PALLACANESTRO TRIESTE – REYER VENEZIA: 81-84
Reyer Venezia: Tessitori(k) 3, Fernandez, Lever 8, Casarin 10, Moretti 11, Ennis 19, Janelidze n.e., Kabengele 6, Parks 13, Wheatle 6, Simms n.e., Wiltjer 8.
Allenatore: Neven Spahija. Assistenti: Emanuele Molin, Alberto Billio.
Pallacanestro Trieste: Ross 20, Uthoff 10, Brown 12, Ruzzier 6, Brooks 7, Deangeli (k), Johnson 9, Valentine 12, Candussi 5, Campogrande, Oblyubech n.e., Crnobrnja n.e.
Allenatore: J. Christian. Assistenti: F. Taccetti, F. Nanni, N. Schlitzer.
Progressivi: 22-15 / 38-38 // 55-60 / 74-74 // 81-84
Parziali: 22-15 / 16-23 // 17-22 / 19-14 // 7-10
Arbitri: Cassina, Martellosio, Berlangieri
Trieste viene sconfitta di misura al supplementare dalla Reyer Venezia nella semifinale del torneo “In Basket” di Jesolo, al termine di un match che aveva condotto anche in doppia cifra nella prima metà. Partita che arriva al termine di una pesante settimana di allenamenti preseason, con carichi di lavoro importanti che, però, sembrano non incidere troppo sulla voglia e la determinazione esibita da entrambe le squadre, decise a non mollare di un millimetro la possibilità di arrivare in finale con Treviso. E’ la partita dei tanti ex: in maglia amaranto si rivedono Alessandro Lever e Jordan Parks (sicuri protagonisti della stagione in laguna), Juan Fernandez (autore di un poco memorabile rientro) e Giga Janelidze, relegato ad un ruolo di complemento per gli allenamenti. Sulla sponda opposta del campo c’è anche Jeffrey Brooks, applauditissimo -come del resto il Lobito- dai suoi ex tifosi.
Trieste decide di tenere ancora a riposo Justin Reyes, evidentemente viene ritenuto troppo rischioso per un “injury prone” come lui rischiare le ginocchia per affrontare scrimmage di precampionato ma pur sempre super intensi in condizioni di forma ancora precarie. La sua assenza ovviamente accorcia le rotazioni per coach Christian, che limita comunque l’utilizzo degli italiani (tranne Brooks e Ruzzier) a pochissimi minuti di “riempimento”. E’ assente anche Stefano Bossi, che nei giorni scorsi ha sofferto di un piccolo stiramento. Rotazioni corte contro un roster sontuoso e lunghissimo -il solo Simms non viene impiegato per scelta da coach Spahija- ma il quintetto migliore di Trieste, finchè le gambe reggono, non se ne cura affatto: Ross-Brown-Valentine-Uthoff e Johnson tengono botta, difendono in modo asfissiante e rubano palloni volando in contropiede, colpiscono da tre ed accumulano un vantaggio che raggiunge un paio di volte la doppia cifra. Ruzzier, anche in combinata con Ross, e sia Candussi che Brooks, che hanno caratteristiche diverse da Johnson ma reggono l’urto sotto canestro nonostante la notevole stazza di Kebengele e la tecnica di Lever e Tessitori, tengono alta l’intensità di una contesa che procede a strappi, con Venezia che a tratti sembra subire, salvo poi accelerare improvvisamente ricucendo il gap in pochissimi minuti, sotto le sfuriate dalla panchina di coach Spahija (qualcuno lo definirebbe carattere, qualcun altro nervosismo: fattostà che il tecnico croato non risparmia nessuno, dai suoi giocatori a quelli di Trieste, agli arbitri). Il primo tempo si chiude in parità, e da quel momento la contesa si trasforma in una vera battaglia, con terreno da conquistare centimetro dopo centimetro e le folate improvvise dei lagurnari da contenere con pazienza. E’ soprattutto Jordan Parks, nella ripresa, a dare una scossa ai suoi con conclusioni di ogni genere, affondate in alley oop, tiri da tre, arresti e tiri dal pitturato, attacchi al ferro. La sua striscia sembra dare la spallata decisiva all’incontro e permette a Venezia di conquistare l’iniziativa ed accumulare cinque punti di vantaggio con più occasioni per arrotondarlo, ma il carattere di Trieste, più della qualità del gioco o l’intelligenza tattica, permettono alla squadra di Christian di rifarsi sotto e portare la contesa prima al supplementare (rischiando di vincerla con un clamoroso buzzer beater di Valentine da venti metri) per poi perdere comunque l’incontro nello stillicidio finale dei tiri liberi, complici anche un paio -abbondante- di decisioni arbitrali che definire casalinghe sembra piuttosto riduttivo: due falli tecnici e soprattutto due dubbi falli antisportivi danno la spinta decisiva alla Reyer indirizzando definitivamente l’incontro. Non conta nulla ed il risultato svanirà presto nell’oblio, ma è chiaro che con la presenza di giocatori che vogliono vincere anche la sfida a 21 in allenamento con i giovani aggregati, sono decisioni capaci di rovinare qualche minuto di esistenza.
