(Photo credit sito ufficiale Pallacanestro Trieste)
Pallacanestro Trieste-UEB Gesteco Cividale 86-79
Pallacanestro Trieste: Bossi 3, Filloy 11, Rolli ne, Reyes 16, Deangeli, Ruzzier 7, Camporeale ne, Campogrande 21, Candussi 19, Vildera 0, Ferrero 0, Brooks ne. Allenatore: J. Christian. Assistenti: M. Carretto, F. Nanni, N. Schiltzer
UEB Gesteco Cividale: Marangon 14, Redivo 18, Miani 10, Rota 14, Furin 2, Bartoli 2, Baldares ne, Baldini ne, Berti 3, Cole 0, Dell’Agnello 16. Allenatore: S. Pillastrini. Assistenti: F. Vecchi, A. Zamparini.
Parziali: 19-15 / 23-20 / 24-22 / 20-22
Progressivi: 19-15 / 42-35 / 66-57 / 86-79
Secondo derby consecutivo, stavolta in versione “prima assoluta” per gli splendidi Ducali di coach Pillastrini, stesso risultato: Trieste conquista anche questi due punti, missione indispensabile in funzione classifica, ma contro Cividale, a differenza del “one shot game” contro Udine, lo fa mostrando evidenti progressi in ognuno dei difetti strutturali finora evidenziati in questo campionato. La squadra di coach Christian difende bene, con Deangeli e Campogrande riesce nella missione di limitare per gran parte dei quaranta minuti il terminale offensivo principale degli avversari, un Lucio Redivo che a parte un paio di fiammate (con conseguente break a favore della sua squadra) non riesce ad incidere in modo decisivo sulla partita. Certo, la squadra triestina deve migliorare ancora nel tagliafuori difensivo, dal momento che permette agli avversari di conquistare ben 15 rimbalzi offensivi (che costano 14 punti), ma lo fa soprattutto nella prima parte di gara, serrando le fila nell’ultimo decisivo quarto, durante il quale non concede a Cividale nemmeno una seconda chance. Trieste, in compenso, difende ottimamente sul perimetro, dove è costantemente in anticipo sul tiratore, e lo fa ancora meglio sotto canestro, dove fa valere in modo evidente la sua superiorità in termini di chilogrammi e centimetri, ma anche di tecnica, soprattutto quando a dominare nel pitturato è Francesco Candussi, un po’ meno quando Christian fa rifiatare il suo centro titolare o quando si priva per qualche minuto di lunghi di ruolo.
Trieste stavolta è letale anche in attacco: segna solo 12 punti sfruttando quella che vorrebbe essere la sua arma preferita, la transizione, però finalmente si sblocca da oltre l’arco. Quando tiri con il 51% totale, tendando 21 volte da 2 (quasi sempre da sotto canestro o comunque dal pitturato) e ben 40 volte da tre, violando la retina nella metà di questi tentativi, è probabile, se non certo, che la partita la porti a casa, volente o nolente. Piace il fatto che la quasi totalità dei tiri da oltre l’arco arrivino con conclusioni ben costruite, in uscita da blocchi o grazie ad extra pass sull’angolo con il tiratore completamente libero. Quando può sfruttare tiri aperti, che non arrivano alla ricerca disperata di una conclusione per non morire con la palla in mano, Trieste tendenzialmente la mette dentro. Rimane però la difficoltà a trovare conclusioni credibili negli ultimi 5-8 secondi di ogni azione: quando Trieste è costretta dalla difesa avversaria o dalla propria incapacità di sfruttare il piano primario a prolungare il possesso, va quasi sempre in difficoltà, diventa cervellotica e frenetica, finisce addirittura un paio di volta con la palla in mano al playmaker al ventiquattresimo secondo.
Se attacco e difesa migliorano a vista d’occhio, però, rimane purtroppo evidente che la squadra di coach Christian non riesca ancora nell’impresa di eliminare il difetto che la accompagna pericolosamente (ed in alcuni casi in modo letale per il risultato) dall’inizio del campionato: l’incapacità di uccidere le partite, quello che Michael Arcieri in sala stampa definisce per l’appunto “mancanza di killer instinct”: dopo un inizio difficile, con avversari indiavolati, che partono a razzo sospinti dalle centinaia di correttissimi supporter giunti in via Flavia, Trieste ne prende le misure, zoppica un po’ nel primo quarto, poi prende decisamente il comando delle operazioni nel secondo, alzando ritmi, colpendo da lontano, non permettendo a Cividale di arrivare a conclusioni facili costringendo gli avversari a tentare di concludere a canestro negli ultimi secondi di azione. Dominio che si trasforma in breve tempo in 14 punti di vantaggio, con l’inerzia totalmente in mani biancorosse. Ma, come sempre, la squadra si pianta sul più bello. Comincia a ragionare troppo in attacco, e quando lo fa tendenzialmente pasticcia. La squadra di Pillastrini, dal canto suo, è conosciuta per non mollare mai. Il giovane Marangon guida la riscossa, coronata da un paio di triple di Redivo, ed i friulani riaprono totalmente la contesa per una prima volta, chiudendo il primo tempo sotto di soli 7 punti. Il terzo quarto si apre con lo stesso mood arrembante degli ospiti, che arrivano in breve ad un solo possesso di svantaggio. Trieste, almeno, stavolta reagisce. Troppo ampio il gap di esperienza fra i giovani di Pillastrini e gente come Ferrero, Filloy e Ruzzier, troppo stridente la differenza di esplosività e verticalità fra Miani, Rota e Justin Reyes, per non portare ampio fatturato. Trieste si riprende un vantaggio in doppia cifra ma, di nuovo, subisce la reazione ospite che perlomeno limita i danni. Ma è nell’ultimo quarto che l’incapacità di conquistare due punti