L’esempio.
I nostri ragazzi hanno bisogno dell’esempio. E sì, della memoria, della conoscenza, del privilegio di imparare a stare al mondo, prima ancora che sul campo, da uomini straordinari che hanno portato sulle proprie spalle l’onere ed il coraggio di percorrere le difficoltà della vita prima di loro, a testa alta, contro tutto e tutti. Per imparare a giocare a calcio c’è tempo, e peraltro l’aspetto tecnico è secondario, specie quando le probabilità di riuscire a vivere del proprio talento sportivo sono infinitesimali.
I ventenni di oggi hanno un disperato bisogno di imparare a vivere. Di imparare e metabolizzare il valore della storia, della legalità, dell’onestà, della lealtà, della fiducia nel prossimo, nel loro futuro ed in quello del loro Paese. Solo così potranno sperare di diventare, se ne avranno le capacità, grandi campioni, perché sono valori che invariabilmente, se posseduti, si rispecchieranno in modo vincente anche sui campi di gioco.
Le scelte tecniche della squadra che porta il nome della città di Trieste in Italia non sono affar nostro, peraltro non abbiamo capacità sufficiente per giudicarle, né è nostra intenzione provarci. Ma l’ondata di indignazione, soprattutto morale, che si è scatenata sulla società per aver deciso di affiancare ai propri giovani qualcuno che, per la propria storia di vita, quell’esempio lo fornisce in modo perlomeno discutibile, dovrebbe far riflettere. E soprattutto, proprio quando temevamo di averla perduta per sempre, ci ridona speranza nell’unanimità.
Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così. Solo che, quando si tratta di rimboccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare
Giovanni Falcone