Chiacchierata con Lodovico Deangeli, ala del 2000 tornato a Trieste dopo due anni in prestito per fare esperienza in A2. Dopo una prima stagione difficile a Biella, segnata da un infortunio, l’ultimo anno alla corte di Matteo Boniciolli all’APU Udine l’ha spesso visto protagonista in quintetto, con responsabilità crescenti ed ottimi risultati di squadra. L’infortunio di Luca Campogrande ha spinto la società a guardarsi intorno per trovare una soluzione almeno temporanea, soluzione che tutto sommato aveva già in casa: Lodovico non ci ha pensato due volte per accettare l’offerta del suo club, e verrà a giocarsi le sue chance in preseason, in Supercoppa ed almeno fino a quando l’ala titolare non sarà al 100%. Ma l’intenzione non è certamente quella di fare da comparsa: esperienza, fisico, talento ci sono tutti, questo potrebbe essere l’anno della consacrazione per il giovane biancorosso.
Lodovico, sei l’unico nel roster di quest’anno nato e cresciuto nelle giovanili della Pallacanestro Trieste, tranne gli ultimi due anni in prestito hai sempre giocato per questa società. Con la partenza di Andrea Coronica, che in precedenza condivideva con te questa caratteristica, ne raccogli dunque l’eredità: senti un po’ di responsabilità in più?
E’ vero, sono nato e cresciuto a Trieste e, cestisticamente, nella Pallacanestro Trieste. Intanto devo dire che, dopo due anni lontano, prima a Biella poi ad Udine, essere tornato nella mia città mi rende contentissimo. Giocare nella propria città, vestire questa maglia è un orgoglio per tutti, figurarsi farlo in Serie A. Parlando di Coro, in effetti, tralasciando i due anni di esperienza in altre squadre, ne ricalco il percorso. Lui è stato il leader, il simbolo ed il capitano di Trieste per lunghissimo tempo. Rientrare proprio quando lui non c’è più la sento come una grande responsabilità, anche se i nostri percorsi non coincidono totalmente.
Ti rivediamo dal vivo dopo due anni e la prima cosa che salta all’occhio di tutti è la tua struttura fisica, sicuramente più imponente rispetto a quando ti avevamo lasciato due anni fa. Ci hai lavorato in modo specifico?
Sì, intanto a ventun’anni ho smesso di crescere: da quando sono andato via a due anni fa sono cresciuto di un paio di centimetri. E poi, allora pesavo 85 chili, ora ne peso 95. Soprattutto a Biella ho lavorato moltissimo con i pesi, poi a Udine ho fatto un lavoro un po’ diverso che ho continuato con un programma personalizzato al termine dei playoff, e questo è il risultato. Ho un corpo che ora può assomigliare maggiormente ad un giocatore di pallacanestro vero soprattutto nel mio ruolo.
Abbiamo visto sui social della società alcune foto che vi ritraggono al lavoro, specie quello atletico al Grezar che sembra piuttosto impegnativo, con i volti dei giocatori nuovi, specie stranieri, piuttosto affaticati…
In questi primi giorni abbiamo fatto un primo blocco di sette allenamenti, una pausa, e poi altri due doppi allenamenti prima di partire per il ritiro a Lasko. Abbiamo fatto molto lavoro atletico, risveglio muscolare, ostacoli, lavoro sulla sabbia, senza trascurare la pallacanestro senza contatti ma attacchi contro zero molto spinti, con l’assimilazione dei primi concetti di coach Ciani, anche lui nuovo. Sono stati giorni intensi, anche per il gran caldo: ti assicuro che a metà mattina sulla pista di atletica è molto dura, che tu sia in forma o no.
Correre sulla sabbia non deve essere una passeggiata….
Beh, assomiglia più ad un percorso militare. Ma il consiglio dato a tutti da Daniele Cavaliero, che considero un fratello maggiore, è quello di prestare grande attenzione a questa fase iniziale della preparazione, svolgerla il meglio possibile, perché è un lavoro che poi non ci sarà più il tempo di fare quando inizieranno le partite, e dunque il primo mese è come benzina che accumuli per tutto l’anno.