tranquilli emerge evidente: prima 75-60 con la gente a celebrare la probabile vittoria, poi 81-67 a quattro minuti dalla fine dopo una stordente tripla di Campogrande in uscita da un blocco, un catch and shoot eseguito in mezzo secondo che sembra, per una volta, uccidere la partita. Uccidere? Non se ne parla. Due minuti dopo è 81-77, con Redivo, Rota e Marangon affetti da delirio di onnipotenza che puniscono chirurgicamente una Trieste che improvvisamente diventa svagata, deconcentrata, che perde banalmente palloni sanguinosissimi e sbaglia un paio di layup elementari con Vildera e lo stesso Justin Reyes. C’è ancora partita, c’è ancora rischio, c’è ancora paura di un altro finale in volata che potrebbe essere deciso, come sette giorni prima, da un episodio più o meno casuale. Gli dei del basket, però, premiano la squadra che più ha meritato: Trieste chiude la porta e sta attentissima a non subire triple facili, e sotto canestro è troppo superiore, specie con Candussi e Reyes, per concedere attacchi al ferro non contrastati. Rota e Redivo sono costretti a forzature, i rimbalzi sono preda del portoricano biancorosso, che va a catturarli trenta centimetri sopra il ferro. Lo stesso Reyes da sotto e Francesco Candussi con una tripla dall’angolo mettono il punto esclamativo e la parola fine ad una partita che avrebbe potuto (e dovuto) essere molto più semplice. Certo, il merito di aver dato vita ad una partita divertente e godibile, aperta e veloce, è degli ospiti gialloblù, che nel loro DNA hanno l’incapacità di arrendersi anche in situazioni pesantemente compromesse. Ma proprio per questa loro caratteristica, gli uomini di Pillastrini andavano messi in un angolo definitivamente senza alzare il piede dall’acceleratore a quattro minuti dalla fine.
Non dispiace questa squadra priva per un lieve infortunio di Eli Brooks. L’assenza dell’esterno americano si traduce in un discreto minutaggio per Stefano Bossi, che con maggior responsabilità sulle spalle risponde presente anche quando gli vengono assegnate in esclusiva le chiavi della squadra. Chiavi che contro Cividale sono saldamente nelle mani di Michele Ruzzier, che al netto di un paio di incomprensioni quando tenta di far giocare i compagni sotto canestro, dimostra che il suo ruolo è quello di playmaker, molto meno quello di guardia: 11 assist e 20 di valutazione finale per lui, esatta fotografia della sua prestazione. E’ la partita dei triestini: anche Lodo Deangeli, confermandosi in difesa una rogna per qualunque attaccante avversario, stavolta si esibisce in una prestazione offensiva da 4 su 5 da due, 1 su 1 da tre e 3 su 4 dalla linea dei tiri liberi, prendendosi inaspettatamente iniziative prepotenti attaccando il ferro e diventando un inaspettato fattore anche in fase realizzativa. Altro pilastro della vittoria triestina è la multidimensionalità di Francesco Candussi, ancora limitato dai falli ma capace di far ammattire i difensori friulani colpendo in modo precisissimo sfruttando il suo marchio di fabbrica, un gancetto da due metri che segnerebbe anche bendato, ma facendosi trovare libero, in ritmo e piedi a terra anche oltre i 6.75. Sua la tripla finale della sicurezza, un vantaggio strategico che contro squadre meno attrezzate sotto canestro come Cividale fa la vera differenza.
Ciò che però piace di più è la risposta alla domanda che in molti si sono fatti dopo le prestazioni mostruose prima di Reyes, poi di Filloy: in molti, aggiungendo l’aureola alle effigi dei due, affermavano che in assenza di tali prestazioni, isolate e difficilmente replicabili, la squadra avrebbe perso le relative partite e avrebbe probabilmente fatto fatica anche in quelle a venire. In realtà, partita dopo partita i protagonisti sono sempre diversi, il roster profondo riesce a donare la possibilità di distribuire responsabilità in modo omogeneo e costante, trovando sempre uno o due giocatori in grado di risolvere le situazioni anche più pericolose. Contro Cividale tocca a Luca Campogrande, ma c’è da aspettarsi l’esplosione di gente come Ferrero, Brooks o Ruzzier, finora piuttosto latenti in quanto al ruolo di match winner.
Intanto, come prevedibile, in una giornata priva di scontri diretti, in testa vincono tutte tranne Verona, che incappa in una sconfitta sul difficile campo di Piacenza (tutt’altro che banale andare a vincere in Emilia, la vittoria di Trieste di due settimane fa è conseguentemente di grande valore). Superata la fase più complicata del campionato, e forse anche la fase involutiva più pericolosa del gioco triestino, la squadra di Christian è ora attesa da un ciclo di impegni che inizia ad essere fondamentale portare a casa: domenica prossima è in programma la trasferta sul campo dell’ultima in classifica Rimini, poi lo scontro casalingo con la forte Forlì per chiudere il girone d’andata. Seguiranno quattro partite abbordabili ad Orzinuovi, in casa con Chiusi, a Nardò ed in casa con Cento. Se Trieste, che dichiara di voler arrivare all’apice della forma al termine della stagione regolare, vorrà arrivare alla fase ad orologio evitando trasferte “impossibili” su campi difficilissimi come Cantù, Treviglio o Torino, sarà costretta a cominciare a fare attenzione anche alla classifica evitando di perdere punti inaspettati, considerando che nel girone di ritorno dovrà andare a far visita a Bologna, Udine e Forlì.