Il timido Dr Jackyll è fortunatamente stato lasciato a Bologna lunedì notte: contro l’Olimpia prevale la voglia, l’orgoglio, la feroce determinazione di una squadra sempre capace di sorprendere, nel bene e nel male. Finisce 71-68
ALLIANZ PALLACANESTRO TRIESTE – A/X ARMANI EXCHANGE MILANO 71-68
Allianz Pallacanestro Trieste: Banks 19, Davis 7, Fernandez 10, Konate 9, Deangeli, Mian 10, Delia 9, Cavaliero, Campogrande, Grazulis 4, Lever 3. All: Ciani
A/X Armani Exchange Milano: Melli 8, Grant 9, Tarczewski 4, Ricci, Biligha 3, Hall 4, Baldasso 2, Daniels 16, Alviti 10, Bentil 12, Datone. All: Messina
Parziali: 16-14; 38-38; 53-59
L’occasione era di quelle da non lasciarsi scappare: al normale turnover deciso dalla panchina meneghina, dopo (ed in vista di) un tour de force fra campionato ed Eurolega capace di minare il fisico anche di un roster infinito come quello dell’Armani, si aggiungono infatti, fra gli assenti, Shavon Shields, che si è rotto un braccio nei giorni scorsi, e Gigi Datome, bloccato da un risentimento muscolare durante il riscaldamento. Ma, nonostante il riposo concesso a Hynes, Delaney, Rodriguez e Mitoglou il gruppo “residuo” a disposizione di coach Ettore Messina rimane comunque in grado di dominare largamente, perlomeno in Italia. Come suo costume, lo stesso coach ex San Antonio Spurs in sala stampa a fine match sorvola abbastanza velocemente sugli assenti, ben conscio che, tutto sommato, questo è un aspetto secondario nella determinazione del risultato del “lunch game” pre natalizio. Del resto, in squadre importanti come Milano, le seconde linee che hanno finalmente l’opportunità di spendere minuti sul parquet sono super motivati a mettersi in mostra per dimostrare al coach ed agli osservatori internazionali di meritarsi palcoscenici così importanti e magari impieghi più consistenti, moltiplicando impegno e determinazione.
Trieste ne prende atto, ma, nonostante sia conscia che di fronte le rimanga comunque una squadra fisicamente e tecnicamente superiore, ci mette largamente del suo nel giocare una partita alla pari, fatta di scelte tecniche talvolta coraggiose, specie negli ultimi minuti, in cui si rifiuta di arrendersi anche quando la classe infinita di giocatori letali come Daniels, Hall e Bentil sembrava aver dato alla squadra l’abbrivio giusto per mettere fra sé e gli avversari un gap sufficientemente rassicurante da godersi in tranquillità le fasi finali del match. Le due squadre nell’arco dei 40 minuti non prevalgono mai l’una sull’altra per più di due possessi (tranne in un singolo momento, nel quarto periodo, in cui una tripla di Grant porta gli ospiti sul 57-64, peraltro quasi subito riassorbito sul 66 pari), segno di un grande equilibrio: ad ogni fiammata segue sempre un contro break, con nessuna delle due contendenti a dare la netta impressione di poter prevalere.
L’Allianz Dome ha fatto l’abbonamento ai finali thrilling: le coronarie ringraziano
L’Allianz ha ormai abituato i suoi spettatori a finali punto a punto: dopo Brindisi, Napoli e Trento anche la partita contro Milano si chiude sull’ultimo tiro, stavolta, però, in mano agi avversari: dopo un paio di minuti in cui entrambe le contendenti litigano con il canestro (perlomeno Trieste arriva spesso a tiri ben costruiti, che però fallisce: Milano, invece, riesce a collezionare una serie infinita di turnover, falli in attacco, palle perse banalmente, senza arrivare quasi mai alla conclusione), ci pensa il Lobito. Sua la bomba del 69-66, suoi i due tiri liberi del 71-68. Ma non è certo finita: Trieste arriva ai secondi finali senza aver ancora raggiunto il bonus e può spendere un fallo su Hall senza permettergli il viaggio in lunetta. A quattro secondi dalla fine Milano esce dal timeout in zona d’attacco ed avrebbe la possibilità di raggiungere l’overtime con un buzzer beater. Ciani sceglie di giocare le azioni decisive -tranne l’ultima- togliendo Fabio Mian, stremato dopo un match in cui non si risparmia un secondo in fase difensiva, ma forse fisicamente più adatto a contenere le conclusioni da lontano di lunghi letali anche da tre come Alviti, Melli o Bentil, reinserendo Corey Davis assieme a Fernandez e Banks in campo. L’obiettivo è quello di sporcare in modo più agile le linee di passaggio, difendere in modo più sporco sulle conclusioni da palleggio, specie delle guardie milanesi. Alla fine, la scelta è quella giusta: Trieste arriva all’ultima azione con un possesso pieno di vantaggio, ed il tiro da tre per il pareggio di Daniels, scoccato molto più grazie alla classe del giocatore che alla capacità di eseguire il gioco disegnato dal coach, si spegne sul ferro, così come il tap in di Hall, che peraltro sarebbe servito a ben poco. La costante, è dunque confermata: il poker di vittorie casalinghe sul filo di lana è segno se non altro, di lucidità da parte della panchina e di freddezza da parte dei giocatori più esperti nei momenti decisivi, probabilmente conseguente alla freschezza fisica con la quale ci arrivano grazie al giusto dosaggio delle rotazioni.
