di Francesco Freni
La prestazione ectoplasmatica degli uomini di Dalmasson nei primi venti minuti li condanna inevitabilente alla sconfitta: dopo essere piombati addirittura a -28 senza abbozzare la minima reazione, sbagliando tiri elementari anche in campo aperto, senza dare l’impressione di essere in possesso della minima idea di un piano partita sia in attacco che in difesa, in balia di avversari indemoniati, Crawford e Chery su tutti – pur con l’assenza di Kalinowski, bloccato all’ultimo minuto da un tampone positivo – che bruciano la retina con irrisoria continuità e precisione assoluta (il primo quarto finisce 29-9, con un gap di 21 punti a metà partita), i biancorossi reagiscono d’orgoglio approfittando di dieci minuti di rilassamento di avversari che imprudentemente ritengono di aver già risolto la pratica. Tornano sotto i dieci punti di distacco, poi nel quarto finale arrivano addirittura sul -3, salvo poi pagare con gli interessi lo sforzo immane per arrivare fin lì perdendo lucidità e tenuta fisica e dando via libera ad avversari nuovamente concentrati e determinati, che sfruttano la fisicità di Vitali nella pressione difensiva e lo strapotere fisico di Christian Burns. Dal -3 si torna al -14 in tre minuti, ed a quel punto Brescia mette al sicuro il risultato anche perché Trieste torna a sparare a salve ed a far confusione in attacco ed ormai mancano meno di 5 minuti alla fine. Laquintana e Delia limano leggermente il gap, ma i due punti rimangono a Brescia.
C’è poco da salvare dalla trasferta al Palaleonessa. Nel giorno della peggior partita di Juan Fernandez da quando veste la maglia alabardata (zero punti su nove tiri provati, con all’attivo solo 5 assist ed un clamoroso -3 di valutazione) Tommaso Laquintana, stimolato dal ritorno sul campo che lo ha visto protagonista per un biennio, mostra buoni numeri e presenza (19 di valutazione per lui nei 25 minuti di impiego), supportato da un Milton Doyle che ci dobbiamo abituare a considerare croce e delizia: imprevedibile, talvolta avulso dai giochi, spesso individualista, è però spesso immarcabile nel suo movimento di fade away o quando tira da otto metri con la mano del difensore sulla faccia. Le sue statistiche non sono clamorose, ma è uno dei pochi a sorreggere una squadra prossima al naufragio nel primo tempo e sfiora l’impresa di portarla a ricucire completamente lo svantaggio.
Infine, la multidimensionalità di Davide Alviti, sul parquet per 29 minuti ed autore di una prestazione da 14 punti e 6 rimbalzi, tirando con il 50% da due ed il 60% da tre per un 20 di valutazione.
Pochissimo da tutti gli altri. Grazulis è utile nel momento del controbreak, ma per la seconda partita consecutiva subisce la fisicità di avversari che a tratti lo sovrastano nonostante l’assenza di Cline: il lettone fa quello che può grazie al fisico possente, ma l’esperienza ed il fatto di non essere a suo agio in post basso lo limitano molto specie in attacco. Da Ros, nonostante il tabellino non gi attribuisca minuti sul parquet, in realtà partecipa a qualche azione senza peraltro sporcare in alcun modo il suo referto. Upson mostra passi indietro rispetto ai lievi progressi delle ultime settimane: a differenza di Grazulis, lui non è aiutato dal fisico, troppo filiforme e leggero per contrastare i lunghi bresciani, che infatti lo sovrastano nei tagliafuori ed a rimbalzo. Zero punti e 5 rimbalzi, zero tiri tentati nei primi 21 minuti, prestazione che si traduce con un 1 finale di valutazione per quello che ad oggi è il centro titolare costituiscono un discreto campanello d’allarme.
Difficile, infine, dare giudizi sui nuovi innesti dopo i 4 giorni di allenamento con la squadra. Delia dimostra numeri e movimenti da centro vero, ha senso della posizione e sembra già abbastanza integrato con il resto della squadra, ma appare ancora un po’ a corto di confidenza con il ritmo partita, con lo sforzo agonistico della competizione e riesce a sbagliare alcune conclusioni per lui elementari. L’impressione, comunque, è che abbia tutte le caratteristiche per prendersi sulle spalle tutta la responsabilità del gioco nel pitturato, almeno finché Udanoh non sarà pronto a rientrare.
Da rivedere, invece, Cebasek, ancora troppo avulso dai meccanismi offensivi per poter essere giudicato. Spara a salve da fuori (è arrivato a Trieste con la fama di discreto tiratore dall’arco, caratteristica peraltro confermata in allenamento), cattura 5 rimbalzi e si applica in difesa con discreta efficacia. Nel suo spot è evidente, però, che il rientro di Henry non avverrà mai troppo presto.
Mussini viene impiegato pochissimo e non è giudicabile.
Finita la difficilissima serie iniziale di partite con un bilancio tutto sommato accettabile, ora Trieste è alla vigilia di una sequenza di impegni da affrontare con grandissima attenzione, a cominciare dalla sfida di domenica prossima contro Brindisi, che oggi ha travolto una modesta Treviso dopo essere stata sotto anche di 16 punti nel primo tempo. E’ ben noto quanto il gioco di Frank Vitucci sia indigesto per Dalmasson, Trieste non ha mai vinto contro l’Happy Casa né in casa né fuori: è ora di prenderne le misure, anche perché dopo le partenze di Banks, Brown III e Martin la squadra pugliese ha perso molta sostanza. Poi arriveranno Cantù, Reggio Emilia, Venezia, Treviso e Roma: a quel punto tutti gli infortunati dovrebbero essere recuperati (tranne, forse, Daniele Cavaliero), e scopriremo la vera faccia di questa squadra così camaleontica.
LEONESSA BRESCIA – PALLACANESTRO TRIESTE 75 – 63
Germani Leonessa Brescia: Crawford 19, Bortolani 5, Ancellotto 4, Parrillo, Chery 14, Vitali 2, Burns 17, Ristic 4, Sacchetti 5, Moss 5. All. Esposito
Allianz Pallacanestro Trieste: Cebasek 2, Delìa 8, Laquintana 13, Grazulis 8, Doyle 18, Coronica ne, Da Ros, Mussini, Alviti 14, Fernandez, Upson, Arnaldo ne. All. Dalmasson
Parziali: 29-9; 48-27; 56 – 48
Arbitri: Sahin, Galasso e Pepponi