Nessuna crisi di rigetto, nessun contraccolpo dopo la reazione emotiva agli infortuni ed alle continue difficoltà che si era tradotta nella straordinaria vittoria su Treviso. Nella giornata nella quale l’intera comunità, con la squadra in prima fila, si stringe attorno ai familiari della spettatrice deceduta in seguito ad un malore accusato in palazzetto giusto una settimana prima, presenti in prima fila al PalaTrieste, la squadra biancorossa è ancora priva di 2/5 di quintetto base (nonostante l’apparizione a referto di Denzel Valentine, poi rimasta solo sulla carta, avesse illuso più di qualcuno per qualche minuto) ma decisamente non si nota affatto. La capacità di questa squadra, morale ancora prima che tecnica, di ricompattarsi trovando partita dopo partita nuovi equilibri, nuove gerarchie e distribuzione meticolosa delle responsabilità, probabilmente non ha eguali in tutta la Serie A di quest’anno. Mancano due solisti finalizzatori che attirano su di loro le attenzioni di ogni difesa avversaria creando autostrade per i compagni? Ok, giochiamo di squadra, non lasciamo prevedere chi metteremo in ritmo, chi libereremo sul perimetro, chi cercheremo spalle a canestro, chi isoleremo per l’uno contro uno. Abbiamo la necessità di ricreare la produzione di punti, una trentina se va bene, che solitamente fatturano Valentine e Ross? Beh, nel gioco della pallacanestro lo scopo è quello di segnare almeno un punto più dell’avversario, e dunque è sufficiente elevare a dismisura la pressione difensiva, l’organizzazione nel back court fatta di continui aiuti, di raddoppi sistematici, di attenzione ad evitare il pick and roll, di show dei lunghi che escono sulla linea da tre punti ad impedire a Mashuni e Gray di ricevere palla in ritmo e piedi a terra. E poi, di capacità di comprendere ed anticipare il pensiero dell’avversario, ed in ultima analisi di una ferocia agonistica che induce a difendere mani addosso costantemente sul filo del fallo per fare in modo che una squadra che solitamente realizza 84 punti a partita si fermi a 73, compiendo così tre quarti dell’opera. Anche perchè, dall’altra parte del campo, una Givova la cui lunghezza e determinazione forse erano state sopravvalutate alla vigilia, non è in grado di fare altrettanto (tranne nei fugaci minuti iniziali del primo quarto), dimostrando di soffrire tantissimo la distribuzione chirurgica e la varietà delle soluzioni offensive biancorosse. Del resto il direttore d’orchestra, unico rimasto in dotazione a Jamion Christian ma su livelli di rendimento che dieci anni fa gli avrebbero garantito il quintetto base in azzurro anche agli Europei, nei 34 minuti trascorsi sul parquet è letteralmente il classico bignamino “Playmaker for dummies”: Michele Ruzzier, a 32 anni, fa sembrare semplice ogni soluzione, gestisce i ritmi con il metronomo installato nel cervello, trova i compagni fiutandone il momento e la convinzione più che il posizionamento (Jayce Johnson e Francesco Candussi, fra gli altri, ne beneficiano a turno), si ricorda che ok, va bene far segnare poco gli avversari, ma bisognerà pur metterla dentro all’altra estremità del campo, e quindi si mette sempre più spesso in proprio, tornando ad essere anche il realizzatore che si era scoperto essere durante la cavalcata vincente della passata stagione. Ma, stavolta, non più contro mediocri mestieranti o ragazzini di A2, bensì contro esterni americani e ragazzi nel giro della nazionale. La sua tripla a fil di sirena nel terzo quarto (lo aveva già fatto da posizione impossibile contro Treviso a fine primo tempo, e dunque non è certo un caso) è probabilmente l’azione che piazza la mazzata definitiva sul morale della squadra campana.

