Le impressioni del giorno dopo
Seconda vittoria in sei giorni contro Trento per il team di coach Ciani, ma sono due partite profondamente diverse, al termine di una settimana che ha rimescolato un po’ le carte, abbattuto qualche certezza (peraltro labile), cementato qualche prima impressione e dato alcune sentenze ben delineate.
Innanzitutto, davanti c’è un’Aquila Trento ben più competitiva di quella slegata ed affidata al talento dei singoli ammirata all’esordio. Coach Molin ha messo a frutto i due match ravvicinati, e persi, per mettere a punto qualche automatismo offensivo ed aumentare la pressione difensiva: ne esce una partita che di pre season ha ben poco, equilibrata, combattuta, fisica, con continui strattoni immediatamente riassorbiti da una parte e dall’altra. Certamente entrambe le squadre hanno ancora ampi margini di miglioramento, ma pur non essendoci in palio un trofeo particolarmente prestigioso (sebbene si tratti della classica partita “dentro o fuori”) nessuno ci sta assolutamente a perdere, e dunque fra banali turnovers, percentuali al tiro talvolta deficitarie, qualche giocatore lontano anni luce da una condizione decente, ne esce comunque una partita godibile a beneficio dei pochi intimi che hanno scelto di acquistare un biglietto sfidando l’orario inconsueto in un giorno feriale.
Il bicchiere mezzo pieno…
Trieste, come già successo contro il Mitteldeutscher a Lasko, a Trento e, in modo incompleto e tardivo, ma pur sempre evidente, contro Derthona lunedì scorso, dimostra carattere nel reagire alle sfuriate avversarie. E’ in grado di ricomporre break anche importanti con calma e razionalità anche quando finisce sotto dopo aver a lungo condotto o dopo essersi vista riassorbire vantaggi in doppia cifra. Contro Trento mostra anche sangue freddo nei momenti cruciali del match, ritrovando precisione al tiro da parte di chi è stato preso per essere proprio il terminale in frangenti di questo tipo pur al culmine di una partita non particolarmente brillante: se le due bombe di Adrian Banks e quella di Fernandez sono solo conferme da parte di giocatori che già in passato si sono più volte rivelati delle sentenze, la freddezza di Fabio Mian è la notizia più confortante della serata, ed aggiunge certezze ad un arsenale piuttosto rifornito.
Rassicura anche la tenuta del reparto lunghi, in grado di togliere qualsiasi punto di riferimento agli avversari: coach Ciani può far ruotare quattro lunghi con infinite combinazioni senza togliere qualità al gioco. In particolare, la soluzione inedita è costituita dall’utilizzo contemporaneo, nel decisivo ultimo quarto, dei due numeri quattro (un ottimo Lever, che gioca da veterano, ed il determinante Grazulis), rinunciando sia al fantasma di Delia che all’esplosività di Sagaba Konate, in parte per adattarsi al gioco avversario, in parte al fine di ampliare la gamma di soluzioni offensive. Ciani in sala stampa preannuncia la possibilità, sulla quale sta lavorando, di vedere in campionato anche un quintetto con due numeri cinque, e questa sarà una soluzione decisamente inedita per Trieste almeno nelle ultime tre stagioni. Inoltre, sebbene non sia stato utilizzato nella quarta frazione, Sagaba Konate si conferma un punto di riferimento imprescindibile nel pitturato ben al di là di quanto dicano le pur positive statistiche (contro Trento aveva realizzato quasi una doppia doppia da 12+8 in 13 minuti nel primo tempo prima di essere fatto accomodare a lungo nella seconda frazione): la sua devastante esuberanza atletica eclissa gli evidenti limiti tecnici lontano da canestro, crea spazio per i compagni, intimidisce gli avversari che tentano improvvide avventure in mezzo all’area o addirittura osano attaccare il ferro, ed ha anche senso della posizione a rimbalzo. Potrebbe realmente dimostrarsi, assieme ad Alessandro Lever, la sorpresa più positiva del mercato estivo biancorosso.
In regia, prosegue il processo di ambientamento di Corey Sanders, che limita le palle perse in modo banale, detta i ritmi alla squadra (evidentemente più ragionati rispetto al solito, probabilmente in esecuzione del piano partita), quando parte in uno contro uno crea sempre situazioni di vantaggio, è di gran lunga più efficace se sfrutta la sua esplosività ed il suo equilibrio quando attacca il ferro, mentre rimane ancora troppo timido nel tiro da fuori anche quando si creano le condizioni per conclusioni piedi a terra e metri di vantaggio: evidentemente non si fida ancora del suo tiro da lontano, ed in effetti la sua meccanica non è esattamente qualcosa che si possa trovare nei manuali di basket.
