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La vacca che disse al mulo…

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La Fifa che “monitora” il comportamento illuminato dei governanti iraniani, che vietano alle loro donne (ed alle donne tout court) di assistere al big match fra la loro Nazionale di calcio e quella del Libano dovrebbe essere citata su Wikipedia come esempio pratico per spiegare il concetto di ipocrisia.

A prescindere dal fatto che da una eventuale esclusione della Repubblica Islamica dai prossimi Mondiali di calcio potrebbe beneficiarne immeritatamente l’Italia -che ora immaginiamo a soffiare sul fuoco con un impegno ben superiore a quello profuso sul campo contro la fortissima Macedonia- e già quello rende ancor più insopportabile l’intera vicenda, la FIFA non rappresenta di certo l’esempio di chi avrebbe il teorico diritto di ergersi sul pulpito.

Nessuno può dimenticare le modalità con le quali vennero assegnati i Mondiali a Russia 2018 e Qatar 2022. Pressioni e cascate di milioni arrivarono dagli oligarchi russi ad oliare i meccanismi di voto da parte dei panciuti dirigenti di Zurigo, e scandalosi episodi di corruzione dei delegati -rei confessi- vennero a galla dopo la sorprendente decisione di far disputare il torneo di quest’anno in pieno deserto, in un Paese privo di qualunque prospettiva di sviluppo del movimento calcistico sul suo territorio e non certo campione di rispetto dei diritti umani, solo per assecondare i deliri di onnipotenza dei brutali e barbuti sceicchi dell’Emirato.

Ma, fin qui, nulla di nuovo sotto il terso cielo delle Alpi Svizzere. Pressioni e corruzione sono “consuetudine” quando si tratta di assegnare eventi, sportivi e non, che muovono miliardi di dollari in pubblicità e diritti televisivi. Ciò che è moralmente inaccettabile è, invece, la cecità (finta) della FIFA che chiude entrambi gli occhi davanti alle centinaia di silenziose morti sul lavoro fra le schiere di veri e propri schiavi indiani, pakistani, nepalesi, bengalesi ed africani utilizzati come carne da macello per costruire in tempo record gli scintillanti ed avveniristici stadi destinati prima ad ospitare per un mese scarso i multimilionari Ronaldo, Messi e Mbappè, per poi essere adibiti a sontuosi abbeveratoi per cammelli. Le novelle piramidi imposte dai moderni faraoni con la complicità dei vertici FIFA costituiscono un monumento all’infamia, che ora si vorrebbe coprire sotto il velo perbenista della “diversity and inclusion”: sono valori tanto di moda nelle corporations e nella cultura occidentale di facciata, d’attualità ormai da decenni ma finora mai considerati discriminanti. Vogliamo davvero credere che il medioevale divieto di accesso allo stadio sia una novità in Iran? O che il divieto di guidare automobili imposto alle donne nel regno del Gran Premio di Jeddah, anch’esso qualificato per la fase finale qatariota, sia una discriminazione dell’ultimo minuto? O che le barbare pratiche di infibulazione ancora diffuse in Ghana e Senegal non siano più tollerate dai loro governi? Suvvia…. L’indignazione selettiva a tempo che toglie il sonno ai principini della FIFA non è altro che un imbarazzante tentativo di autoassolvere la propria non certo immacolata coscienza.