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A Milano Trieste brilla per tre quarti, poi l’Olimpia fa l’Olimpia…

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OLIMPIA EMPORIO ARMANI MILANO – PALLACANESTRO TRIESTE: 98-81

OLIMPIA EMPORIO ARMANI MILANO: Alviti 0, Davies 16, Hall 18, Melli 7, Pangos 12, Baldasso 0, Biligha 6, Mitrou-Long 23, Ricci 5, Miccoli 2, Thomas 2, Voigtmann 7.

PALLACANESTRO TRIESTE: Bartley 28, Davis 10, Gaines 12, Pacher 10, Spencer 2, Bossi 5, Campogrande 0, Deangeli 2, Lever 3, Rolli 0, Vildera 9.

Parziali: 25-19, 38-42, 65-57, 98-71

Arbitri: Baldini, Borgioni, Catani

Per riuscire a vincere sul parquet del Forum sarebbero dovute succedere due cose: che Trieste disputi la partita perfetta, un po’ come accaduto due stagioni orsono, e sperare che qualcosa si inceppi nel meccanismo perfetto della macchina a disposizione di coach Messina. Legovich, per la prima volta in stagione si ritrova il roster al completo, con il rientro nelle rotazioni di Alessandro Lever. Messina, invece, deve fare a meno degli infortunati Tonut, Datome, Baron e Shields, e sceglie di escludere dai 12 a referto Kyle Hynes: primo granello di sabbia in un ingranaggio per dire la verità un po’ cigolante dopo la partenza difficilissima in Eurolega, con i due nuovi arrivati Brandon Davies e Kevin Pangos sul banco degli imputati e con molto da farsi perdonare. Trieste in avvio fa quello che deve fare: gioca in modo sfrontato, senza timori reverenziali, in attacco trova soluzioni ai limiti dell’incoscienza specie con un imprendibile Frank Bartley, in difesa tiene botta, gioca con grandissima intensità provando sistematicamente l’anticipo e sporcando ogni singola linea di passaggio, senza peraltro venire particolarmente premiata dagli arbitri. Milano è dapprima sorpresa dall’intraprendenza per nulla rinunciataria degli ospiti, poi reagisce da par suo riprendendo in mano l’inerzia del gioco. Rischia di essere superata sul 18-16, poi trova un paio di soluzioni da centro area, più frutto del talento puro di Pangos e Mitrou-Long che di una manovra offensiva perlomeno decente. Skylar Spencer commette due ingenui falli in pochi minuti, ed è costretto ad uscire. Vildera non lo fa certo rimpiangere: sui due lati del campo il lungo veneto porta a scuola Davide Alviti, e con Pacher forma un reparto che riesce a tenere botta comodamente anche a rimbalzo. Il primo quarto si chiude sul 25-19, ma Trieste non dà mai l’impressione di accettare la deriva. In apertura di secondo quarto Stefano Bossi, impiegato anche contemporaneamente a Davis e Bartley, trova la tripla con la mano di Baldasso in faccia, ma è Milano a fuggire per la prima volta, portandosi sul +9. Di nuovo, Trieste non si scompone. Con uno svantaggio sulla soglia della doppia cifra, nella versione di inizio stagione si sarebbe sciolta come neve al sole, specie davanti ad una squadra sulla carta inarrivabile. Ma quella Trieste pare, fortunatamente, appartenere ai peggiori incubi del passato. Prima Davis, poi Bartley, infine AJ Pacher colpiscono da fuori, ai biancorossi piace correre, finalmente si vede il gioco in transizione ed il contropiede. Bartley sigla il pareggio, poi è addirittura +7, con Milano a sparare a salve dalla distanza anche con tiri totalmente aperti, o a sbagliare rigori da sotto, sebbene super contestati dalla difesa triestina ben decisa a rendere difficile qualunque movimento milanese. Messina in panchina pare disorientato, forse sorpreso, sicuramente poco contento: le due circostanze favorevoli al super colpo di giornata si stanno verificando entrambe. L’Olimpia si riporta immediatamente a contatto, ma Bartley, autore di un primo tempo surreale, fissa il vantaggio a quattro punti proprio sulla sirena: è 38-42 dopo venti minuti, e per quello che si è visto in campo non è una sorpresa. Trieste ottiene pochissimo da Gaines e Spencer, che insieme non arrivano a 10 minuti di impiego, ma fattura un’enormità con i sostituti, e con capitan Deangeli a menare bastonate in difesa.

