Ebbene sì, la vita di un atleta è un susseguirsi di successi e sconfitte, di gioia e delusione, ma se c’è un aspetto che colpisce più di tutti gli altri, nonostante facciano parte della quotidianità sportiva, sono gli infortuni. Non li cerchi, non li vuoi, non li invidi, ma arriva un momento in cui senza manco accorgersi, la stanza piena di luce che è la tua vita, diventa buia tutta d’un tratto. Un infortunio per un’atleta è la sconfitta più grande, brucia più di un allenamento andato male, di una partita perse, è un qualcosa a parte che ti investe in pieno come un acquazzone d’estate quando sei al mare, ti coglie all’improvviso, sconvolge tutti i tuoi piani, ma come arriva cosi se ne anche va.
Mi hanno trovato una frattura al menisco, ed è quel tipo di notizia che non ti aspetti, che non vorresti sentire, e che posso assicurare essere una vera doccia ghiacciata. Tornare a giocare dopo un estate in riabilitazione per un intervento ed essere consci che nel giro di pochi mesi ti si presenterà davanti un altro non è facile da digerire, sono sconsolata, piango, rido, ho un turbine di pensieri che mi tiene sveglia la notte, e incollata a informazioni mediche il giorno.
Quando l’infortunio bussa alla tua porta, sembra che tutto il lavoro fatto negli anni sparisca in un battito di ciglia, non hai neanche il tempo di guardarti in dietro che davanti a te c’è il fisioterapista che ti dice che è giunto il momento di vedere un medico. “Non ci voglio credere, non lo posso accettare, mi sembra pure che questo pezzo sia fuori luogo per il genere di articoli che scrivo, ma in questo blog ho deciso di parlare di vita, di sport, di emozioni e purtroppo anche questo evento rientra in queste categorie.”
Si dice che un atleta quando interfaccia un infortunio viva due facce di una stessa medaglia, se da un lato c’è l’aspetto concreto e puramente fisico, dall’altro c’è quello più complesso, che continua ad esistere anche quando il corpo è in ripresa. L’infortunio interiore, è quello che spaventa di più, quello che ci porta a ragionare costantemente, ad avere paura del futuro, a chiedersi mille perché, ai quali probabilmente non darai mai risposta, ed è proprio quello, che è più difficile da curare, perché se il corpo guarisce, la mente per arrivare alla meta ha davanti un percorso ad ostacoli pieno d’insidie, è una lotta silenziosa che nessuno vede, ma che l’atleta percepisce, sente, ma sopratutto vive.
A volte succedono cose che non si è preparati ad affrontare, e per uno sportivo un infortunio rientra al primo posto, bisogna trovare la forza di rialzarsi, di combattere, di lasciare da parte il mondo esterno che nonostante tu sia fermo va avanti, bisogna ricominciare da se stessi. In queste ore, dopo aver sfogato tutta la frustrazione, mi sono fermata e mi sono detta che sarò io ad uscirne trionfante, costi quel che costi, non avrò paura del dolore, delle difficoltà, degli ostacoli che dovrò superare fisicamente e mentalmente, perché lo so, sarò io la vincitrice. Il dolore fisico è un concetto difficile da spiegare a parole, è un qualcosa con cui ci si scontra a tu per tu, è una battaglia che si combatte con se stessi, o si abbatte, o si soccombe, e per l’amore di me stessa e di questo meraviglioso sport, la seconda non è un’opzione. Quindi parlo a tutti quelli che hanno vissuto un esperienza del genere, che la stanno vivendo o che magari vivranno, non siamo soli, anche quando sembra tutto perduto, le cose avvengono per una ragione, sta a noi trovarla e sconfiggerla, siamo forti, siamo coraggiosi, noi atleti siamo costruiti per non arrenderci mai, per abbattere le nostre barriere e diventare la versione migliore di noi stessi. Voglio concludere questo sfogo con una riflessione fatta dalla mia ex allenatrice all’università Iowa Western, un giorno durante un meeting. Ci mise davanti una chiave di lettura della vita, la cosi detta “metafora dell’onda”, la nostra vita è un oceano, delle volte è piatto, ma molte altre è mosso, spesso ci sono piccole onde che sono quei problemi che si affacciano quotidianamente nella nostra vita, e che con poco impegno superiamo alla grande, ma altre sono onde grandi, paurose da cui vorremmo scappare. Nonostante la loro grandezza, che rappresenta una sfida, un problema insormontabile, alla fine dell’oceano c’è sempre una spiaggia, quell’onda non sarà per sempre, crescerà certo, ma quando arriverà verso la terra ferma, s’infrangerà, ed è proprio là che sapremo che avremo vinto, perché nulla è impossibile, dobbiamo solo essere consapevoli che tutto ha un inizio e una fine, può essere più o meno insidioso, ma ne usciremo sempre vittoriosi in un modo o nell’altro. Adesso mi sento rotta (nel vero senso della parola), logorata, ma quella ferita che è apparsa dentro di me si cicatrizzerà e diventerà nel tempo solo un ricordo di cui andare fiera e poter raccontare a chi ne avrà bisogno, come io ne ho bisogno ora.
