BERTRAM YACHTS DERTHONA TORTONA – PALLACANESTRO TRIESTE 80-69
Bertram Yachts Derthona Tortona: Christon 5, Mortellaro ne, Baldi ne, Errica ne, Candi 16, Tavernelli 6, Filloy 11, Severini 0, Daum 14, Cain 12, Radosevic 12, Filoni 4. Allenatore: Ramondino. Assistenti: Galli, Di Matteo, Talpo.
Pallacanestro Trieste: Gaines 13, Bossi 0, Davis 7, Spencer 4, Deangeli 2, Ruzzier 6, Campogrande 0, Vildera 4, Bartley 23, Lever 0, Terry 10. Allenatore: Legovich. Assistenti: Maffezzoli, Vicenzutto.
Parziali: 25-16 / 25-25 / 18-11 / 12-17
Progressivi: 25-16 / 50-41 / 68-52
Arbitri: Begnis, Borgo, Bartolomeo.
Niente da fare, nei due anni di presenza in Serie A di Tortona la Pallacanestro Trieste non riesce mai a trovare contromisure adeguate per arginare una squadra che può contare su rotazioni infinite anche e soprattutto lì dove quelle a disposizione di Marco Legovich si inceppano non trovando giocatori nel ruolo o altri in grado di adattarsi a ricoprirlo. E così, pur con una formazione menomata dalle pesanti assenze di JP Macura e Devonte Harper, la presenza di elementi come Mike Daum (rebus irrisovibile per la Trieste di oggi), Tyler Cain (un manuale di basket in post, ma capace di essere pericoloso anche dalla media distanza) e di una batteria di esterni intercambiabile ed esiziale, agevolata dalla pigra e deconcentrata versione difensiva di una Pallacanestro Trieste apparsa troppo svagata, è molto più che sufficiente per agguantare la quinta netta vittoria nelle sei sfide finora andate in scena dal settembre 2021. Coach Ramondino prevede tutte le mosse difensive messe a punto da Marco Legovich, mosse che peraltro molto raramente portano i frutti sperati. Al tempo stesso, è abile nello sfruttare le risapute falle nel roster biancorosso, allontanando da canestro in attacco i suoi lunghi – il solo Cain rimane a seminare il panico quasi esclusivamente nel pitturato – ed intasando l’area in difesa, forte della approfondita conoscenza delle caratteristiche dei lunghi triestini, incapaci di essere pericolosi quando si allontanano a più di due metri dal ferro. Del resto, dopo la partenza di AJ Pacher – che dal canto suo guardava raramente il canestro, ma rimaneva notoriamente pericoloso anche dalla distanza e costringeva i pari ruolo a liberare l’area per andare a contrastarlo sul perimetro just in case – l’unico lungo a disposizione di Marco Legovich con qualche skill nel tiro da lontano rimane Alessandro Lever: il bolzanino, però, nelle ultime settimane è preda di una crisi involutiva, che lo porta a non tentare nemmeno conclusioni che tutto sommato sarebbero nelle sue corde e servirebbero come il pane per aprire la difesa avversaria sotto canestro.
La cronaca della partita di Casale non ha storia. L’incontro si traduce in un monologo dei leoni bianconeri, che dispongono dell’inerzia a loro piacimento. Legovich azzarda il sacrificio di Deangeli in una missione ai limiti dell’impossibile, la marcatura di un Mike Daum che per caratteristiche tecniche, ma soprattutto fisiche, si dimostra immediatamente un rebus per il capitano biancorosso. Le due torri assieme in campo non sono, invece, una sorpresa, dal momento che il coach ne aveva già usufruito contro Milano, ma stavolta, con l’area piemontese intasata, lo show time di Terry è ridotto ad un paio di alley up più casuali che pianificati, per il resto lui e Spencer si limitano a sottrarsi reciprocamente conclusioni da sotto canestro. L’intesa fra i due e quella del nuovo arrivato con i playmaker è evidentemente ancora tutta da costruire. Certo, Tortona ci mette del suo: indipendentemente dalle scelte difensive, indipendentemente dai momenti in cui Trieste tenta -peraltro in modo poco convinto- una reazione o gode di una fiammata improvvisa e potrebbe avere l’occasione di riaprire la contesa, i piemontesi si dimostrano un meccanismo quasi perfetto, che si diverte a giocare a pallacanestro, che esegue giochi semplici alla perfezione, che non sbaglia mai i tiri aperti, che per DNA si getta a pieno organico su palle vaganti e rimbalzi lunghi. Un meccanismo talmente articolato e qualitativo che è capace di sopperire ad assenze importanti o alla prestazione sottotono del suo leader tecnico Christon.
