TRAPANI SHARK – PALLACANESTRO TRIESTE 81-73
Pallacanestro Trieste: Candussi 19, Deangeli 6, Bossi 11, Campogrande 0, Ferrero 9, Reyes 12, Ruzzier 13, Menalo 3, Filloy ne, Brooks ne.
Allenatore: J. Christian. Assistenti: M. Carretto, F. Nanni, N. Schlitzer.
Trapani Shark: Mobio 2, Notae 20, Alibegovic 11, Gentile 10, Mollura 6, Rodriguez 3, Pullazi 14, Horton 7, Mian 3, Pugliatti 0, Marini 4.
Allenatore: A. Diana. Assistenti: A. Latini, D. Quilici.
Parziali: 13-11 /26-24 / 24-11 / 17-22
Progressivi: 13-11 / 40-35 / 64-46 / 81-73
Come prevedibile, mezza Trieste viene superata, sebbene non surclassata, da una Trapani e mezzo: davvero troppo corte le rotazioni a disposizione di coach Jamion Christian per poter pensare di mantenere intensità, concentrazione e rendimento costanti per tutti i 40 minuti indispensabili per poter puntare a fare risultato sul campo di una schiacciasassi da 95% di vittorie in campionato. All’assenza preventivata di Giovanni Vildera, ma con qualche flebile speranza di riuscire a tappare il buco sotto canestro con un Leo Menalo arrivato letteralmente poche ore prima dell’imbarco per Trapani, si aggiunge quella annunciata pochi istanti prima della palla a due di Eli Brooks, vittima di un risentimento muscolare al gluteo in settimana e tenuto precauzionalmente a riposo. Se ci mettiamo pure il forfait di fatto di Ariel Filloy, che non vede campo dalla fine del primo tempo contro Vigevano di una settimana fa -ed il mistero più fitto sulle motivazioni del suo mancato impiego- le possibilità di Trieste di interrompere la serie aperta di sconfitte sui campi che volente o nolente la vedranno battagliare durante i playoff erano derubricate a delirio allucinatorio già prima dell’inizio della partita. Miracolo evidentemente ritenuto improbabile anche dallo staff medico e tecnico della Pallacanestro Trieste, che come spesso accaduto in questa irritante e totalmente inutile fase ad orologio, decide per la consueta politica conservativa: meglio accontentarsi di una sconfitta onorevole che perdere comunque rischiando di far giocare qualcuno sui propri infortuni rischiando di peggiorarli.
Eppure, nonostante le premesse nefaste ed un possibile disastro annunciato, in un palazzetto già caldo di suo, ribollente di ulteriore entusiasmo per le folli spese che hanno portato sulla West Coast siciliana Stefano Gentile e Amar Alibegovic, Trieste dimostra di poter competere alla pari, ribatte colpo su colpo, capisce di non poter competere ad armi pari e con pari qualità e decide di fare quello che per gran parte della stagione le altre squadre hanno fatto con lei: sporca la partita, fa giocare male gli avversari, mette granelli di sabbia nei perfetti ingranaggi offensivi siciliani, quando non ci riesce con le buone ci prova con le cattive. Ne esce un primo tempo non spettacolare ma equilibrato e combattuto, vissuto più sulle iniziative estemporanee dei singoli che sulle prestazioni di squadra. Se Trieste riesce nell’impresa di tenere basse le percentuali avversarie grazie ad un efficace lavoro di gomiti (ottime le prove difensive di Ferrero e Deangeli), dal canto suo viene irretita da una difesa a tratti asfissiante, che blinda il pitturato come una No Fly Zone pattugliata dagli F16 e costringe Trieste ad un gioco più perimetrale, dove a rotazione Ruzzier, Reyes e Candussi trovano conclusioni che permettono ai biancorossi di ricucire ogni timido tentativo di fuga trapanese. Coach Diana si affida alla classe cristallina, decisamente da categoria superiore, di un Notae che con la A2 c’entra davvero poco o nulla: il playmaker americano costruisce e conclude, innesca i compagni permettendo loro di prendere tiri aperti, fa collassare su di sé la difesa avversaria creando ettari di libertà per le letali conclusioni da oltre i 6.75, che per fortuna triestina sono penalizzate spesso da polveri bagnatissime. La tripla di Michele Mian a fil di sirena del primo tempo fissa a cinque lunghezze lo svantaggio di Trieste, che però dimostra di potersela ampiamente giocare fino alla fine. Una mezza partita in cui gli uomini di Christian mostrano la giusta determinazione, la voglia di non arrendersi e la capacità di reagire, e soprattutto limitano i danni in difesa, non certo il meccanismo pressoché perfetto esibito contro Vigevano (che però, per l’appunto, era Vigevano e non Trapani) ma sufficientemente efficace ed organizzato da tenere la partita in bilico.
