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Terza apparizione dal 2018 alle Final Eight di Coppa Italia per la Pallacanestro Trieste, qualificazione curiosamente raggiunta con tre allenatori diversi in panchina. Nelle prime due occasioni i biancorossi (in azzurro-Allianz nel 2021), nonostante le attese ed i buoni auspici affrontarono i rispettivi quarti di finale con Brindisi e Tortona come se la qualificazione fosse di per sé stesso un risultato, anche se ad onor del vero la squadra guidata da Franco Ciani nel 2022, dopo essersi piazzata addirittura al terzo posto al termine del girone d’andata, intraprese l’avventura ancora scossa dall’abbandono di Juan Fernandez e con l’innesto di un TyShon Alexander passato alla storia come uno dei peggiori americani mai arrivati sotto San Giusto. In entrambi i casi Trieste tornò a casa con le ossa rotte non senza abbondanti polemiche, generate non tanto da risultati che tutto sommato potevano stare nella logica dei rapporti di forza in campo, quanto per l’atteggiamento da Cenerentola invitata al gran ballo che rese le due partite poco più di un allenamento per le avversarie.
Che quella di questa stagione sia una squadra dotata di mentalità totalmente diversa, forte di tre giocatori che questo trofeo l’hanno già alzato da protagonisti (due volte Brooks con Sassari nel 2015 e con Milano nel 2021, Ruzzier con Cremona nel 2019 e, l’anno scorso, Markel Brown con Napoli), e che di partite senza un domani ne hanno giocate a dozzine (lo stesso Brooks ha vinto il campionato nel 2015, Valentine è campione d’Italia in carica), è del tutto evidente. La squadra, però, a partire dal coach, dovrà dimostrare di aver completamente chiuso il capitolo bresciano, spentosi sul primo ferro sulla sirena, ed aver fatto un ulteriore step di mentalità vincente, di motivazione e di incrollabile determinazione di arrivare fino in fondo ad una competizione che Trieste ha solo accarezzato l’idea di vincere nell’anno più improbabile, il primo del dopo Stefanel, trascinata essenzialmente da un solo uomo al comando, il pistolero di New York Steve Burtt. Una mentalità, quella necessaria in un torneo da tre partite in tre giorni, che è chiaramente totalmente diversa da quella richiesta dalla stagione regolare, tarata più sulla lunga durata, sulla costanza del rendimento, sul percorso di miglioramento che permette di non far drammi in caso di sconfitta: “win or go home” è un atteggiamento di grande equilibrio che impone la necessità di gettare sul campo il 100% da subito, la consapevolezza che se perdi è tutto finito, senza per questo lasciarsi schiacciare dall’ansia da prestazione e dalla tensione, dal senso di responsabilità e dalle aspettative del club e della piazza. Acceleratore a tavoletta e leggerezza mentale, unita alla fortuna di avere il maggior numero possibile di giocatori con il bioritmo all’apice dell’efficienza nello stesso lasso di tempo, e magari quella di arrivare all’appuntamento in ottimo stato di forma. In questo senso, però, l’assenza di Colbey Ross, che aveva un po’ destabilizzato l’ambiente nell’immediata vigilia dell’ultima trasferta di campionato, non è più, né deve essere, un tema. Da più parti la squadra triestina veniva data come una delle più accreditate outsider per la vittoria finale, “ma senza Ross….le cose cambiano” è diventato il refrain più suonato dagli osservatori della stampa specializzata nazionale. Ma la qualità con la quale questa squadra ha sempre saputo reagire alle innumerevoli assenze, anche pesantissime, patite da fine agosto in poi, applicando la filosofia “Next man up” svelata dal sussurro di Arcieri, unita alla totale fiducia riposta dalla società in Michele Ruzzier in attesa di conoscere i tempi realistici di rientro del playmaker titolare, presumono l’ormai avvenuta metabolizzazione dell’assenza dell’ex MVP (comunque presente a Torino a sostenere i compagni) e la risistemazione di equilibri soprattutto in attacco. E poi, Sean McDermott ha nelle gambe e nella testa qualche giorno di allenamento in più utile per accrescere l’intesa con i compagni, apparsa piuttosto embrionale alla prima uscita in campionato. Del resto, la filosofia cestistica di Trieste, ben lungi dall’essere quell’elementare “corri e tira” che in modo molto superficiale era stata definita, è in verità un insieme di meccanismi basati su un flow e mille varianti che la squadra, se la intendiamo nata nell’estate della retrocessione con l’arrivo di Christian, ha impiegato mesi per comprendere e valorizzare: attendersi un periodo iniziale di apprendimento per un giocatore notoriamente efficace sui due lati del campo è del tutto logico e lecito, anche se a Torino all’ex capitano di Varese verrà necessariamente chiesto di metterci del proprio contro pari ruolo di valore europeo come Alibegovic e Petrucelli.
