Vigilia di un grande classico: i legami fra la pallacanestro triestina e quella milanese affondano le loro radici nelle origini del campionato di Serie A, con la costante di una migrazione di talenti (o di intere squadre) a senso unico dall’Adriatico in Lombardia, e con gloria e trofei tutti esposti nelle bacheche dell’Olimpia, mentre le briciole i rimpianti ed il risentimento sempre e comunque sulla sponda triestina. E’ un incrocio che nei decenni si è ripetuto decine di volte, con battaglie, talvolta bellissime, sporadicamente vinte anche dai biancorossi giuliani, che però da sempre affrontano la sfida con una sorta di timore reverenziale verso i più forti, provando a gettare il cuore oltre l’ostacolo in partite sulla carta impari, specie nelle esibizioni nel palazzone di San Siro, al Palalido o al Forum di Assago affrontate come una Cenerentola invitata al gran ballo. L’ultima vittoria ottenuta dalla Pallacanestro Trieste ad Assago, clamorosa nelle proporzioni, risale ad esattamente quattro anni fa: il 31 gennaio 2021 l’allora Allianz inflisse un ventello all’AX, un 81-100 frutto anche dei 24 segnati da un inarrestabile Lobito Fernandez. Episodio unico e dunque storico, vittoria da cineteca che molti dei giocatori allora presenti in campo -e dei tifosi triestini al seguito- potranno raccontare ai nipotini.
Il match di andata giocato al Palatrieste a fine ottobre aveva già lanciato un messaggio chiaro e forte riguardo alla decisa inversione di tale tendenza. Non è solo una questione tecnica, in un campionato che dimostra come le differenze qualitative nei roster delle due corazzate di Eurolega e le altre, pur rimanendo evidenti, non impediscano di assistere ad una competizione equilibrata forse come non mai. E’ anche, anzi soprattutto, una questione di mentalità, quella che ha consentito alla squadra di Jamion Christian di superare una buona volta la classica scimmia dell’eterna provinciale, con giocatori che non si limitano ad affermare di voler vincere tutte le partite, spingendosi piuttosto a crederci veramente. All’esordio in campionato contro i Campioni d’Italia, giunti a Trieste al gran completo schierando i migliori dodici giocatori, i biancorossi giuliani vinsero meritatamente, molto più grazie alle proprie qualità che ai demeriti degli avversari, i quali le provarono davvero tutte (anche se cominciarono a giocare da par loro quando era ormai troppo tardi).

E’ trascorsa mezza stagione regolare da allora. Le due squadre sono appaiate in classifica, accomunate, oltre che dalle dieci vittorie ottenute, da vicissitudini fisiche che ne hanno pesantemente condizionato il cammino. Trieste, però, dopo aver pagato caro il conto alla sfortuna a cavallo fra dicembre e gennaio, si ritrova ora al gran completo, con la sola incognita relativa ai reali progressi di Justin Reyes, il cui rientro a scartamento ridotto ha comunque permesso di dosare in modo più equilibrato le rotazioni restituendo al coach i suoi migliori giocatori nelle migliori condizioni per affrontare i delicati finali di gara.
Molto diverso il discorso per quanto riguarda l’Olimpia: i due centri di ruolo Nebo e Diop (sul primo Milano aveva costruito reparto ed aspettative nel pitturato in Europa) sono lungodegenti e per loro non vi è una data precisa di rientro. A loro, dopo la partita disputata – e persa – domenica scorsa a Venezia, si è aggiunto l’infortunio all’adduttore della coscia destra di Mirotic, che lo terrà in tribuna per almeno due settimane, guaio davvero pesante che toglie al coach il suo miglior giocatore. Durante la stessa partita anche Zach LeDay ha subito la sublussazione della spalla, infortunio che normalmente richiede tempi medio lunghi per essere riassorbito ma che non ha impedito all’ala americana di voler partecipare alla trasferta di Eurolega ad Istanbul, dove ha stretto i denti per qualche minuto: la sua presenza contro Trieste, considerata anche l’incombente sfida al Panathinaikos dopo pochi giorni, appare perlomeno improbabile, sebbene non sia da escludere. Nessun particolare problema, invece, per gli altri, da Bolmaro (apparso in perfetta efficienza giovedì in Turchia) a Nico Mannion, reduce da una scavigliata patita nel finale del precedente match casalingo contro il Partizan, completamente riassorbita. Anche il play Dimitrijevic è stato ufficialmente reintegrato, allungando così il reparto degli esterni.
Di conseguenza, questione Mirotic a parte, Trieste deve affrontare questa trasferta senza fidarsi troppo della ormai risaputa tendenza di Ettore Messina alla lamentela. Atteggiamento che è un suo tratto caratteristico nelle dichiarazioni ufficiali, e che ogni anno gli frutta quattro o cinque nuovi giocatori elargiti in corso d’opera dalla munifica proprietà per ovviare ad assenze, infortuni o più semplicemente agli errori estivi che costano ormai da troppi anni il mancato raggiungimento dell’obiettivo minimo stagionale, la conquista almeno dei playoff di Eurolega. Quest’anno, da ottobre, sono arrivati Nico Mannion e Frederick Gillespie, garantendo in ogni caso la presenza di almeno dodici giocatori in grado sulla carta di competere ad alti livelli in LBA ed anche in Europa. E, in effetti, dopo un inizio in salita, il cammino europeo dell’EA7 ha registrato una decisa inversione di tendenza, con i milanesi in bilico fra playoff e play in ed ancora moltissime partite da disputare.

