza qualcosa come 17 punti in 16 minuti) e dall’esperienza di un Frank Gaines che, pur ancora avulso dai meccanismi della squadra e sorprendentemente impreciso in conclusioni per lui abbastanza semplici, rimane il terminale offensivo più credibile e pericoloso. Poi, pur lentamente e denotando qualche pausa, tamponano l’emorragia del secondo quarto, quando Udine riesce a portarsi anche sul +8: si ritrovano tornando a giocare di squadra, ricucendo completamente lo svantaggio sul finire del tempo con una conclusione da sotto di Vildera, che permette loro di andare negli spogliatoi sul 39 pari. Da quel momento fanno valere la loro netta superiorità fisica e piazzano uno stordente break alternando conclusioni da sotto a centri da oltre l’arco. Accumulano in tal modo un gap che poi dovranno solo controllare, amplificandolo, nell’ultima frazione, chiusa sul +20 con qualche secondo regalato ai giovanissimi chiamati a completare l’organico date le assenze di Davis e Lever.
La vera differenza tecnica fra il primo ed il secondo tempo biancorosso è interamente costituita dal rendimento dei lunghi: inconsistenti nei primi venti minuti, portati a scuola da Gaspardo -giocatore che con la A2 c’entra decisamente poco- Esposito e Antonutti, imprecisi da fuori e da sotto, non particolarmente pronti a rimbalzo. L’interruttore nel pitturato si accende in avvio di ripresa: Pacher colpisce sia in affondo che da tre punti, Fayne, peraltro ancora lontanissimo dal fatturato che si pretende da lui, comincia a prendere i tempi agli avversari catturando qualche rimbalzo in attacco esibendosi anche in un paio di (elementari) conclusioni da sotto, Marcius e Vildera non si tirano indietro quando si tratta di fare a sportellate sotto il ferro. La pericolosità in area crea maggiori spazi sul perimetro, e così, a turno ed in momenti diversi della partita Stefano Bossi, Luca Campogrande e Frank Gaines si divertono a colpire dalla lunga distanza. Il duro lavoro difensivo necessario ad arginare l’intensità di Trieste costa caro ad Udine, che pasticcia a ripetizione in attacco, non è lucida nella costruzione del gioco, commette errori banali perdendo palloni che innescano il micidiale contropiede biancorosso.
La vittoria di venti non deve però generare particolari voli pindarici: la strada per rendere credibile questa squadra ad un livello almeno medio in Serie A è ancora lunga. Tanto il lavoro soprattutto tecnico da svolgere su alcuni giocatori che nel corso della stagione dovranno necessariamente prendersi le loro responsabilità e saranno decisivi nell’economia delle rotazioni: Stefano Bossi, nonostante i 17 punti ed uno strepitoso secondo tempo al Carnera, denota limiti che difficilmente riuscirà a colmare e che saranno amplificati quando di fronte si troverà avversari di categoria nettamente superiore rispetto a quelli affrontati finora, ma l’arrivo di Davis gli consentirà di giocare più leggero con minutaggi meno probanti, e ciò potrebbe permettergli di diventare esiziale nella specialità a lui più consona, l’ottimo tiro da fuori (la meccanica del tiro in sospensione da oltre l’arco mostrata dal play triestino è in effetti fra le migliori nel team). Anche Vildera, come cambio dei lunghi, farà storcere più di qualche naso. Giocatore ruvido, non certo dotato di tecnica sopraffina, ha però nell’atteggiamento sempre aggressivo e pronto alla lotta la sua caratteristica migliore: il lungo veneto, si può star certi, non si tirerà mai indietro quando si tratterà di buttarla sull’intensità, e questo lo rende congeniale all’impianto di gioco di Legovich. Da decifrare, invece, Phil Fayne: non altissimo, non grossissimo, non velocissimo, non particolarmente verticale. Se sulle prime due lacune si potrà far poco, il tempo dirà se velocità e dinamismo, caratteristiche per le quali è stato scelto, sono in effetti cifre che può esprimere. Altrimenti, bisognerà pensare velocemente ad un correttivo, magari ricorrendo a soluzioni già in casa: il croato Marcius ha il contratto in scadenza in questi giorni, varrebbe forse la pena testarlo almeno nelle due amichevoli della prossima settimana. Buono, infine, il progresso tecnico denotato da Lodovico Deangeli: Legovich non ha mai fatto mistero di voler investire molto sull’ala triestina durante la stagione, e Lodo ha risposto con un grande lavoro estivo individuale. Ora è più sicuro nel prendersi maggiori responsabilità soprattutto in attacco, e quando riuscirà ad aggiungere anche maggiore precisione al tiro potrà diventare un fattore per la squadra.
Se sotto il profilo tecnico ed anche in valore assoluto la vittoria su Udine non aggiunge molto se non un tassello in più sulla strada della costruzione della chimica di squadra, ha però un valore inestimabile per quanto riguarda gradimento e fiducia del pubblico. Neanche da prendere in considerazione una sconfitta contro una squadra di categoria inferiore, ma una vittoria netta nel derby era indispensabile per mettere a tacere (almeno per un po’) i mugugni spesso eccessivi, inevitabilmente prevenuti, piovuti su squadra e società in questa interminabile pre season. L’immagine della squadra sotto il rumorosissimo ed affollato settore ospiti al Carnera non può che diventare il migliore spot per la fase finale della campagna abbonamenti. E’ una strada su cui proseguire, anche perché la finale contro la Reyer (che si è nettamente imposta su Torino nell’altra semifinale), è pur sempre un altro derby: la difficoltà, però, sarà incomparabilmente più elevata.
Da segnalare, infine, i curiosi incroci nel parterre prima e durante la partita, dal vago sapore dell’amarcord: presente Franco Ciani (oggi coach di Torino) dietro alla panchina del suo ex vice Marco Legovich; immancabile, dall’altra parte del campo, Eugenio Dalmasson a confabulare fitto con Gianluca Mauro, poi accomodatosi sotto canestro stretto fra Mario Ghiacci e Daniele Cavaliero. Passato e presente della Pallacanestro Trieste. E’ già ora di cominciare a scrivere il futuro.