L’inizio di ripresa non muta il leit motif emotivo, ma Milano approfitta della zona triestina per aggiustare la mira da fuori: Mitrou Long, Pangos, Melli diventano esiziali da fuori, e Trieste fatica enormemente in attacco, dove pasticcia a ripetizione. La parità viene ristabilita sul 48 pari, Milano prova a mettere la freccia, Davis, Lever e Bartley rintuzzano i tentativi. Trieste regge in difesa, ma sul 53 pari Milano dà la spallata decisiva. Davvero preponderante la superiorità fisica, del resto Messina può contare su 11 uomini totalmente intercambiabili, e dà fondo alle rotazioni. Legovich, oggettivamente, non può farlo, ed arginare forze costantemente fresche e di altissima qualità diventa un’impresa ai limiti dell’impossibile, specie quando gente come Mitrou Long, Pangos e Davies iniziano a non sbagliare più nemmeno un tiro. Trieste cede negli ultimi due minuti del terzo quarto, finisce a -8 e non avrà più la forza di recuperare. Nella quarta frazione l’Olimpia non fa altro che mettersi in condizioni di sicurezza per non rischiare nulla nel finale. Trieste ha il compito non facile di arginare una squadra che quando gioca in scioltezza e senza pressioni può diventare devastante. Una volta capito che il gap, che progressivamente raggiunge i 15, poi anche i 20 punti, non sarebbe più stato ricucito, per Trieste ora la missione diventa quella di non subire un’imbarcata che non avrebbe meritato, che avrebbe avuto conseguenze imprevedibili sul suo morale e che avrebbe mandato nuovamente segnali sulla propria eccessiva arrendevolezza alle dirette avversarie. E, per fortuna, la squadra non si arrende, pur subendo le folate inarrestabili dei vari Hall, Pangos e Voigtmann. Il distacco, che rimane a lungo a cavallo dei 20 punti, alla fine è limitato a 17 punti tutti maturati negli ultimi 12 minuti di gioco. Legovich, però, si riporta a Trieste molti aspetti positivi da metabolizzare e consolidare, ora che inizia un nuovo campionato per una Trieste che da qui al termine del girone d’andata dovrà finalmente affrontare tutte gare “umane”, contro squadre più o meno nella sua stessa fascia di merito.

Fra i singoli, da evidenziare la nuova prestazione eccellente di Frank Bartley: un esterno con il suo fisico, in Italia, può battere a piacimento qualunque avversario nell’uno contro uno. Se poi, come a Milano, aggiusta la mira sia dai 6,75 che dalla lunetta, e conquista anche 8 rimbalzi (top di squadra), diventa una delle guardie migliori del campionato. Davis, invece, ad Assago non gioca la sua miglior partita: cerca, senza trovare, conclusioni individuali che in un pitturato piuttosto ingombro come quello meneghino non sono propriamente consigliabili. Perde più palloni del solito e di conseguenza fa giocare meno i compagni. Piace comunque vederlo spostato da “2” con Bossi in campo, oppure con Bartley a fare da regista. Buone notizie anche da AJ Pacher, che pare essersi finalmente scrollato di dosso quel timore reverenziale che ne aveva bloccato le iniziative nelle prime quattro partite, tanto da farlo derubricare ad oggetto misterioso. Il lungo americano, invece, è dotato di discreto arsenale tecnico, compreso un mortifero tiro da fuori. Ha senso della posizione a rimbalzo ed ottime attitudini difensive, sarà fondamentale nelle prossime partite, anche perché Spencer torna nell’anonimato dopo il clamoroso guizzo contro Sassari. Gaines è quel genere di giocatore che quando è in ritmo e la squadra gioca come piace a lui è capace di indovinare strisce esiziali. Ma quando la partita non va nella direzione che desidera, perde completamente il bandolo del gioco, si affida a conclusioni senza senso, isolato e fuori ritmo, destinate senza dubbio al fallimento: a Milano, purtroppo, torna alla seconda versione, specialmente a cavallo fra terza e quarta frazione quando invece le sue iniziative sarebbero probabilmente state l’unica speranza per arginare lo tsunami milanese. Vildera, infine, mostra qualità tecniche insospettate: un suo canestro con partenza spalle a canestro, finta a destra, giro a sinistra con passo a incrocio in mezzo ad Alviti ed Hall ed appoggio a canestro vale da solo la fiducia da 17 minuti in campo che gli dà Legovich. Deangeli incide ancora troppo poco in attacco ma si danna l’anima in difesa, con ottimi risultati per metà partita. Bossi gioca con personalità, ma in 7 minuti non può mostrare più di una bomba ed un paio di assist. Ancora poco, pochissimo, quasi nulla, da Luca Campogrande: e questo comincia a diventare un problema piuttosto grave da quella che è l’unica ala in roster. Infine, capitolo Lever: la partita di Milano è solo una tappa, la prima, verso il totale recupero. Qualche ingenuità di troppo da parte del bolzanino, da attribuire alla confidenza perduta con il mood da partita. Il tempo lavora per lui.

Domenica prossima sfida fondamentale all’Allianz Dome: arriva una Brescia rinfrancata dalla netta vittoria contro Tortona, ma pur sempre ridimensionata rispetto alla passata stagione. Dalle altre sfide, remano a favore di Trieste la sconfitta di Treviso (a cui fa da contraltare la vittoria di Napoli: ma le due squadre si sfidavano fra loro) e quella di Scafati a Sassari. Vince Verona, ma lo fa sul campo di una Reggio Emilia, che sarà avversaria di Trieste nella prossima trasferta per i biancorossi, e che può a pieno titolo annoverarsi fra le squadre che dovranno lottare per salvarsi. Ora, alle spalle di Trieste rimane solo Scafati, ma in classifica, fra 6 e 4 punti, c’è un blocco di ben 8 squadre.

Le nostre pagelle: Gaines 5, Pacher 7-, Bossi 6+, Davis 6-, Spencer 5, Deangeli 6, Campogrande 4, Vildera 7, Bartley 8, Lever 6 (sarebbe 5 se non fosse alla prima partita dopo il rientro)

(Photo credit: Sito ufficiale LBA)