Le ultime due stagioni sono state importantissime per te. In particolare l’ultima, ad Udine, quando hai potuto lavorare con Matteo Boniciolli, il primo coach che ti ha dato grande responsabilità ad alto livello. Qual è stato l’impatto del coach per la tua crescita?
Oltre alla possibilità di stare in campo, cosa che per chiunque, ma soprattutto per un ragazzo giovane è fondamentale e per la quale sarò sempre grato a Matteo, l’aspetto di Udine che mi ha fatto meglio, a parte i risultati ed essere arrivati in fondo sia in Coppa Italia che in campionato è stato quello di poter lavorare con uno staff di altissimo livello, in un gruppo ed un ambiente molto più simile alla Serie A che alla A2. Me ne sto rendendo conto in queste prime settimane qui a Trieste: l’esperienza fatta l’anno scorso è stata molto simile a questa. Aver avuto un ruolo da protagonista in una squadra di così alto livello è una soddisfazione impagabile che mi resterà per sempre.
Cosa ti ha consigliato coach Boniciolli per questa stagione? Ti ha spinto lui ad accettare di fare il grande salto o ti aveva suggerito di continuare a fare esperienza in A2?
Finita la stagione Matteo mi ha detto che, dopo un anno vissuto a così alto livello senza averlo programmato, la società si è ingolosita ed avrebbe avuto l’ambizione di costruire un roster in grado di puntare decisamente alla promozione. In un contesto come questo, il coach mi avrebbe confermato senza esitazione, ma non avrebbe potuto garantirmi minuti, responsabilità ed un impiego come nella passata stagione, e dunque mi ha consigliato di fare un’altra scelta rispetto ad Udine. Poi, quando si è presentata l’occasione per sostituire temporaneamente Luca Campogrande, mi ha detto con grande decisione di non farmela scappare.
Dunque la tua permanenza a Trieste è da considerarsi a tempo fino al rientro dell’ala titolare? Ti piacerebbe comunque rimanere qui anche dopo, da sesto italiano?
Naturalmente mi piacerebbe rimanere tutta la stagione per giocarmi le mie chance, ma ovviamente i matrimoni si fanno in due. Io farò di tutto per dimostrare che a questo livello ci posso stare, pur avendo ancora tanto da imparare. Io qui ci posso stare, indipendentemente da Campogrande, indipendentemente da Cavaliero. Intanto iniziamo, poi vediamo cosa succede. Ovviamente dovrò meritarmelo, ma io ho tutta l’intenzione di rimanere fino a fine stagione.
Dopo questi primi giorni di allenamento, anche se è ancora tanto presto, che impressione hai del roster che è stato creato? Senza spingerti a fare pronostici, ma qual è il livello che pensi la squadra potrà raggiungere?
L’unica vera incognita sono gli americani, mentre gli italiani, anche se sono nuovi a Trieste, sono tutti giocatori conosciuti, bene o male sappiamo cosa aspettarci da loro. L’impressione che ho del gruppo è che tutti siano arrivati con il sorriso, vogliosi di lavorare, di mettersi al servizio dei compagni e del coach. Faccio l’esempio di Banks, che arrivato al primo allenamento al Grezar, sotto il sole della mattina, è stato il primo a mettersi sotto, a lavorare più di tutti, ha fatto le corse, le ripetute, il lavoro sulla sabbia, e questo nonostante il fatto che a 35, quasi 36 anni non abbia certo nulla da dimostrare. Il giocatore che di primo acchito mi ha impressionato di più è Konate: appena entrato in palestra, sembrava un armadio, non ho mai visto un giocatore con questo fisico, sembra fatto di bronzo. E poi è super atletico…. abbiamo fatto un po’ di attacco contro zero, questo quando va su tira giù il canestro, proprio letteralmente: se ci si appende proprio lo rompe.
Avevi mai lavorato con coach Ciani? Conoscevi già il suo metodo di lavoro?
No, è la prima volta che ci incontriamo professionalmente. Ci eravamo incrociati un paio di volte, ma prima di incontrarci sul campo questa estate ci eravamo solo sentiti al telefono. Mi dà l’impressione di una persona estremamente competente, attenta, disponibile al dialogo sempre con il sorriso. Se c’è da fare uno scherzo, non si tira indietro, se c’è da sdrammatizzare o farsi una risata è il primo a farlo. Insomma, un tecnico competente ed alla mano.