I singoli: insperato pareggio sotto le plance, piccoli decisivi
Non è una partita da esteti della pallacanestro, in cui sono molti gli errori e le palle perse, molto spesso generati, però, da una pressione difensiva di rara intensità su entrambi i lati del campo: il punteggio piuttosto basso né è la testimonianza. Trieste tiene brillantemente il confronto sotto canestro, dove soprattutto Konate smette gli abiti dimessi delle ultime settimane e torna a vestire quelli del giocatore offensivo verticale e dinamico, dotato di tempismo a rimbalzo e nell’attacco al ferro, ma soprattutto quel prezioso difensore multiuso che aveva dimostrato di poter essere nella prima parte di stagione, capace di spostare chili e creare spazio sotto canestro, di uscire a difendere in aiuto sul perimetro, di intuire le soluzioni in entrata (sono numerosi i falli subiti dal maliano dall’attacco poco lucido dell’AX). Al redivivo Konate si affianca Marcos Delia, il cui confronto con armadi a tre ante come Tarczewski e Bentil è impari, ma non certo quello tecnico, terreno sul quale ha ben pochi pari in campionato: il centro argentino tira quasi con il 60% da due e cattura anche 7 rimbalzi di cui 3, fondamentali, in attacco. Grazulis è presto limitato dai falli, Lever fa quello che può, ma se c’è qualcosa che non si può ascrivere al prodotto di Grand Canyon è la mancanza di coraggio: la partita contro Milano gli riserva confronti diretti impari, ma il bolzanino non si perde d’animo, infila una bomba di platino e si spende al limite in difesa. Quando imparerà a non lasciarsi abbattere da errori al tiro o palle perse, pensando all’azione successiva anziché rimuginare su quella ormai andata, diventerà un fattore decisivo grazie anche alla sua pericolosità offensiva da ogni parte del campo.
Procede spedito il percorso di inserimento di Corey Davis. Meno esplosivo sul primo passo rispetto a Sanders, è dotato di molta più personalità, non si sottrae alle conclusioni da lontano (suo il mini break da cinque punti consecutivi che permette di ricucire il tentativo di fuga milanese in apertura di secondo tempo) e, soprattutto, difende molto meglio di quanto i più scettici fra gli osservatori pronosticassero leggendone le caratteristiche ed analizzandone le prestazioni. Banks in sala stampa lo descrive come un ragazzo dotato di molta intelligenza, di voglia di imparare tutto e velocemente: il “pistolero” è piacevolmente sorpreso dall’essere stato preso dal nuovo arrivato come suo punto di riferimento in squadra e fuori, dispensatore di consigli e di informazioni, di cui sembra avido. E poi, il tempo rema dalla sua parte: in una settimana sembra aver già recuperato gran parte del gap tecnico con i compagni, e questa è un’ottima notizia in vista del rush finale del girone d’andata.
Non che sia necessario, peraltro, essere dei geni per individuare in Banks il leader morale e tecnico di questa squadra. Il trentottenne, anche contro Milano in campo per 36 minuti, a Trieste sembra un pisello nel suo bacello. Le sue affermazioni, rilasciate nel corso di un’intervista nei giorni scorsi, non sembrano proprio parole di circostanza, delle quali peraltro, alla luce del suo curriculum non avrebbe nemmeno bisogno: all’Allianz ha trovato l’habitat ideale, gioca sereno e senza pressioni, ha al suo fianco altri giocatori in grado di prendersi la responsabilità dei tiri più importanti e questo, togliendo un po’ di pressione difensiva su di lui (giustamente sempre oggetto di cure particolari da parte dei coach avversari) gli permette di spendersi meno dal punto di vista fisico soprattutto in attacco, lasciandogli quella lucidità indispensabile per rimanere il faro che è sempre stato, ma con un anno in più nelle gambe.
-3 partite alla griglia per la Coppa Italia: Trieste torna prepotentemente fra le pretendenti
L’Allianz si riprende quindi, in modo insperato, i due punti lasciati malamente al Paladozza. Recupera morale e fa il pieno di consapevolezza nei propri mezzi. Sia Banks che coach Ciani al termine del match osservano giustamente che tale ricarica deve però dare l’abbrivio e durare per le prossime tre fondamentali partite, in cui molto probabilmente tornerà a dare il suo contributo anche Luca Campogrande, rivisto a fare il riscaldamento con i compagni e rientrato stabilmente in gruppo. Non che ci siano alternative peraltro, alla luce dell’estremo equilibrio che regna su questa stagione: due sconfitte consecutive possono escludere una squadra dalla parte sinistra della classifica avvicinandola pericolosamente alla zona pericolosa (sarebbe successo a Trieste, ad esempio, in caso di debacle interna contro Milano), così come una striscia da due o tre vittorie possono rilanciare la stessa squadra fra le prime quattro in graduatoria. Come è mentalmente più semplice affrontare gli impegni contro una leader europea come Milano con la quale qualunque squadra dà tutto ciò che ha senza aver molto da perdere, così è indispensabile cementare questo atteggiamento anche contro le ultime della classe, squadre che giocano in modo “sporco” per compensare carenze tecniche, “ultime in classifica” che però distano solo 6 punti. E’ fondamentale, in altre parole, che il timido, impacciato, remissivo, educato Dottor Jackyll rimanga a far da spettatore a Bologna. A Trieste tutti vogliono in campo il feroce Mister Hyde.