“Tristezza, per favore vai via….”. La ricordate la bossanova di Vinicius DeMoraes, Toquinho e Ornella Vanoni della fine degli anni ’70? Mi è tornata alla memoria domenica pomeriggio, tra il “Pino Grezar” ed il “Nereo Rocco”. C’erano due partite di calcio in contemporanea e la voglia di scoprire l’effetto che fa tornare al “Grezar”, fresco di omologazione per la serie D e i dilettanti, dopo aver visto su quel prato la Triestina giocare in serie A – ma ero proprio piccolino…- e in centinaia di altre partite più o meno felici della sua storia.
Impianto rifatto, dedicato all’atletica, il calcio non doveva più trovar posto – se ricordo bene – ma lo sbarco a Trieste degli Europei Juniores ha impresso una sterzata, tanto da rifare a tempo di record il manto erboso per metterlo a disposizione delle squadre ospiti, nella circostanza la Serbia. Pino Grezar, del resto era un campione del grande Torino: da lassù, perché costringerlo a guardare solo uno sport che non era il suo…
Insomma, per farla breve, si torna in via dei Macelli, si entra e… Non può essere un impianto dove si fa sport. Sembra il regno dei colombi, anzi… dei loro ricordini. Già l’entrata, con quel muro di vetro opaco è tristissima poi, per andare sugli spalti, si deve salire. Ci sarebbe l’ascensore ma…. non funziona. E allora le rampe, che poi… fanno anche bene per la circolazione. La luce del girono arriva a fatica, figuriamoci quando il sole non c’è: scalino dopo scalino – d’accordo che siamo nella casa dell’atletica – ma fare il salto degli escrementi è avvilente.
Non ho idea a chi spetti tenere in condizioni decenti l’impianto: certo, più essenziali prato e piste, ma è avvilente, per una città che è appena stata eletta la seconda d’Italia per sportività (ma era la prima…), che lo stadio costato fior di milioni (battendo probabilmente record di… longevità costruttiva, visto che non mi sembra ancora terminato) venga… concesso in uso alla fauna avicola che l’ha eletto a sua dimora.
Ma non era proprio la domenica giusta. Cento metri più in là, l’erede, il “Nereo Rocco”, splendido gioiello dopo la ristrutturazione. In campo si gioca, Guadalajara e Deportivo Cali si contendono il “Città di Gradisca”, torneo internazionale intitolato al “Paron” .
Nelle trentaquattro edizioni giocate sono stati protagonisti Riquelme, Stankovic, Pirlo, De Rossi, Albertini, Shevchenko, Maicon, Cambiasso, Giovinco, Marchisio, El Shaarawi , De Sciglio, Destro, Insigne, Kovacic, Muriel e Scuffet…. Non è un torneo qualsiasi, negli anni – da quando il gruppo dei dirigenti dell’Itala San Marco l’ha lanciato – si è ingrandito, ha portato le partite in tutta la regione ed oltre.
Di finali ne ho viste tante a Gradisca, con il tutto esaurito dell’impianto che non è mai mancato, anche quando le protagoniste in campo non parlavano italiano.
Non pretendevo di vedere il pubblico che è accorso per la Juventus contro la Triestina, ma constatare che, oltre alla colorita rappresentanza colombiana, erano più le persone in campo che sugli spalti, quella tristezza sopraggiunta al “Grezar” si è fatta ancora più pesante, quasi volesse comprendere anche il “Rocco”.
La deve aver provata anche Franco Bonanno, una delle anime del torneo: ingiusta conclusione, per quanto lavoro di organizzazione e passione c’è dietro un evento del genere.
Sono partito dalla “Tristezza” di De Moraes, Toquinho e Ornella Vanoni, concludo con il rapper Coez, uno dei nostri giorni, e la sua “Domenica” che dice: “…Vorrei fosse domenica Niente stadio né partite Una coda patetica…” L’avessi ascoltata prima, magari non sarei andato dalle parti di San Sabba…