Inevitabile, si potrebbe dire. La sequenza di risultati negativi della Triestina, sequenza interminabile, non poteva che portare alla decisione assunta nel dopo partita contro il Trento, cioè la rinuncia del tecnico a continuare a stare sulla panchina degli alabardati.
Evidentemente, anche Pavanel, che per amore della maglia, le ha provate tutte, aveva raggiunto il limite perchè, con questo gruppo di giocatori, decisamente insensibili ad ogni possibile stimolo, non c’era altra soluzione.
Spiace per il cuore alabardato di Pavanel, per la generosità del tentativo che, giornata dopo giornata è apparso sempre più disperato, ma con la non prestazione contro il Trento la parabola discendente della compagnia alabardata aveva raggiunto propio il punto più basso ammissibile.
Pavanel, che già deve aver perso dieci anni di vita a struggersi per non esser riuscito a modificare un andazzo fin troppo ben segnatoi, ha preso, forse con qualche settimana di ritardo, la decisione inevitabile.
Ora la palla passa nuovamente alla società che brilla per l’assenza dei vertici e per la incomprensibile e cocciuta convinzione di poter cambiare le cose con un “tourbillon” di arrivi e partenze senza esser capace di ammettere di aver sbagliato tutto.
Intanto, a tre giorni dalla prossima partita sul campo della Virtus Verona, la squadra non ha guida tecnica, con giocatori che preferiscono autoescludersi dalla rosa pur di scapparsene via e con altri che, probabilmente, al pensiero di dover giocare hanno come minimo il mal di pancia.
Brutta, orrenda situazione da cui sembra ben difficile uscire in un campionato talmente mediocre che, pur perdendo, non condanna ancora la formazione alabardata a niente di irreparabile, anche se la fine sembra piuttosto vicina.
Ma in questi casi viene incontro l’iconografia calcistica che dice che, finchè la matematica non condanna…