Nell’ennesima serata senza go-to-men designati, un bottino di punti consistente ed un tabellino popolato da statistiche in doppia cifra sarebbe stata l’aspettativa logica per la prestazione di Markel Brown: se, però, il leader atteso si ferma a cinque punti e si vince comunque di tredici, significa che la squadra è ormai in grado di mettere in atto in corso d’opera scelte tecniche alternative che non necessariamente sono le stesse nell’arco dei 40 minuti. Quando Trieste finisce sotto di dieci nel secondo quarto, è un quintetto privo di entrambe torri a permettere il 12-1 che le ridona la conduzione delle operazioni: la versione small ball con Jeff Brooks, Jarrod Uthoff e Sean McDermott coadiuvati a tratti da un Justin Reyes sempre reattivo ma un po’ più confusionario del solito, è devastante in difesa e letale in transizione, ed è la chiave della la riscossa che instilla il primo tarlo nella testa di avversari che si erano inizialmente illusi di poter giocare perlomeno una gara punto a punto provando magari a buttarla in bagarre. Gli esterni triestini mostrano una pulizia tecnica top level, che giocatori che basano sull’istintività condita da un po’ di talento le loro prestazioni come Gray e Mixhuni non sono nemmeno lontanamente in grado di eguagliare. Oltre a ciò, Trieste mostra estrema dedizione nella difesa “a metà campo”, quella che le permette di impedire facili contropiede (che in un paio di volte si sono conclusi con una stoppata da parte del difensore triestino rientrato ad impedire canestri praticamente già fatti). Ed inoltre, la cattiveria di Sean McDermott nell’impedire ad Andrea Cinciarini nell’esibirsi nella specialità della casa, l’assist per il compagno meglio posizionato, innervosisce il playmaker titolare di Ramondino, tagliando alla squadra la quasi totalità dei rifornimenti. E’, anche, la fase nella quale il pubblico fiuta il momento e comprende che diventa indispensabile veicolare tutta l’energia di cui è dotato sul parquet. La squadra la assorbe, ne viene quasi sollevata e sospinta, le energie mentali vengano metabolizzate in energia fisica, gli avversari ne vengono annichiliti.
Compiuto il capolavoro del rientro-lampo dallo svantaggio in doppia cifra ben prima di andare negli spogliatoi, il terzo quarto torna ad essere terreno di caccia per i lunghi: da un lato Pinkins e Jovanovic non riescono letteralmente mai ad avvicinarsi al ferro, e quando lo fanno vengono brutalizzati anche dai piccoli, dall’altro lato prima Johnson e poi Candussi infilano una striscia stordente (il primo da sotto, dove è sempre più dominante dal punto di vista fisico, il secondo soprattutto da fuori) che tengono Scafati costantemente ad una distanza che fluttua fra i due ed i tre possessi. Non sono, però, solo i due lunghi triestini a determinare il dominio assoluto sotto il ferro: Trieste conquista 43 rimbalzi (15 più degli avversari) senza che nessuno, tranne Jeff Brooks, riesca ad andare in doppia cifra nella voce statistica. Di più, ben 16 di questi sono rimbalzi offensivi, e costituiscono esattamente la metà dei tiri sbagliati da Trieste. In altre parole, nel 50% delle occasioni nelle quali i biancorossi falliscono una conclusione, riescono a rimediare con seconde e talvolta terze chance: nessuna squadra avversaria, davanti a numeri simili, può pensare di venire a vincere in trasferta al Palatrieste.
