Frase meme presa in prestito da un grande classico della commedia all’italiana anni ’80, ma purtroppo di commedia il buco nero mediatico, oltre che sportivo, nel quale è sprofondata la Triestina in questa tragica stagione ha decisamente ben poco. Triestina che, affidati alla storia antica i fasti del dopoguerra, stampati nella memoria di qualche nostalgico abbonato masochista i più recenti ricordi dell’Unione di inizio millennio, torna finalmente e prepotentemente alla ribalta delle cronache. Ma, in un’epoca nella quale a fare informazione sono i post sui social, lo fa, purtroppo, dal pertugio decisamente sbagliato, esponendosi alle ironie dell’intera nazione del pallone, divenendo oggetto di servizi ed articoli sulla stampa italica che non può farsi sfuggire la succulenta immagine di un allenatore che perde il lume della ragione e strattona pubblicamente per il bavero un suo giocatore.
Prescindiamo, allora, dalle ragioni che hanno spinto Clotet ad uscire completamente di testa. Quando sei costretto a fare le nozze coi fichi secchi cercando di mettere in campo una squadra che farebbe fatica in Eccellenza, pensi giorno e notte ad un piano partita che possa cercare di arginare le preponderanti forze tecnico tattiche e agonistiche dell’armata di Gorgonzola rimpiangendo il momento in cui hai apposto la firma su quel maledetto contratto e poi, dopo mezz’ora, un ragazzino che peraltro non la metterebbe dentro nemmeno a porta vuota pensa bene di tirare uno schiaffone all’avversario gettando a gambe all’aria ogni microscopica speranza di conquistare un misero punticino in casa, il fumo in testa è anche plausibile che ti salga. L’istinto di prendere a schiaffi il colpevole di una ingenuità così colossale è di certo condivisa con ognuno dei coraggiosi quanto cocciuti spettatori che assistono alla scena dal vivo o in streaming: alzi la mano chi non ha pensato, almeno virtualmente, di farlo.
Poi, però, sei anche dotato di libero arbitrio. Puoi decidere di sfogare la tua frustrazione prendendo pubblicamente a calci nel sedere il reo, oppure ti rendi conto che sei in diretta TV, davanti agli spalti (peraltro semivuoti) di uno stadio illuminato come un albero di Natale, circondato da ragazzini che debbono ancora decidere se impegnarsi con sacrifici e passione per provare ad intraprendere la carriera da atleti nel mondo dei professionisti, oppure mandare tutti a quel paese trasformandosi in futuri impiegati di banca che portano la loro panza a spasso sui campi di calcetto. E, inoltre, rappresenti una Società che, pur attraversando uno dei momenti più bui della sua storia, è pur sempre un club glorioso, amato e rispettato, certamente non accostabile all’immagine di una rissa da gang di periferia fra suoi tesserati. Insomma, sei ben consapevole che un po’ di responsabilità, tu che oltretutto sei il capo del vapore e tutti ti guardano come esempio, gravi un po’ sulle tue spalle.
Su cosa sia caduta la scelta del buon Pep ormai lo sanno anche in Thailandia. OK, penserai nella successiva ora passata in panchina, ho esagerato, ho preso a schiaffi anche il mio libero arbitrio travolto dalla concitazione del momento, però adesso posso andare in sala stampa e, oltre ad escogitare qualche frase di circostanza per spiegare l’ennesima disfatta di fatto facilissima da spiegare data l’inconsistenza deprimente della mia squadra, ho l’occasione per scusarmi, magari tendere una mano al figliol prodigo che sì, ha sbagliato, ma insomma siamo tutti sulla stessa barca e ora non è il momento di esasperare tensioni ed affossare ulteriormente il morale.
E invece no. In sala stampa ci vado, ed escogito anche qualche solita frasetta di circostanza su quanto la mia squadra si sia valorosamente battuta nonostante l’innovativo modulo messo in campo dal Real Giana Erminio. Però, sull’episodio, calco la mano. Non lo perdono, quel ventitreenne umiliato, pentito, frustrato e demoralizzato. Anzi, cito addirittura mio figlio ottenne sottolineando che la sua fragile psiche non è pronta per assistere ad episodi del genere. Ma non mi riferisco all’immagine di un padre che strattona un ragazzino che ha commesso un errore, bensì alla stupida quanto innocua (come conseguenze fisiche) spinta del suddetto ragazzino al suo avversario che peraltro lo aveva pesantemente provocato, quella sì inaccettabile ed istigatrice di violenze, guerre e pestilenze.
Ora, chi ha l’età sufficientemente avanzata per aver provato a giocare a calcio negli anni ’70, ’80 e ’90 (prima cioè che l’ineffabile Settore Giovanile e Scolastico della FIGC decida di preservare l’equilibrio mentale dei giovani calciatori abolendo punteggi, risultati, tempi di gioco e classifiche) ha certamente incontrato sul suo percorso allenatori sanguigni, senza peli sulla lingua e con moltissimo pelo sullo stomaco, magari anche un po’ maneschi, sicuramente poco propensi al perdono ed alla comprensione. Eppure, siamo tutti arrivati più o meno brillantemente all’età della ragione. Tutto vero. Ma qui non siamo certamente preoccupati per la tenuta mentale del modesto Krollis, che probabilmente trascorrerà il Natale in famiglia a Riga dopo aver rimosso per sempre dalla memoria il suo ex grottesco allenatore, ma piuttosto del totale sbando morale, ancor prima che sportivo, nel quale si sta disperdendo il prestigio della nostra amata Unione.
(Photo Credit: frame dal film “L’allenatore nel Pallone” -DMV Distribuzione-, frame dal filmato RAI “Sfide”, frame dalla diretta DAZN)