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La Reyer gioca un altro sport: 78-95 al Dome

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PALLACANESTRO TRIESTE – UMANA REYER VENEZIA 78-95

Pallacanestro Trieste: Gaines 14, Pacher 13, Bossi 4, Davis 13, Spencer 8, Deangeli 4, Ius ne, Campogrande 3, Vildera 13, Bartley 6. All.: Legovich. Assistenti: Maffezzoli, Vicenzutto.

Umana Reyer Venezia: Spissu 8, Freeman 6, Bramos 13, Sima 2, De Nicolao 14, Granger 11, Chillo ne, Brooks 2, Willis 16, Chapelli ne, Watt 17, Tessitori 6. All.: De Raffaele. Assistenti: Tucci, Billio, Bianchi.

Parziali: 15-29 / 35-55 / 58-73

Arbitri: Baldini, Bongiorni, Noce

Davanti ad una Pallacanestro Trieste che sembra tornata quella del secondo tempo contro Pesaro e che approccia la partita in un modo che indispettisce pesantemente anche il suo allenatore, la Reyer Venezia non deve faticare poi più di tanto prima per mettere velocemente un gap di sicurezza fra sé e gli avversari, per poi limitarsi a controllarlo, aumentando i giri sia in attacco che in difesa solo quando qualche sprazzo di volontà riusciva a portare i biancorossi vicini alla cifra singola di distanza. La superiorità di organico, l’evidente squilibrio tecnico, di centimetri, di chilogrammi, di esperienza, di lunghezza delle rotazioni di cui può disporre coach De Raffaele rende la sua squadra una reale alternativa alle due corazzate di Eurolega: se, come successo all’Allianz Dome, il meccanismo funziona alla perfezione, squadre del livello attuale della Pallacanestro Trieste possono obiettivamente opporre un arsenale del tutto insufficiente per poter sperare di conquistare i due punti. Ma, come successo anche a Bologna in modo speculare, in partite contro avversarie di questo genere il risultato passa in secondo piano rispetto all’atteggiamento, alla voglia, alla determinazione nel non volersi mai arrendere, nell’iniziare le partite con furiosa concentrazione: la squadra di coach Legovich, invece, reagisce solo a tratti, in poche e poco convinte fiammate che arrivano oltretutto a situazione già ampiamente compromessa. Contro la Reyer Trieste gioca di fatto solo un quarto, il terzo, nel quale riesce a riavvicinarsi fino ad arrivare a -9, dopo essere precipitata più volte anche a meno venti già nel primo tempo (ma c’erano già 15 punti di distacco dopo 7-8 minuti). Venezia, dopo aver saggiato per lunghi minuti la fragilità degli avversari, non si disunisce mai, non dà nemmeno per un momento l’impressione di poter subire una rimonta credibile: continua a macinare il suo gioco, semplice, preciso, letale da fuori e quasi scolastico da sotto (ad un certo punto Watt, girando allegramente attorno a Pacher e Vildera per andare a concludere, ha un atteggiamento quasi annoiato). Tiene a bada gli avversari, li ricaccia indietro a distanza i sicurezza e poi si limita a controllare il risultato in quarto periodo in cui Trieste riesce a sbagliare sistematicamente i possessi che avrebbero potuto -forse- riaccenderla, per poi attendere la sirena finale in un lungo garbage time.

Al netto delle difficoltà legate alla qualità della Reyer, Trieste risulta a tratti imbarazzante, per quanto risulti disorientata in difesa: nel primo tempo Venezia tirava con l’85% da tre punti, e questo non può certo essere spiegato solo con le capacità dei vari Spissu, De Nicolao, Willis, Bramos o Granger, ma bisogna aggiungerci anche le condizioni in cui questi giocatori sono arrivati al tiro. Mai una forzatura, conclusioni che arrivano quasi sempre al termine di un’ottima circolazione, con piedi a terra e due metri di libertà. Da sotto, oggettivamente, Trieste non può fare di più, considerata anche l’assenza di Lever. Con i soli Spencer e Vildera, e l’aggiunta di un Pacher un po’ più intraprendente rispetto alle prime due partite, non è fisicamente possibile opporsi, specie in fase difensiva, ad una squadra che nel pitturato può schierare Watt e Tessitori, con l’aggiunta di Sima, Brooks e Willis. Ma, anche in questo caso, il Davide visto contro Golia non mostra quella ferocia agonistica senza la quale il confronto rimane impari nella totalità delle volte.

AJ Pacher contro Bramos

Trieste, per l’ennesima volta, dimostra la sua totale dipendenza dalla pattuglia straniera in fase offensiva. Se due delle tre guardie sbagliano partita, come successo a Bartley e Gaines (la cui doppia cifra in tabellino non deve ingannare), le potenzialità in attacco, i punti su cui Legovich deve poter contare svaniscono e non vengono tamponati. I 4 italiani schierati realizzano tutti insieme 24 punti sui 78 totali, di cui più della metà portati da Vildera, il più volonteroso del quartetto, quello che non si tira indietro nell’andare a sportellate anche a costo di venire talvolta brutalizzato dalla verticalità degli avversari. Deangeli fa quello che può in un ruolo in cui gli servirebbero dieci centimetri e quindici chili di più, Bossi può dare fiato a Davis per non più dei tre minuti a partita che il barbuto play americano deve fisiologicamente passare in panchina, Campogrande non riesce a sbloccarsi anche mentalmente, anche se contro Venezia finalmente gli riesce di centrare una tripla: bottino decisamente troppo magro per l’ala titolare.

Non è noto se e quando si possa concludere l’operazione societaria con l’ingresso della nuova proprietà americana, anche se rumors insistenti la darebbero per imminente. Su tale operazione vige il mistero meglio custodito dai tempi di Kennedy, pertanto non se ne intuiscono i contenuti economici: di certo una iniezione in corsa al budget potrebbe fornire la possibilità di effettuare un maquillage più o meno importante al roster per evitare il campionato di estrema sofferenza al quale la Trieste del basket sta andando incontro. Una nota a margine: nel caso gli “americani” avessero assistito dal vivo o in streaming alla partita contro Venezia, un derby contro una delle grandi, importante per la classifica e dopo una prova convincente al PalaDozza, si sarebbero certamente chiesti se questo bel giocattolo, quella che sicuramente è stata loro descritta come una delle “basket city” italiane, non sia in realtà un entità divenuta del tutto aliena alla città, abbandonata dalla gran parte dei suoi tifosi. Tribune popolate, a occhio, da ben meno di 3000 spettatori, maglia nera fra le 16 del campionato già contro Pesaro. Certo spettacoli come quello offerto al cospetto di Venezia non aiutano a riconquistare il Red Wall, ma oggettivamente la Serie A in un contesto del genere meriterebbe una cornice più consona.

Intanto, nemmeno il tempo di raccogliere i cocci ed è già tempo di pensare alla prossima cliente, decisamente scomoda: sabato prossimo arriva in Via Flavia Tortona, ed il tempo a disposizione per iniziare a dare ossigeno alla classifica comincia ad assottigliarsi pericolosamente.

(Photo credit: sito ufficiale Pallacanestro Trieste)