Più forti delle assenze, più forti del “down” post Coppa Italia. Più forti anche del Palatrieste e dell’ansia da prestazione che più di 6000 tifosi rischiano di metterti addosso, diventando paradossalmente una remora mentale. Più forti, in ultima analisi, di una Treviso arrivata in via Flavia al gran completo e ben determinata a tornare a vincere per rimanere perlomeno agganciata al treno che porta ai playoff, oltretutto al termine di tre settimane di riposo ed allenamento durante le quali ha avuto tutto il tempo ed il modo di pensare e perfezionare le contromisure da usare contro una squadra priva dei suoi due ball handler da quintetto. Trieste fa di nuovo sua la filosofia next man up, la eleva all’ennesima potenza e la applica in modo ormai scientifico.
Non è possibile per nessuna delle 16 squadre di Serie A sperare di poter approfittare delle difficoltà e della sfortuna che perseguitano i ragazzi di Jamion Christian dall’inizio della stagione senza tener conto della loro forza d’animo, della loro capacità di risistemare in itinere equilibri e responsabilità, gerarchie e soluzioni sui due lati del campo, di attutire l’effetto delle assenze metabolizzandolo e trasformandolo, anzi, in energia positiva. Non tenere in considerazione tale aspetto distintivo del roster triestino (che oggettivamente non smette ancora di sorprendere in positivo e spiazzare anche i suoi stessi tifosi) significa finirne emotivamente stritolato, annichilito prima dal punto di vista mentale e conseguentemente da quello tecnico. E’ come gettare un masso nelle sabbie mobili: la leggera increspatura che ne consegue genera qualche onda attutita, ma poi, quasi immediatamente, tutto torna piatto, compatto e letale, come se nulla fosse successo. Solo che il masso ne viene inghiottito senza lasciare alcuna traccia.
Contro Treviso era abbastanza logico prevedere l’aggressione sistematica all’unico portatore di palla titolare rimasto, magari anche ai limiti del regolamento, con difesa mani addosso da parte di una staffetta costituita da Mascolo, Bowman, Harrison e Torresani con l’obiettivo di innervosirlo, provocare palle perse, magari caricarlo di falli. Michele, però, non fa una piega, anche perché il piano partita ordito da Frank Vitucci (che a lungo fu la vera bestia nera per i colori triestini… decisamente un’altra era geologica) non sortisce alcun effetto vista anche l’intensità decisamente blanda con la quale i suoi esterni approcciano il compito contro un giocatore al culmine di uno dei suoi momenti top in carriera, suggellato da un buzzer beater da metà campo alla fine del primo tempo che rischia di demolire il PalaTrieste coi soli decibel prodotti di conseguenza. Jamion Christian lo capisce e concede al suo playmaker il lusso di poter rifiatare dando a sorpresa minuti importanti a Max Obljubech, oppure addirittura rinunciando ai due numeri “uno” di ruolo chiedendo ad un monumentale Markel Brown di fare per qualche minuto pentole e coperchi.
Una volta compreso che quello della regia non sarebbe stato un problema insormontabile, Trieste mette in atto il meccanismo che l’ha resa la squadra più imprevedibile della LBA: riassesta il suo gioco, offensivamente molto accentrato in presenza di Valentine e Ross, distribuendo in modo esteso le responsabilità nella produzione di punti, bilanciando in modo razionale le conclusioni da fuori con quelle da sotto (per una volta, prova più tiri da due -36- che da tre -29-), cercando con continuità di mettere in movimento Jayce Johnson verso il ferro, oppure mostrando nuovamente le capacità nell’uno contro uno di un Justin Reyes tornato per qualche momento quello dei playoff 2024. McDermott e Uthoff tirano male (il primo peggio del secondo), ma i loro tentativi sono sempre ben costruiti ed hanno il pregio di costringere la difesa a muoversi verso l’esterno, creando i presupposti per la cattura di una montagna di rimbalzi in attacco trasformati quasi sempre in seconde e terze chance letali. Il solo centro californiano ne cattura 6 dei suoi 9 complessivi nel pitturato trevigiano, ed è solo uno dei segnali del suo strapotere assoluto, anche fisico, in area contro avversari che sulla carta e nelle previsioni sembravano fatti apposta per metterlo in difficoltà (Paulicap ne esce, invece, annichilito). La prestazione balistica sotto media delle due ali americane triestine, però, viene ampiamente compensata da una fase difensiva che, in ultima analisi, permette di piazzare il break a metà secondo quarto che produce un gap che Treviso non sarà mai più in grado di riportare sotto la doppia cifra. In particolare Sean McDermott sporca la prestazione di Olisevicius, uno dei tiratori più temibili del campionato, apparso però spesso innervosito, costantemente in ritardo nel costituire un terminale credibile per i compagni ed autore, alla fine, di una prestazione al tiro lontana anni luce dal suo standard potenziale. E’ proprio in difesa che Trieste costruisce la sua vittoria: un capolavoro che costringe Treviso ad attaccare in modo convulso ed irrazionale, poco organizzato ed accentrato su pochi giocatori, Ky Bowman in particolare, gente che puoi permetterti di “battezzare” perché tanto sono capaci di tirare e segnare da ogni posizione con la mano dell’avversario sul naso, costringendoli però ad un gioco monodimensionale e prevedibile, che alla lunga non può pagare se non supportata da un rendimento perlomeno sufficiente da parte di giocatori resi totalmente innofensivi come JP Macura o un irriconoscibile (per mancanza di personalità) D’Angelo Harrison.