Il tabellino alla fine del ritorno contro Trento mette infine in evidenza un ulteriore dato positivo: sono ben 7 i giocatori biancorossi in doppia cifra, ed è perciò evidente come in momenti diversi del match ognuno dei giocatori messi impiegati abbia portato il suo importante contributo con una distribuzione piuttosto omogenea delle rotazioni e delle responsabilità.
…quello mezzo vuoto…
Trieste lamenta ancora qualche giocatore lontanissimo da una forma accettabile: Marcos Delia ha approfittato, nei primissimi giorni del ritorno a Trieste, delle residue energie accumulate per la trasferta giapponese con la sua Nazionale. Esaurite quelle, e non avendo svolto con i compagni la preparazione atletica delle prime settimane, allo stato attuale è in riserva fissa, con il rischio concreto di impiantarsi per strada. Vedere un giocatore di 209 cm farsi stoppare 4 volte in due partite da giocatori ben più piccoli di lui è uno spettacolo inconsueto, così come la scarsa reattività a rimbalzo, l’imprecisione ai tiri liberi ed nel tiro da vicinissimo, ed in generale la scarsa incisività nelle spaziature nel pitturato. E’ necessaria, per lui, ancora un bel po’ di pazienza. Da recuperare in parte anche i veterani Fernandez e Cavaliero, che hanno bisogno della loro migliore efficienza fisica per poter dare ciò che ci si aspetta da loro.
Abbiamo collocato Sanders nella metà piena del bicchiere perché il giocatore ha ancora ampi margini di miglioramento, specie se avrà l’intelligenza di affidarsi alle cure dello staff tecnico biancorosso ed in particolare a quelle di Marco Legovich. A quanto pare la disponibilità del giocatore non manca, anche per lui servirà però ancora un po’ di tempo, ma mancano ancora due settimane alla sfida inaugurale contro Brindisi e comunque le spalle nel ruolo sono, per il momento, coperte. Preoccupa, però, la sua tendenza a rinunciare ai tiri comodi: se questa timidezza dovesse far parte del suo DNA, si trasformerebbe in un’arma spuntata di cui la squadra non avrebbe particolare bisogno.
57 palle perse in tre partite: è un dato che si commenta da solo. E’ evidente che Ciani & co. dovranno lavorarci, anche se ci potrebbero essere più concause fisiologiche, a partire dalle tossine accumulate nelle prime settimane che tolgono lucidità nei momenti più concitati e dalla chimica di gruppo ancora da affinare specie su un asse play-pivot quasi totalmente rinnovato o con il terminale spuntato e poco reattivo. Di certo sarà necessaria maggiore attenzione ai particolari perché in queste prime tre partite gran parte dei turnovers, specie quelli più banali a metà campo, si sono invariabilmente trasformati in due punti facili per gli avversari.
…e poi c’è Adrian Banks
E’ una bella sorpresa, questo Banks. Non tanto per le prestazioni, evidentemente ancora influenzate da una forma fisica da recuperare dopo i giorni passati in isolamento per la positività al Covid, e limitate dalle cure speciali alle quali è stato sottoposto sia nelle due sfide contro Trento (specialmente la seconda) sia contro Tortona. Non è nemmeno per la sua freddezza nei momenti importanti delle partite: non è certo il tipo di giocatore che rinunci a prendersi la responsabilità del tiro decisivo dopo aver sbagliato quasi tutti quelli tentati precedentemente, ma questo si sapeva già, ed in particolare Trieste lo sa bene per averlo sperimentato anche a sue spese. A sorprendere in positivo è, invece, la sua capacità di smentire tutti coloro che gli attribuivano caratteristiche da accentratore, innamorato delle statistiche personali, un egoista poco incline ad adeguarsi al piano partita. E’ evidentemente il destino dei più forti, quello di attrarre critiche soprattutto da parte di chi non li conosce bene, o li teme dovendoli affrontare da avversari. Banks, al contrario, si sta dimostrando disponibile ed attento, è capace di sacrificarsi con più di 30 minuti di difesa intensa ed intelligente. Quando intuisce che le polveri bagnate e la pressione difensiva avversaria non gli permetterebbero eclatanti exploit personali fa giocare la squadra, piazza assist, incita i compagni, fa l’allenatore in campo mettendo la sua esperienza a disposizione dei più giovani o dei nuovi arrivati. E poi, naturalmente, sfrutta la sua intelligenza cestitistica quando serve: il fallo di sfondamento subìto quando difende da solo sul contropiede contro due avversari è quasi irridente, o la scaltrezza nel raccoglie un paio di palloni dalla spazzatura negli ultimi due minuti mettendoli dentro da oltre l’arco senza nemmeno pensarci sono perle che lo rendono, volente o nolente, un leader naturale. Che poi abbia un caratteraccio fuori dal campo, che sia impegnativo gestirlo nelle sue pretese o nei suoi capricci in termini contrattuali non è cosa che riguardi chi ne commenta le prestazioni nei 28 metri di parquet: noi siamo evidentemente i più fortunati, e ci sta bene così…