Se da Trieste non ci si può aspettare null’altro che il 100% dell’impegno e della consapevolezza nei propri mezzi in tutte le sue componenti, specialmente quelle più esperte, è soprattutto dalla prima avversaria, dalla qualità dei singoli e del suo complesso guidato da uno degli allenatori più carismatici e vincenti in Europa, che devono arrivare le preoccupazioni maggiori. Trapani, oltretutto, arriva da due sconfitte consecutive in campionato che l’hanno allontanata da una prima posizione che aveva raggiunto, accompagnata dalla grancassa suonata dal suo presidente, appena tre settimane fa. Due sconfitte nel big match a Trento e, in modo perlomeno sorprendente, a Cremona che non faranno che accrescere la già rimarchevole voglia di reagire, l’ “incazzatura” sportiva probabilmente alimentata dalle filippiche di Repesa e del patron Antonini. Trapani è dunque ben lungi dal vivere un momento di crisi o debolezza: sarebbe un errore capitale pensare di affrontare una squadra in una fase di flessione, nonostante l’ultima partita giocata sottotono. E’ invece lecito attendersi esattamente il contrario. Anche perchè da qualche settimana almeno due giocatori in ruoli fondamentali sono stati messi in discussione, ed avranno certamente tutta la motivazione nel dimostrare i motivi per i quali invece dovrebbero conservare il loro posto: JD Notae e Tibor Pleiss, playmaker e centro di backup, sono probabilmente i due elementi dai quali Trieste dovrà attendersi maggiore intensità, e sono due giocatori che l’assenza di Ross e la “timidezza” di Johnson contro giocatori di stazza ed esperienza potrebbero rendere una vera e propria spina nel fianco. Peraltro, proprio Pleiss, arrivato a Trapani ormai in fase inesorabilmente discendente della sua carriera, fra scudetti e coppe nazionali colleziona da solo un palmares pari (se non superiore) a tutti gli altri 23 giocatori che scenderanno in campo messi assieme. Per contro, proprio la necessità di tornare a vincere, di continuare a sognare un trofeo che varrebbe come un trionfo per tutta la Sicilia, obiettivo dichiarato come “minimo” da un presidente incapace di non gettare napalm sul fuoco, ed il seguito di centinaia di tifosi che arriveranno a Torino da tutto il nord Italia, in altre parole la pressione della responsabilità e l’incognita (come per Trieste) derivante dal fatto di essere sostanzialmente una esordiente a questi livelli in partite ad eliminazione diretta, potrebbero costituire il vero ago della bilancia, una bilancia che in questo senso potrebbe essere tutta dalla parte triestina. Senza contare che stampa e, più in generale, l’intero ambiente che gravita attorno al club siciliano non considera nemmeno Trieste come un reale avversario, proiettando già pronostici ed analisi verso la finale: atteggiamento pericolosissimo e potenzialmente beffardo che ricorda da vicino quello di Torino e Forlì durante i playoff dello scorso maggio (anche se c’è da attendersi che una vecchia volpe come Repesa, che non si fida affatto, abbia fatto di tutto per isolare la squadra da tutto questo ottimistico entusiasmo).
In ultima analisi, quella fra Trieste e Trapani è una sfida indecifrabile, che razionalmente non può che vedere i siciliani favoriti, ma che non può prescindere dalla sfrontata faccia tosta apparentemente scanzonata, in verità tostissima, della banda di Jamion Christian, talvolta sconfitta ma mai travolta a livello di atteggiamento. Chi vince affronterà sabato sera la vincente fra Reggio Emilia e Trento, che giocheranno alle 18:00: i triestini attendono con ansia un buon motivo per non guardare la finale di Sanremo….
Nei primi due quarti di finale, intanto, Brescia sfrutta la classe dei suoi assi, che si erano rivelati match winner anche contro Trieste tre giorni fa: Burnell e Ivanovic risolvono una sfida complicata ed equilibratissima contro Tortona, piazzando due bombe consecutive negli ultimi due minuti che valgono il 6-0 tramortente e decisivo che ribalta il piccolo vantaggio dei piemontesi. Passeggiata senza storia, invece, di Milano che strapazza una irriconoscibile Bologna. Il derby lombardo in semifinale promette scintille. Chiunque arriverà in finale dalla parte sinistra del tabellone sarà probabilmente la vera favorita per la vittoria finale.