La qualità della pallacanestro mostrata sul parquet del Forum dagli uomini di Dalmasson è perfettamente riassunta dalle signorili dichiarazioni di Ettore Messina al termine del match: “Noi siamo un po’ scarichi mentalmente e stanchi fisicamente, avevamo un paio di assenze importanti, ma questo non toglie nulla alla grande vittoria di Trieste, che ha meritato di vincere e probabilmente lo avrebbe fatto anche se noi avessimo avuto una maggiore profondità di roster. L’Allianz ha difeso benissimo, mosso la palla in attacco in modo magistrale e tenuto percentuali altissime. Per cui, noi pensiamo già ad andare a vincere la prossima trasferta, complimenti a Trieste”.
C’è ben poco da aggiungere alle parole dell’ex vice di Popovic a San Antonio: Milano in partenza deve rinunciare a Biligha e Brooks, tiene a riposo Delaney, Punter e l’MVP Leday, e perde strada facendo per un infortunio alla mano il Chacho Rodriguez (che rimane stoicamente in campo, senza incidere) e ad una caviglia Micov (infortunio apparso subito piuttosto grave). La second unit dell’Olimpia è comunque una squadra temibile e lunghissima, che può contare su una coppia strepitosa di pivot come Hynes e Tarczewsky ed una batteria di tiratori guidata dall’inarrestabile Gigi Datome e da Michael Roll. Ma la Trieste del post Covid dimostra di valere ampiamente le “seconde linee” dell’Amani, che fatica le pene dell’inferno per districarsi dalle trappole difensive biancorosse e non riesce, nemmeno con la zona (storica bestia nera per il credo cestistico dalmassoniano) ad arrestare o perlomeno contrastare la clamorosa vena balistica che caratterizza questo incredibile gennaio triestino. L’Allianz sfodera una veloce ed efficace manovra offensiva, ha sempre la calma e la pazienza per arrivare al tiro migliore, non forza mai nemmeno negli ultimi secondi dell’azione, muove la palla con efficaci giochi dentro-fuori e con extra pass che liberano la mano fatata dei suoi tiratori: il Lobito, certo, ma anche Grazulis (altro 4/4 dall’arco per il lettone, sempre più una sentenza in serie A), Alviti (che si sta sempre più meritando una entrata in azzurro dalla porta principale) e di un Doyle più pasticcione rispetto alla prestazione di tre giorni fa contro Varese -sono 4 le palle perse- ma comunque capace di prendersi la responsabilità di scoccare (e segnare) le due bombe che ricacciano indietro Milano nel momento di maggiore sforzo per recuperare e, soprattutto, fa giocare i compagni piazzando la bellezza di 9 assist.
Soffermarsi solo sulle percentuali da fuori per spiegare l’impresa, però, sarebbe fuorviante e riduttivo. E’ la prestazione complessiva a surclassare Milano, e il 118-90 nella valutazione finale è il riassunto di tale concetto. Con la costante costituita dalla regia sicura di Juan Fernandez, Dalmasson dosa in modo attentissimo le rotazioni anche in funzione della pioggia di fischi contrari subiti soprattutto nel primo tempo da parte della fiscalissima terna arbitrale che gravano prestissimo di tre falli i suoi uomini migliori, e trova protagonisti diversi nell’arco dei 40 minuti. L’avvio di Da Ros, ad esempio, autore di due canestri e due assist capaci, per una volta, di evitare il solito inizio ad handicap. Matteo sembra rinato da un mese a questa parte, mostra qualità tecniche ed una clamorosa intelligenza cestistica che non hanno nulla da invidiare ai ben più celebrati avversari (Moraschini?). Il clamoroso terzo quarto di Delia, apparentemente in sofferenza contro due avversari diretti super fisici, ma capace con la grande tecnica di cui è in possesso di sostenere la squadra quando Milano, con il massimo sforzo, era riuscita a rientrare a ridosso dei biancorossi: rimbalzi, canestro più fallo, assist a ripetizione per liberare i tiratori sull’arco: l’argentino sciorina un manuale di basket che probabilmente mina alla base le (poche) certezze dell’Olimpia. Quando viene sostituito da Upson la qualità sotto canestro non ne risente affatto: l’americano paga qualche decina di chili quando viene opposto al doppio pivot avversario, ma ormai è diventato una certezza. DeVonte nei canonici 20 minuti di impiego va nuovamente in doppia cifra tirando con il 75% da due e cattura 5 rimbalzi: esattamente il fatturato che ci si aspetta da lui. Anche Henry, ancora evidentemente indietro, stavolta ci mette intensità e voglia, se non altro pare aver imboccato la strada giusta per tornare ad essere quel giocatore di cui la sua squadra avrà vitale bisogno in vista degli impegni e dei traguardi che ora, una volta alzata definitivamente l’asticella della stagione, attendono Trieste.
Lo sforzo maggiore che attende ora coach e società sarà quello di tenere i piedi per terra ed evitare che la squadra si adagi su un delirio di onnipotenza cestistica che le deriverà dalla soddisfazione di aver battuto di 20 a casa sua una delle migliori formazioni europee e dell’incenso che le pioverà addosso in settimana dai media locali e nazionali. Intanto domenica prossima arriverà in Via Flavia una Brescia sicuramente deludente, nuovamente sconfitta in casa da Treviso nell’ultima giornata ma pur sempre una formazione temibile che peraltro aveva superato i biancorossi all’andata con un’ottima prestazione. E poi, sotto con le Final Eight di Coppa Italia. L’Allianz, la cui qualificazione solo un paio di settimane fa aveva fatto gridare a tutti al miracolo, ci arriverà invece da mina vagante, con le vesti della squadra che nessuno vorrà affrontare, sicuramente non una Brindisi menomata dall’assenza quasi certa del suo leader Harrison. Questa Trieste, a questo punto, può provarci.
Con una prestazione sontuosa l’Alllianz vince a Milano
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