Questa proprio non ce l’aspettavamo, da un campione assoluto (sul campo) come Novak Djokovic. Ma il suo 2021, in cui ha sfiorato, senza raggiungerlo, il Grande Slam, evidentemente ne ha minato la tenuta nervosa, fisica e soprattutto morale.
Non pago di aver organizzato a casa sua, la scorsa estate, un torneo in cui ha coscientemente omesso anche le più basilari regole di buon senso e prudenza provocando un focolaio Covid talmente esteso che la diffusione della peste bubbonica a Milano di manzoniana memoria dovrebbe scansarsi, ha via via assunto posizioni di fatto no vax (questione privata e di coscienza personale che non vogliamo commentare, non essendo questo l’oggetto del contendere), ma vigliaccamente mai dichiarate. Potremmo scommettere, però, che il mancato outing non derivi da timidezza o riservatezza, peraltro non propriamente cifre che si attaglino perfettamente al personaggio. A differenza di altre stelle dello sport mondiale, che hanno deciso di suicidarsi economicamente mantenendo testardamente e pubblicamente le proprie posizioni (Kirie Irving, ad esempio, asso dei Brooklyn Nets nell’NBA, messo fuori squadra per la sua posizione ostinatamente antivaccinista ha valutato in 17 milioni di dollari il danno subito), il buon Nole davanti alla carota-montepremi, ha sempre tergiversato, mai parlato apertamente, dato allegramente prima un colpo al cerchio, poi alla botte, ma sempre facendo intendere – senza mai dichiararla – la sua volontà di non vaccinarsi.
E certo, direbbe qualche sospettoso malfidente, i regolamenti dello sport mondiale, che ricalcano i rigidi paletti imposti dai governi dell’intero mondo civilizzato, impongono a tutti gli atleti professionisti la presenza del certificato verde per poter partecipare a qualunque evento nazionale o internazionale. Come del resto l’Australia lo impone agli spettatori, sottoposti come qui da noi all’obbligo delle mascherine, così come ai viaggiatori in entrata nel loro grande paese. In modo lapalissiano, il suddetto malfidente osserverebbe come ciò escluderebbe di fatto Djokovic da qualsiasi torneo dell’ATP in ogni angolo del globo terracqueo. Cosa facciamo, dichiariamo la nostra posizione urbi et orbi? Suvvia….
Il dio denaro, però, essendo onnipotente in terra quasi come quello del piano di sopra, delle regole imposte ai comuni mortali se ne infischia abbastanza allegramente. E così, che la decisione provenga dall’ATP, dal governo australiano, dal comune di Melbourne, dalla congregazione dei cardiologi serbi o dal fantasma di Lacoste non importa: viene fornito all’istrione balcanico un salvacondotto evidentemente in grado di preservarlo per legge dall’infezione così come preserverà la salute di quelli che ne verranno volontariamente o involontariamente in contatto. Ah, dimentichiamo…. tale mirabile artificio normativo viene peraltro fornito da un certificato medico attestante una sedicente patologia cardiaca che affligge l’atleta in modo talmente grave da rendere impossibile il vaccino. Patologia cardiaca che, al tempo stesso, ne consiglia la disputa di partite da quattro ore a duecento all’ora sotto il sole rovente dell’estate australe (*). Geniale e meravigliosamente privo di ritegno.
Come possa venire accolto agli imminenti Open d’Australia il neocardiopatico (*) n.1 del tennis mondiale dai suoi colleghi rispettosi delle regole non si sa, ma è facilmente intuibile, così come è evidente l’autogol commesso dall’atleta e dal gotha della pallacorda mondiale nei confronti della vacca da mungere, costituita dal pubblico pagante dal vivo o in streaming, che in gran parte ne abbandonerà le simpatie peraltro mai realmente sbocciate, e dei grassi sponsor delle grandi competizioni internazionali, che dal canto loro seguiranno necessariamente gli umori del pubblico.
Ciò che però riteniamo insopportabile è assistere al disastro costituito dalle migliaia di bambini poco più che dodicenni che in assenza di green pass rafforzato da oggi non potranno più nemmeno allenarsi con i compagni. Dura lex sed lex, il momento del resto richiede provvedimenti draconiani per essere superato, che ci piaccia o no. Ma la lex deve essere uguale per tutti e rispettata da tutti, altrimenti perde credibilità ed i precedenti ne soppiantano il valore. Ecco, il grande Novax Djokovic quel precendete pericolosissimo, precursore del caos, lo ha creato. Del resto, lui è lui…
E noi….
(*) Aggiornamento post sentenza libera tutti: a quanto pare ci eravamo sbagliati. Il Re dì Serbia non è cardiopatico, era tutta un’invenzione dei giornalettisti malfidenti e lealisti. No, ha semplicemente contratto il virus a metà dicembre. Ricapitolando: va ad una partita di basket, alla quale viene immortalato da 36 telecamere mentre scimmiotta Obradovic senza indossare la mascherina, e viene a contatto con un positivo. Accusa qualche leggerissimo sintomo e dunque si sottopone a tampone. Nell’attesa dell’esito, si reca sorridente ad elargire premi a dei ragazzini in luogo pubblico, anche qui rigorosamente senza indossare la mascherina. Il giorno dopo, una volta accertata la positività al Covid, concede un’intervista ed uno shooting fotografico (per non deludere il giornalista, dice), durante il quale, manco a dirlo, per non celare all’universo i suoi tratti divini evita nuovamente di coprirsi il volto con l’inutile mascherina. Infine, il novello Marchese Del Grillo scarica sul suo staff la responsabilità dell’omissione, sul form di ingresso in Australia, di un viaggio a Marbella ad inizio dicembre, anche questo immortalato in centinaia di archivi fotografici: del resto, una vacanza sulla spiaggia andalusa sarebbe memorabile solo per noi servi della gleba costretti a risparmiare un anno per potercelo permettere… noi quel viaggio non ce lo dimenticheremmo di certo, ma suvvia, per il nostro Roin Hood Novax uno più uno meno, con sto casino della pandemia poi…. Può anche sfuggire.
Last but not least, il nostro eroe, dalle segrete della Bastiglia australiana in cui giace in catene a pane ed acqua assieme ad altri plebei immigrati in attesa di poter essere ascoltato da un giudice, non fa nulla (anzi…) per smorzare i deliranti toni usati dai suoi ineffabili genitori, che hanno il solo effetto si ergerlo ad esempio dì resistenza contro l’oppressione dei governi (quando va bene) e simbolo dei manifestanti nazionalisti serbi (quando va male), scesi in piazza in gran numero a Belgrado come a Melbourne: davvero un’occasione sprecata.
Insomma, “pezo el tacon del buso“ diciamo a nord est. tradotto: la sostanza non cambia.