Detto dei meriti di Tortona, non si può non rilevare l’inatteso ed inspiegabile atteggiamento svagato, poco concentrato, quasi pigro soprattutto in difesa, di alcuni fra i possibili salvatori della patria. Corey Davis sembra la copia esatta del turista in gita andato a vedere il balcone di Romeo e Giulietta a Verona, ed il paio di bombe dall’angolo centrate dal barbuto playmaker biancorosso, che non smuovono di un centimetro l’inerzia dell’incontro, non ne risollevano la qualità insufficiente della prestazione. Gaines è il solito Gaines, qualunque cosa faccia in attacco sembra eseguita in modo totalmente avulso dai giochi, senza ritmo, a bassissima percentuale di successo, dopo un mese e mezzo nel quale si era messo a fare il soldatino, forse snaturandosi ma raccogliendo discreto fatturato. E comunque, anche lui nel back court è complice del modo in cui gente come Candi e Tavernelli si trasformano improvvisamente in James Harden. L’inconsistenza ormai consolidata di un Campogrande che sembra l’ombra del buon giocatore di Roma e Venezia e l’atteggiamento rinunciatario di un Alessandro Lever rimasto l’unico lungo a disposizione con una certa pericolosità dal perimetro fanno sì che la trasferta nel Monferrato si trasformi in un disastro semi annunciato.
Il gap finale contenuto ad 11 è, di conseguenza, solo illusorio e figlio di un intero quarto di garbage time, trasformatosi in una fiera del ciapanò su entrambi i fronti una volta capito che Trieste non sarebbe in nessun modo riuscita a ricucire lo svantaggio. In realtà, oggi, la distanza fra la terza forza del campionato e la squadra giuliana vale un gap ben più constistente, specie se l’approccio difensivo biancorosso è così svagato e privo di intensità e la concentrazione in attacco è misurabile con le 15 palle perse, di cui almeno una decina non provocate.
Per una volta, almeno, Trieste viene graziata dal rispetto del pronostico sugli altri campi, che vede Verona travolta a Brindisi e Reggio Emilia soccombere in casa nel derby con la Virtus, e dunque mantiene inalterato a quattro punti il vantaggio sulla penultima. Aggiungiamo che dopo quattro vittorie consecutive fondamentali, la doppia sfida contro due fra le tre avversarie più forti in campionato poteva anche far prevedere due sconfitte (sebbene sia più il modo in cui è arrivata la seconda a preoccupare, rispetto al risultato stesso), ed ora coach Legovich avrà a disposizione tre settimane senza sfide ufficiali per poter rifiatare sia dal punto di vista fisico che da quello mentale, mettere un po’ di benzina nelle gambe in vista del rush finale, venire a capo della sciarada in cui si è trasformata la gestione dei lunghi e, perché no, valutare l’eventualità di un nuovo innesto italiano o straniero per replicare a quanto sta succedendo nei roster di gran parte delle avversarie dirette. Anche perché poi si susseguiranno sfide senza un domani: dal trittico Treviso in casa-trasferta a Brescia-Reggio Emilia in casa dovrà infatti uscire una gran fetta di salvezza, se non la torta intera, senza contare che il quinto posto e la zona playoff rimangono 4 punti più sopra, lasciando aperto qualunque discorso anche volendo guardare verso l’alto. Per allora Trieste dovrà tornare ad essere quel meccanismo a tratti entusiasmante che era tornato a riempire l’Allianz Dome.
La classifica dopo la 19a giornata
- Milano 30
- Bologna 30
- Tortona 28
- Pesaro 22
- Sassari 20
- Varese 20
- Trento 20
- Brindisi 20
- Venezia 18
- Trieste 16
- Treviso 16
- Brescia 14
- Scafati 14
- Napoli 14
- Verona 12
- Reggio Emilia 10