Che campionato sarà
A mercato praticamente concluso ovunque, analizzando i roster a disposizione delle 24 iscritte al prossimo campionato di A2, appare evidente in tutta la sua drammaticità come fra LBA e seconda serie sembra frapporsi una voragine ben più marcata rispetto ad una sola categoria di differenza. Un gap che parte naturalmente dalla composizione delle squadre, per otto decimi costituite da italiani, aspetto che si trasforma in un clamoroso deficit di velocità, talento, fisicità e spettacolarità, anche al netto del fatto che non sempre in Serie A arrivino stranieri di livello eccezionale. Potremmo aggiungere che, a fronte di alcune piazze storiche con progetti importanti ed altre particolarmente ambiziose, la media dei club appare di piccolo cabotaggio, con gestioni appena sopra (o subito sotto) la soglia di sopravvivenza. Qualcuna sceglie di rimanere addirittura senza stranieri, con la prospettiva di un campionato nel quale a giocarsi realisticamente la promozione rimangono pochissime realtà incalzate da un manipolo di outsider. Nel quale -a fronte di cinque o sei partite di cartello fra stagione regolare e fase ad orologio- si dovrà assistere a molte partite senza storia e con scarsa attrattiva dal punto di vista tecnico e spettacolare. Nel quale, infine, le sorprese -sebbene mai da escludere- costituiranno una rara eccezione, e quindi potranno sparigliare pronostici, rovinare piani, rallentare progetti.
Di certo la presenza sulle panchine della seconda serie italiana di coach di lungo corso e dal pedigree dorato come Sacchetti, Caja, Pillastrini, Martino, Vertemati, Ciani o Ramagli è di per sé stesso garanzia di qualità (ma anche di prevedibilità) e segno della diffusa convinzione della necessità di doversi rivolgere a guide d’esperienza quando si tratta di tentare di raggiungere traguardi importanti. In questo senso Trieste è l’unica ad andare decisamente in controtendenza: un rischio sicuramente calcolato, una scommessa che, se vinta, potrebbe rivelarsi il vero e proprio asso pigliatutto al di là del roster che il club è riuscito ad allestire. Altro aspetto piuttosto evidente è che, al netto della profonda spaccatura fra le favorite e le arrancanti, le poche pretendenti ai due posti che portano in Paradiso saranno agguerrite ed attrezzate, o perlomeno più agguerrite e più attrezzate rispetto all’ultima trionfale esperienza di Trieste in A2 nella stagione 2017/2018 o a quella della Virtus “schiacciasassi” (che con quel roster oggi schiacciasassi non sarebbe di certo) della stagione precedente.
Favorite o aspiranti tali: piazze storiche e provinciali ambiziose
Nota per la lettura: questa analisi non vuole nemmeno tentare di essere un power ranking, esercizio inutile, prematuro e del resto quasi sempre inattendibile. E’ solo una prima presa di contatto con la nuova realtà che vedrà nuovamente Trieste suo malgrado protagonista, un tentativo di familiarizzazione con nomi e realtà che parevano sepolte per sempre nel cassetto dei peggiori ricordi.
Sebbene nessun club (tranne Trieste) possa dire aver raggiunto l’obiettivo di possedere un roster da dieci giocatori di pari livello, qualcuno sembra essere riuscito a costruire squadre intelligenti ed equilibrate, esperte e molto ben guidate. Piace, nella Eastern Conference (Girone Rosso fa veramente troppo A2 anche per i nostri gusti…) la Udine di Vertemati con Monaldi, Arletti, Alibegovic e l’ex Trieste Jason Clark fra gli esterni, molto ben puntellata sotto canestro con due solidi quattro come Da Ros e Gaspardo, ed un centro di classe -ma forse troppo monodimensionale- come Delia: è forse la versione bianconera meno altisonante ma molto più intelligente degli ultimi quattro anni. Forlì, con l’ex Verona Xavier Johnson, Tassone e Cinciarini come esterni e Pascolo e Radonjic sotto canestro e soprattutto con l’arrivo del play Kadeem Allen -reduce da una squalifica per doping e di difficile gestione, ma un potenziale crack per la A2- si candida a ripetere l’ottima ultima stagione, fallita proprio sul filo di lana a vantaggio di Pistoia, ed ha le carte in regola per insidiare le primissime piazze del ranking nel girone. Verona riparte da coach Ramagli come elemento di assoluta sicurezza, affidandosi ad un tandem italiano in regia (Massone e Penna), due stranieri affidabili come la guardia Devoe ed il centro Murphy e due esterni pericolosi come Udom e Gajic. Potrebbero costituire delle sorprese Cento con Palumbo, Archie e Bruttini e Rimini con l’esperto regista Tommasini. Ed infine, la scheggia impazzita Fortitudo Bologna, capace di alti e bassi imprevedibili quanto devastanti: l’arrivo in panchina di Attilio Caja, l’esperienza di Fantinelli ed Aradori, la pericolosità dall’arco di Bolpin, l’innesto della guardia Conti, MVP della passata stagione di B, e naturalmente il Paladozza, una rogna per qualunque squadra ospite, non possono che collocare la F fra le sicure protagoniste e le possibili sorprese.
Nella Western Conference troviamo quelle che al momento sembrano le avversarie più temibili per Trieste, la Trapani pigliatutto (tutto sì, ma un po’ alla rinfusa): Imbrò, Rodriguez e Mian fra i piccoli, reparto completato dal super innesto americano JD Notae, ex Aris Salonicco. Fra gli esterni è arrivato Pierpaolo Marini, ex Napoli e Treviglio, mentre sotto canestro spiccano il super verticale Jarvis Williams, transitato in Italia a Cremona, e Joseph Mobio, costato un buyout da 100 mila euro per strapparlo a Cremona. Forse, però, ha fatto ancora meglio Cantù, con Trieste la nostra superfavorita finale: condotta in panchina da Meo Sacchetti, si affida in regia al play ex Haifa Antony Hickey e, sotto canestro, al lungo ex Bamberg Solomon Young. Le conferme delle ali Nikolic (oggetto di interesse anche dalla Serie A) e Baldi Rossi e l’arrivo da Brescia di Chris Burns fanno intendere che la società brianzola -nonostante le rinunce a Da Ros, Dario Hunt e Severini- non vuole più sbagliare puntando decisamente ad un campionato di vertice. Treviglio pare voler rilanciare le chance di potersi giocare la promozione fino all’ultimo dopo la delusione con l’uscita al primo turno dei playoff l’anno scorso, e con giocatori come Vitali e Giuri in regia, con l’esperienza di Cerella, l’arrivo di AJ Pacher sotto canestro, pacchetto consolidato da Brian Sacchetti e Guariglia, pare avere le carte in regola per provarci. Un gradino più in basso la Torino di Franco Ciani e Matteo Schina, con un reparto esterni costituito da Vencato, Kennedy, Pepe e Devico che fa da contraltare ad pacchetto di lunghi da non strapparsi i capelli.
Difficile prevedere che possano esserci altre squadre che, in un campionato da 32 partite più i playoff, siano in grado di insidiare le posizioni di vertice. Orzinuovi potrà sorprendere Trieste all’esordio, così come Agrigento potrà vincere con Cantù, ma pensare che alla lunga realtà poco strutturate possano diventare l’underdog da favola appare veramente inverosimile alla luce delle rose realizzate.