ENGLISH VERSION
BEYOND THE WAVE
Well, yes, the life of an athlete is a succession of successes and defeats, of joy and delusion, but if there is one aspect that strikes you more than any other, despite being part of everyday sports, it is injuries. You don’t look for them, you don’t want them, you don’t envy them, but there comes a time when without even realizing it, the room full of light that is your life, becomes dark all of a sudden. An injury for an athlete is the biggest defeat, it stings more than a practice gone wrong, a game lost, it’s a separate something that hits you full on like a summer downpour when you’re at the beach, it catches you suddenly, upsets all your plans, but as it comes so it also goes away.
I’ve been found to have a meniscus tear, and it’s the kind of news that you don’t expect, that you don’t want to hear, and that I can assure you is a real icy shower. Returning to play after a summer in rehab for one surgery and being aware that in a few months another one will be in front of you is not easy to digest, I am disconsolate, I cry, I laugh, I have a whirlwind of thoughts that keep me awake at night, and glued to medical information the day.
When injury knocks on your door, it seems like all the work you’ve done over the years disappears in the blink of an eye, you don’t even have time to look back that in front of you is the physical therapist telling you it’s time to see a doctor. “I don’t want to believe it, I can’t accept it, I also feel like this piece is out of place for the kind of articles I write, but in this blog I decided to talk about life, about sports, about emotions, and unfortunately this event also falls into these categories.”
It is said that an athlete when interfacing an injury experiences two sides of the same medal, if on the one hand there is the concrete and purely physical aspect, on the other hand there is the more complex one, which continues to exist even when the body is recovering. The inner injury, it is the one that scares us the most, the one that leads us to constantly reason, to be afraid of the future, to ask a thousand whys, to which you will probably never give an answer, and it is precisely that one, which is the most difficult to cure, because if the body heals, the mind to get to the goal has before it an obstacle course full of pitfalls, it is a silent struggle that no one sees, but that the athlete perceives, feels, but above all lives.
Sometimes things happen that you are not prepared to deal with, and for a jock an injury comes first, you have to find the strength to get back up, to fight, to leave aside the outside world that despite you being stationary goes on, you have to start over with yourself. In these hours, after venting all the frustration, I stopped and told myself that I will be the one to come out victorious, whatever it takes, I will not be afraid of the pain, the difficulties, the obstacles that I will have to overcome physically and mentally, because I know, I will be the winner. Physical pain is a difficult concept to explain in words, it is something that you come face to face with, it is a battle you fight with yourself, you either knock yourself down, or you succumb, and for the love of myself and this wonderful sport, the latter is not an option. So I speak to all those who have gone through such an experience, are going through it or maybe will go through it, we are not alone, even when all seems lost, things happen for a reason, it is up to us to find it and defeat it, we are strong, we are brave, we athletes are built to never give up, to break down our barriers and become the best version of ourselves. I want to end this rant with a reflection made by my former coach at Iowa Western University one day during a meeting. She put before us a key to understanding life, the so called “wave metaphor,” our life is an ocean, sometimes it is flat, but many others it is choppy, often there are small waves that are those problems that come up daily in our lives, and with little effort we overcome great, but others are big, scary waves that we would like to escape from. Despite their greatness, which is a challenge, an insurmountable problem, at the end of the ocean there is always a beach, that wave will not be forever, it will grow of course, but when it comes towards land, it will break, and it is there that we will know that we will have won, because nothing is impossible, we just have to be aware that everything has a beginning and an end, it may be more or less treacherous, but we will always come out victorious in one way or another. Now I feel broken (in the true sense of the word), worn out, but that wound that appeared inside me will heal and become in time just a memory to be proud of and to be able to tell those who need it, as I need it now.