Il rientro in campo, però, si rivela letale: sono 6-7 minuti da tragedia greca, durante i quali Trieste smette letteralmente di correre, si pianta in difesa come se le suole delle scarpe fossero catturate da piante rampicanti, pasticcia in attacco in un vortice di frustrazione che si autoalimenta azione dopo azione, errore dopo errore, palla persa dopo palla persa, con Trapani che, dal canto suo, infila nel ferro ogni suo singolo tentativo. La marea amaranto travolge letteralmente la squadra triestina, che come spesso accaduto in questo 2024 alza troppo presto bandiera bianca: farlo su un campo come questo, però, con la squadra avversaria esaltata e di una qualità nettamente superiore a tutte le altre, potrebbe costare una imbarcata epocale, di quelle che tornerebbero a far dubitare urbi et orbi sulle reali possibilità dei triestini di rialzarsi in questa ultima parte di stagione. Ed infatti, in un battito di ciglia, con la difesa siciliana che manda letteralmente in tilt l’attacco di Trieste, che realizza pochissimo e letteralmente solo dalla lunetta, il gap raggiunge e supera i 20 punti, chiudendo di fatto ogni discorso sul risultato finale. Ma c’è ancora l’onore da difendere, ci sono meccanismi da perfezionare, c’è un uomo fondamentale da inserire al più presto, ci sono tifosi che hanno percorso 1500 km per non lasciare la squadra sola che non si meritano la solita gita a farfalle a risultato acquisito. I giocatori superstiti lo capiscono, e per una volta reagiscono da par loro. Trapani molla un po’ la presa, si rilassa e gioca perlopiù a far passare il tempo, difendendo in maniera distratta ed attaccando in modo più disorganizzato affidandosi al talento dei singoli. Trieste, a testa bassa sebbene sprecando più di qualche occasione per riaprire clamorosamente l’incontro con ancora minuti importanti sul cronometro, dimezza lo svantaggio rimanendo comunque a distanza di sicurezza, scendendo sulla sirena in cifra singola di svantaggio. Punteggio che vale per gli annali e poco più, divario accettabile che non porta punti in classifica, ma comunque un buon allenamento, una tappa di avvicinamento alla post season che può essere considerata buona sul percorso di crescita, anche se parzialmente valutabile date le numerose assenze. Ancora buoni i segnali provenienti dallo stato di forma di Giancarlo Ferrero, meno prolifico di sabato scorso ma tornato a colpire con buone percentuali e molto smaliziato in difesa. Buona anche la prestazione di Francesco Candussi, opposto ad avversari da definire eufemisticamente tosti, che quando non accoppiato nei mismatch agli esterni troppo lesti per le sue leve, riesce a contenere con autorità l’esuberanza atletica di Horton e la tecnica sopraffina di Alibegovic. Serata da alti e bassi per tutti gli altri, con un Campogrande dal quale ci si aspetterebbe decisamente di più, specie in partite come questa nella quale il valore marginale dei “superstiti” si eleva a dismisura.
Infortunati veri o assenti per precauzione che sarà necessario reintegrare in settimana in vista della partita contro l’Urania Milano domenica prossima, che metterà in palio due punti che darebbero la sicurezza matematica almeno di un quinto posto che eviterebbe per questa stagione di doversi sobbarcare nuovamente la trasferta in Sicilia. Due punti che, a due partite dalla fine della fase ad orologio, ed alla luce del fatto che dietro tutti continuano a vincere, sarà indispensabile conquistare già domenica prossima contro Milano, altrimenti sarà necessario andare ad interrompere la serie maledetta proprio sul campo che (sperabilmente) sarà il primo teatro delle gesta biancorosse nei playoff, quello di Rieti. Due partite finali che però, alla luce del curioso finale di stagione di Verona -sconfitta di uno a Latina sbagliando due tiri liberi a due secondi dalla fine- potrebbero anche riservare qualche non desiderata sorpresa verso l’alto.