Sarà nuovamente Lodo Deangeli a ricoprire il ruolo di capitano biancorosso per la stagione del ritorno in Serie A. Investitura solo apparentemente onoraria, in verità di grande valenza morale e simbolica. E’ stato nuovamente scelto un ragazzo triestino dalla lunga militanza in biancorosso, uno che non ha mai mollato un attimo in campo, attorno ad esso, in spogliatoio, in città. “Adottato” nel ruolo da Andrea Coronica e Daniele Cavaliero, che lo hanno guidato e formato nel compito, specie nei rapporti con i nuovi compagni, in particolare quelli più bisognosi di accompagnamento nella metabolizzazione della complessa realtà del basket triestino. E’ il terzo anno consecutivo da capitano per Lodo, che ricoprì per la prima volta il ruolo da ventunenne nella difficilissima stagione culminata con la retrocessione, guidando però la squadra alla riconquista immediata della massima serie in quella successiva. Deangeli, che vestiva la canottiera alabardata già da giovane promessa in occasione della precedente promozione e del successivo esordio in Serie A, ha sempre dimostrato grandissimo attaccamento alla città ed alla maglia, rivelandosi un vero e proprio valore aggiunto riconosciuto da compagni e coaching team.
“Lodo mi ha colpito fin dalla mia prima settimana a Trieste – le parole del GM biancorosso Michael Arcieri – Durante un pranzo abbiamo discusso di molti argomenti, tra cui la nostra amata città e il nostro sport. Ha dimostrato umiltà, maturità, intelligenza e sensibilità ben oltre la sua età. Come ogni grande leader, mette gli altri al primo posto in tutto ciò che fa. Il suo contributo al nostro successo nella scorsa stagione si è reso evidente in modi grandi e piccoli, a volte sottili e altre volte molto espliciti. La sua crescita come giocatore, leader e figlio prediletto della nostra città è stata un piacere da testimoniare. È un grande ambasciatore del biancorosso e un modello per tutti noi. Non potremmo essere più orgogliosi di chiamarlo ‘il nostro Capitano’ e di averlo alla guida nel viaggio che ci attende!”
Scelta accolta con favore ed incoraggiamenti dalla gran parte dei tifosi, ma che non ha mancato di sollevare qualche mugugno da parte di chi, dopo una stagione non certo esaltante per la pallacanestro triestina in campo e -ce lo si consenta- soprattutto attorno ad esso (naturalmente con l’eccezione della cavalcata dell’ultimo mese e mezzo e del risultato finale) ritiene di potersi impadronire in esclusiva di meriti che invece deve condividere anche con chi ha legittimamente espresso un pensiero su Instagram – oltretutto ormai vecchio di quasi tre mesi- che forse avrebbe potuto risparmiarsi per evitare prevedibili polemiche, ma che è pienamente condivisibile e condiviso dalla totalità dei suoi compagni. Il pensiero del capitano, peraltro ripreso e commentato pubblicamente dal resto della squadra anche con espliciti cori in spogliatoio il giorno del trionfo, voleva chiaramente solo esaltare la grande unità di un gruppo che ha raggiunto un risultato straordinario superando difficoltà di ogni genere, specialmente ambientali, senza voler offendere nessuno, nemmeno gli osannanti tifosi che lo insultavano solo qualche settimana prima. Del resto, il ruolo del capitano è, in ogni sport, quello di ergersi a diga per difendere la squadra, stare in prima linea a difendere compagni e maglia, ergersi a leader soprattutto fuori dal campo, rappresentare il pensiero di compagni e allenatore, fungere, quando serve, da capro espiatorio, compito che è innegabile lui abbia svolto con determinazione ed orgoglio nonostante la giovane età e l’esperienza pluridecennale di qualcuno dei suoi colleghi. E’ dunque ora che la pallacanestro triestina superi le miserie del provincialismo di bassissima lega che l’ha relegata per decenni ai piedi di un Olimpo che spesso avrebbe potuto raggiungere, mancandolo talvolta per un piccolo passo. La prossima sarà una stagione importantissima, fondamentale anche per il futuro, e ci sarà bisogno dell’apporto unanime, del numeroso sostegno e dell’amore incondizionato della piazza, intesa come entità unica. Continuare a passare mezze giornate a pontificare su una scelta caduta su un giovane triestino (peraltro sacrosanta e condivisa dalla squadra) non giova a nessuno se non a Mark Zuckerberg.