La doppia doppia da 22 punti e 10 rimbalzi del nuovo triestino acquisito Markel Brown (il pluriennale appena firmato lo tratterrà in città sufficientemente a lungo per cominciare ad apprezzare le palacinke al posto dei brownies), unitamente alla solita iniezione di leadership e personalità, lo rendono di diritto il match winner contro la NutriBullet, ma il suo tabellino non deve fuorviare dalla constatazione di come sia stata più la squadra a permettergli di produrre quei numeri, piuttosto che i suoi numeri a consentire alla squadra di vincere. Brown è “solo” un tassello del mosaico, per carità, un tassello d’oro zecchino, ma incastonato alla perfezione in una organizzazione che pare un orologio svizzero anche se privata di un paio di ingranaggi.
La vittoria contro Treviso ha prima di tutto l’effetto di tenere la squadra di Vitucci, forse definitivamente, a distanza di sicurezza in chiave playoff. E poi permette a Trieste di mantenere inalterati gli equilibri ormai sclerotizzati da qualche settimana in classifica, all’immediato inseguimento del quinto posto occupato da Milano, sconfitta nel derby d’Italia dalla Virtus, e da una Reggio Emilia devastante contro Sassari. Ma, anche, appena sopra l’ottavo posto di una Tortona che capitalizza con gli interessi il blackout post trofeo (che sarà anche un luogo comune, ma si verifica ogni anno puntuale come la morte) dell’Aquila Trento. Domenica prossima per Trieste altra occasione fondamentale ma non priva di pericoli in via Flavia, contro una Scafati che ha tenuto con il fiato sospeso la Reyer per 45 minuti, ed alla disperata ricerca di punti salvezza soprattutto dopo l’impresa ben oltre i limiti dell’incredibile di una Pistoia semi disintegrata ma capace di andare a cogliere una vittoria a Napoli che, qualunque cosa succeda nelle prossime settimane, rimarrà scolpita negli annali della società toscana. Con che roster Trieste affronterà i campani non è dato sapersi ma, tutto sommato, non è un particolare poi così importante…
I risultati
VIRTUS BOLOGNA-MILANO 86-80
BRESCIA-CREMONA 99-87
TRENTO-TORTONA 85-89
TRAPANI-VARESE 106-93
TRIESTE-TREVISO 85-73
NAPOLI-PISTOIA 70-74
SCAFATI-VENEZIA 92-96 d.t.s.
REGGIO EMILIA-SASSARI 84-58
La classifica
1.TRENTO 30 (15/5)
2.BRESCIA 30 (15/5)
3.VIRTUS BOLOGNA 30 (15/5)
4.TRAPANI 28 (14/6)
5.MILANO 26 (13/7)
6.REGGIO EMILIA 26 (13/7)
7.TRIESTE 24 (12/8)
8.TORTONA 22 (11/9)
9.VENEZIA 20 (10/10)
10.TREVISO 16 (8/12)
11.SASSARI 14 (7/13)
12.VARESE 12 (6/14)
13.SCAFATI 12 (6/14)
14.PISTOIA 10 (5/15)
15.CREMONA 10 (5/15)
16.NAPOLI 10 (5/15)