Nonostante siano proprio le individualità e le iniziative personali chiaramente improvvisate a tenere a galla nel punteggio Trieste, è proprio questa, per assurdo, la caratteristica che risulta evidente al termine del match: Brown, Ross e Valentine sono solisti sopraffini, imbrigliarli in un sistema di gioco organizzato sarà una grande impresa, e Trieste a venti giorni dall’inizio del campionato sembra ancora abbastanza lontana dall’aver raggiunto una chimica di squadra già accettabile. Ben inteso, motivazione e determinazione non mancano, così come non manca il sostegno e l’incoraggiamento ai compagni, ma il DNA dei tre tenori sarà probabilmente la croce e la delizia di questa stagione, capace di far vincere partite impossibili così come di gettare al vento situazioni facilmente risolvibili, con una prevedibile propensione alla prima delle due. Deciso passo avanti nello stato di forma di Colbey Ross, progressivamente più padrone della squadra sebbene il coach decida di tenerlo in panchina assieme a Valentine nel concitato finale di over time. L’impressione è che l’ex Varese fiuti il momento di difficoltà della squadra ed abbia una naturale predisposizione a prendersi le responsabilità sulle spalle: personalità e leadership non gli mancano di certo. Discreta anche la prestazione di Johnson, specie se la si valuta rispetto a ciò che gli viene richiesto: presenza nel pitturato, rimbalzi, conclusioni elementari quando riceve spalle a canestro. Pare assodato che il lungo californiano non sia dotato di tecnica particolarmente fine, né veniva accreditato di caratteristiche diverse. E poi, in serie A non sarà sempre opposto ad una marea di lunghi che sembra uno tsunami per quantità, chili, centimetri e qualità come quella veneziana: quando verrà maggiormente coinvolto dai piccoli potrà diventare una scommessa vinta. C’è ancora molto da lavorare. Più silente del solito, invece, Markel Brown, insolitamente impreciso da tre, forse innervosito da alcune discutibili chiamate arbitrali che di fatto lo tolgono dall’incontro: si conferma però fra i migliori rimbalzisti dell’intero roster. Solita freddezza, invece, da parte di Jarrod Uthoff, che mostra di possedere bagaglio tecnico vario ed imprevedibile, dinamicità fisica e verticalità (10 rimbalzi e due stoppate per lui).
Trieste affronterà dunque la loser final del torneo contro una Reggio Emilia che non ha brillato nella sfida contro Treviso, durante la quale ha costantemente rincorso senza dare mai l’impressione di recuperare ed anzi viaggiando sempre sul filo dell’imbarcata. E’ dotata però di grande fisicità sotto canestro -da inquadrare meglio in un sistema credibile di squadra- e velocità nelle conclusioni. Considerata la maratona che ha appesantito le gambe di Trieste fino a tarda sera contro avversari così tosti, potrebbe essere un cliente non particolarmente comodo.