Semmai, più che l’aspetto fisico, ad impensierire in casa meneghina è l’atteggiamento remissivo, quasi svogliato, una demotivazine tipica di giocatori a fine stagione che già pensano alla prossima, piuttosto curiosa, però, quando si è appena a metà del guado. Le ripercussioni sul morale dell’EA7 della girandola di assenze e delle conseguenti lamentazioni del coach (che rischia di creare alibi anziché spronare ad una reazione emotiva) si traducono sul campo in una pallacanestro triste e disorganizzata, musi lunghi e rassegnazione che, dinanzi a squadre che scendono in campo con il sangue agli occhi in Eurolega così come in Italia, si traducono invariabilmente in risultati pesantissimi: solo negli ultimi dieci giorni Milano ha perso di 20 in casa con il Partizan, è stata strapazzata da Venezia al Taliercio ed ha subito un passivo di 46 punti dall’Efes ad Istanbul che di per sé stesso è il manifesto del momento che sta attraversando. Senza contare, poi, che come sempre al pacchetto degli italiani (Mannion e Ricci a parte), costituito da metà Nazionale azzurra e non da backup di complemento, vengono riservati solo pochissimi minuti quando l’emergenza sanitaria lo impone, ed ai vari Bortolani, Flaccadori, Tonut e Caruso non viene mai concesso il lusso di sbagliare, affossandoli in un circolo vizioso di ansia da prestazione e rassegnazione che di fatto non li rende mai protagonisti o tantomeno fattori determinanti.
Raccontata così, quella di Trieste al Forum contro la peggior Olimpia degli ultimi tre anni potrebbe sembrare un’occasione da sfruttare, una trasferta da affrontare con leggerezza e faccia tosta, ma anche con la consapevolezza che l’opportunità di affondare il colpo su un’avversaria ferita potrebbe non ripetersi troppo facilmente. Limitarsi a questo sarebbe, però, un grave errore. L’Armani ferita, con l’obbligo di tornare a far respirare steakholders che stanno iniziando a porsi domande, con la prevedibile reazione da parte di campioni esperti che devono almeno mettersi in vetrina in vista degli ingaggi prossimi venturi, con la presenza di gente come Shields, Gillespie, Brooks, Causer e Bolmaro in grado di vincere partite praticamente da soli, impongono molta prudenza e concentrazione su entrambi i lati del campo. Bisognerà colpire Milano prima che possa schierare il suo tonnellaggio in difesa, spostando velocemente la palla nei primi secondi di azione magari mantenendo le ottime percentuali dall’arco che si sono dimostrate uno dei fattori decisivi domenica scorsa a Reggio Emilia. E poi, impedire le penetrazioni di Shields e Mannion, isolate e fuori contesto ma imprevedibili quanto letali. Fare moltissima attenzione nell’impedire la conquista di rimbalzi offensivi – e seconde chance – ai lunghi milanesi. In altre parole, continuare a mettere in pratica la pallacanestro che Trieste più ama, elevandone però ulteriormente la qualità di esecuzione.

Il morale e la condizione in casa triestina sembrano quelli giusti, con giocatori che affrontano allenamenti e partite in modo quasi scanzonato ed apparentemente leggero, atteggiamento segno di grande affiatamento e serenità (“quando ci muoviamo sembriamo una squadra che si diverte in ricreatorio” afferma il capitano Lodo Deangeli “quando lo racconto ai giocatori che conosco in altre squadre nessuno mi crede, è qualcosa di inedito ed inusuale. Ma è solo l’apparenza, segno di grande unità, che non toglie nulla alla reale determinazione della squadra”) Squadra ulteriormente gasata dall’uscita, venerdì, dell’ultimo disco di Denzel Valentine, The Journey, un genere di hip hop intriso di autotune decisamente più adatto a timpani da Generazione Alfa in poi, ma che racconta il viaggio del chitarrista barbuto nella vita e nel lavoro, con la art work di copertina che ne mette in evidenza al centro il ritratto in canottiera triestina. Ognuno può trarne i segnali che preferisce.
La 17a giornata propone qualche scontro che interessa direttamente Trieste e le sue possibilità di mantenere -e possibilmente consolidare- la sua già ottima posizione in classifica: Venezia, dopo aver recuperato McGruder, deve dare continuità alla sua rincorsa ospitando una delle capolista, Trento. Brescia va a Varese per disputare un derby tradizionalmente imprevedibile, Treviso e Trapani non dovrebbero incontrare problemi in casa con Napoli e Pistoia, mentre Tortona, reduce dalla vittoria a Brescia, ospita una Reggio Emilia in pesante crisi di risultati. Bologna, in mezzo agli impegni di Eurolega, vola a Sassari, chiude il programma, infine, lo scontro salvezza fra Cremona e Scafati.
La classifica dopo 16 partite
TRAPANI 24
BRESCIA 24
TRENTO 24
VIRTUS BOLOGNA 24
TRIESTE 20
MILANO 20
TORTONA 20
REGGIO EMILIA 18
VENEZIA 16
TREVISO 14
SASSARI 12
VARESE 12
SCAFATI 8
PISTOIA 8
CREMONA 6
NAPOLI 6