Ed infine, gli esterni tornano ad essere protagonisti nel quarto decisivo, quando la gestione del cronometro inizia a far parte integrante della costruzione della vittoria, con tanti minuti importanti concessi a Lodo Deangeli, che risponde con un sontuoso rendimento difensivo, divertendosi anche a venir pescato al momento giusto nel posto giusto con i giri giusti dal compagno di lungo corso Michele Ruzzier. La costante fra le due versioni triestine è un Jeff Brooks monumentale, un all around capace di dar fiato a Ruzzier portando su palla così come di giostrare spalle a canestro, di tirare da tre punti così come di posizionarsi perfettamente per catturare il rimbalzo in attacco di rimproverare così come di incoraggiare i compagni. La doppia doppia da 11 punti e 10 rimbalzi lo rendono, per l’ennesima volta, il match winner della serata. La sua esperienza infinita declinata a vantaggio della squadra è probabilmente il più grande valore aggiunto, forse quello realmente indispensabile per Jamion Christian, che a domanda specifica risponde con un disarmante quanto eloquente “che volete che vi dica… Jeff sa giocare a pallacanestro”. Lo andiamo ripetendo da mesi, da prima che inizi il campionato: a 36 anni l’italiano d’America è un patrimonio cestistico restituito all’intera Serie A. A proposito di Jamion Christian, last but not least, il coach americano ed i suoi collaboratori hanno ormai raggiunto una sintonia che rasenta la perfezione. Comprendono i loro uomini e le loro caratteristiche, sono capaci di declinarle in funzione delle situazioni, anche le più difficili e disperate, studiano le avversarie preparando piani partita che sono in grado di adattare in corso d’opera, centellinano le rotazioni e dosano le forze dei leader superstiti in modo da poterli riavere tutti al top quando più conta. Da Cenerentolo spaurito nel settembre 2023 a possibile candidato a coach dell’anno in Serie A: naturalmente manca ancora la parte più importante della stagione il cui esito farà tutta la differenza del mondo, ma la capacità di adattamento mostrata in così poco tempo da un uomo che contro tutto e tutti era stato scelto a sorpresa da un GM visionario lo rende di per sé stesso l’allenatore più ammirato della massima serie.
Come ampiamente prevedibile, nessun aiuto arriva dagli altri campi: Venezia approfitta del hara-kiri di Sassari e vince in volata per la seconda settimana di seguito, rimanendo così a fare da pericolosissima nona incomoda nella corsa ai playoff. Vince all’overtime anche Tortona, che approfitta delle nefandezze di una Varese che era avanti di sei punti a un minuto e mezzo dalla fine. Vince anche Milano, recuperando 15 punti di svantaggio a Treviso, senza però che questa costituisca una sorpresa. Trapani si impone a Reggio Emilia conservando quattro punti di vantaggio su Trieste in vista della terza sfida stagionale fra le due neopromosse in programma sabato prossimo, ma consentendo almeno a Trieste di raggiungere gli Emiliani sopravanzandoli in classifica al sesto posto. Senza storia la vittoria di Brescia a Pistoia (che non può certo ripetere miracoli sportivi ad ogni partita), mentre Virtus e Trento si sfideranno nel Monday Night Game.
In Sicilia Trieste si presenterà certamente senza Colbey Ross, c’è qualche (ridotta) speranza nel veder rientrare Valentine, che perlomeno non pareva sofferente durante lo shootaround prima del riscaldamento pre partita. Ma, ancora una volta, non è affatto importante chi non salirà sull’aereo venerdì mattina: è molto più importante, invece, chi su quell’aereo -chiunque sia- ci salirà.

I risultati del ventunesimo turno
Cremona-Napoli 94-85
Sassari-Venezia 96-97
Tortona-Varese 89-82 1ot
Pistoia-Brescia 84-97
Milano-Treviso 90-80
Reggio Emilia-Trapani 89-94
Bologna-Trento 10/3/2025
Trieste-Sacafati 88-75
La classifica
1.Brescia 32
2.Trento 30*
3.Bologna 30*
4.Trapani 30
5.Milano 28
6.Trieste 26
7.Reggio Emilia 26
8.Tortona 24
9.Venezia 22
10.Treviso 16
11.Sassari 14
12.Scafati 12
13.Varese 12
14.Cremona 12
15.Pistoia 10
16.Napoli 10