“Ma no podeva parlar in Italian quel altro, quel col pizeto, el presidente, che ga anche el cognome za tradoto in triestin? Che quel Prab, là, ga anche i cavei longhi”. Come se non bastassero i 35 gradi all’ombra, la Trieste ormai orfana della galleria chiusa e con la preziosa fetta di torta viennese già digerita da settimane, non trova di meglio da fare che accapigliarsi sul nome scelto dalla proprietà americana della squadra di pallacanestro locale per la nuova campagna abbonamenti, evidentemente poco attraente perché incomprensibile ai più in quanto declinato nella lingua celtica cara ai sudditi della Perfida Albione al grido di “co noi magnavimo porzina e capuzi lori se piturava el muso de blu”.
E dire che, in caso di necessità, un semplice programma chiamato “Traduci”, preinstallato sul Mela iTelefono costato l’equivalente di tre abbonamenti ed utilizzato mediamente solo per vomitare i propri neuroni sulla Faccia Libro, potrebbe correre in aiuto anche del più autarchico fra i tifosi giuliani in cambio del modico investimento di 14 secondi netti del suo tempo. Cosa possa passare in queste ore per la testa di questi ex studenti della scuola d’affari di Wharton (nella colonia indiana della Pennsylvania), che dopo un anno di dovuta diligenza scelsero proprio questo estremo lembo orientale d’Italia per il suo afflato internazionale, per le sue potenzialità di tornare ad essere il fulcro centrale della cultura e dell’economia europea, crogiolo di razze, religioni, lingue e tradizioni, dopo la lettura di un così cospicuo numero dotti ragionamenti, finanche editoriali, su una questione così insignificante è forse meglio non saperlo. Il loro pragmatismo minimalista e per niente ruffiano, che li ha portati a fare calcoli di pura convenienza anche nel declinare una lista di prezzi con pochissimi fronzoli giustificandoli come avrebbero fatto dalle loro parti, non ha fatto i conti con il profondo ed inguaribile provincialismo che permea Trieste nonostante il vestito d’alta moda fattole indossare da chi vorrebbe attrarre ignari investitori nella patria del “no se pol”. Cliché, luogo comune, generalizzazione? Se Rebirth è qualcosa di divisivo, non ne saremmo poi così sicuri. E comunque attenzione, perchè il suddetto pragmatismo li potrebbe portare fra non molto, senza rancori, ad ammettere di aver sbagliato tutto per ricominciare da qualche altra parte.
Di questo passo, quando Ben Rosenzweig (o meglio, Beniamino Ramodirosa), dalla lontana colonia sudista della Georgia, annuncerà “Union, rise up”, la campagna abbonamenti della nuova Triestina americana, sarà meglio chiudersi in casa e mettere i sacchi di sabbia alle finestre.
“Ma po’, cosa vol dir ‘afflato’ ? Mi digo che i scrivi sta roba per insempiar la gente”