(Photo Credit Sito Ufficiale Pallacanestro Trieste)
Dopo un inizio soft di calendario, le prossime quattro partite diranno molto sul reale spessore tecnico e del valore del capitale umano a disposizione di Jamion Christian. L’inopinata sconfitta arrivata a Cento al termine di una partita dai due volti aggiunge un po’ di dramma al primo match del ciclo terribile che attende i biancorossi, la riproposizione della sfida infinita con la Fortitudo Bologna.
L’Aquila, dopo un paio di stagioni fallimentari in Serie A culminate con la retrocessione, ed un anno con più ombre che luci nella seconda serie, sembra aver recuperato l’entusiasmo e la convinzione che rischia di infiammare quella polveriera che è il Paladozza (inteso in senso ampio: la tifoseria della F è determinante sia in casa che in trasferta), rendendo una squadra che da molte parti non veniva inserita fra quelle di primissima fascia una macchina quasi perfetta che si sta auto imponendo come protagonista assoluta di questo avvio di stagione. Del resto la presenza in panchina di “artiglio” Caja, allenatore dal litigio facile e dal carattere ai limiti dell’ingestibilità ma dall’esperienza infinita, è di per sé stesso garanzia di una identità di squadra precisa, con ruoli, compiti, obiettivi molto ben pensati, realizzati e declinati in campo. Caja ha voluto ed ottenuto una squadra atipica per la categoria, con due lunghi americani che, se da un lato tolgono spessore ed esplosività al reparto degli esterni, dall’altro rendono il presidio del pitturato, sia in attacco che in difesa, un rebus difficilmente risolvibile per qualunque avversaria. Se proprio si volesse cercare un difetto al roster felsineo, si potrebbe individuarlo nella lunghezza delle rotazioni, che possono contare su un quintetto di assoluto spessore e cambi che possono indovinare la giornata-jolly ma che di per sé stesso non garantiscono al coach una costanza di rendimento nel corso dei 40 minuti quando i suoi giocatori più affidabili debbono gioco forza prendere fiato o dovessero essere limitati dai falli. Quella bolognese è una squadra, peraltro, totalmente complementare a quella triestina, che invece fa proprio della pericolosità dei piccoli la sua cifra distintiva. Sarà veramente interessante vedere come i due allenatori penseranno gli accoppiamenti atipici, come tenteranno di sorprendere gli avversari, soprattutto come Jamion Christian riuscirà a trovare l’antidoto alle alchimie difensive che Attilio Caja avrà congegnato per annullare l’arsenale offensivo biancorosso, tanto pericoloso -se funziona- quanto prevedibile. Non che la Fortitudo sia priva di tiratori micidiali, a cominciare dall’eterno Aradori, una sentenza con i piedi a terra (del resto difficilmente li alza) e da un Fantinelli discontinuo ma potenzialmente micidiale. La presenza o l’assenza di Luca Campogrande e/o di Ariel Filloy potrebbe fare la differenza nel contenerli, anche perché entrambi sono letali se innescati ma fisicamente non sono certo irresistibili. Inoltre sembra fondamentale, in misura addirittura maggiore rispetto al solito, il ruolo di Francesco Candussi, unico lungo biancorosso dotato di caratteristiche che potrebbero costringere almeno uno fra Ogden e Freeman a lasciare il pitturato rendendo relativamente più agevoli le penetrazioni di Brooks, Reyes, dello stesso Ruzzier colpendo la difesa felsinea lì dove meno se lo aspetta. Enorme attenzione andrà inoltre prestata ad un fondamentale che fin qui sembra essere stato un optional poco importante per la squadra di Christian, il tagliafuori difensivo. Davvero troppi i rimbalzi offensivi concessi, ed è difficile pensare che con una batteria di lunghi di grande qualità come quella di cui dispone Caja le seconde e terze chance concesse non si trasformino in una quantità di punti subiti in grado di indirizzare la partita.
Infine, non vi dovranno essere pause nella concentrazione e nella millimetrica attenzione ai particolari, soprattutto nel caso si riescano a costruire vantaggi importanti, magari in doppia cifra. In ognuna delle prime quattro partite in situazioni come questa Trieste ha puntualmente subito un pesante controbreak, che a Cento è addirittura costato i due punti. I biancorossi debbono imparare ad “uccidere” le partite, affondare il colpo, insistere cocciutamente quando le cose vanno bene in modo da non lasciare spazio alla reazione degli avversari. Certo, contro la Fortitudo è un compito molto meno agevole che in altre occasioni, ma è qualcosa che deve entrare a far parte del DNA di questa squadra.
Non meno importante sarà l’apporto del palazzo. Contro la Fortitudo (ma succederà nuovamente nei due derby in rapido avvicinamento) è attesa una piccola invasione di tifosi bolognesi. E’ ora che il mood ipercritico e brontolone dell’appassionato triestino, assieme al lutto per una retrocessione arrivata ormai cinque mesi fa, vengano messi da parte per tornare tutti a remare dalla stessa parte. La squadra ha tecnicamente molti angoli da smussare, l’approccio innovativo del nuovo coach americano può talvolta risultare spiazzante, il prezzo dei biglietti non sarà quello di una svendita all’hard discount (cosa che peraltro era stata annunciata già nel luglio scorso alla presentazione della campagna abbonamenti) ma l’obiettivo è ben chiaro e la strada moto ben tracciata: il pregiudizio “a prescindere” di una parte dell’ambiente non aiuta in alcun modo a percorrerla. Ora inizia una serie di partite che, per importanza e qualità dei giocatori in campo, potrebbero essere tranquillamente giocate al “piano di sopra”: si farebbe veramente fatica a giustificare l’assenza di qualcosa di simile al tanto decantato, ma ormai mitologico, red wall.
Intanto, il campionato conferma di essere equilibrato ed imprevedibile. Dopo le roboanti dichiarazioni del presidente Antonini, che solo ieri descriveva la sua Trapani sulla strada per ripercorrere la storia della Pallacanestro Cantù, gli Sharks siciliani ne buscano 17 in casa proprio dalla squadra brianzola tornando precipitosamente con i piedi per terra. Ora a punteggio pieno rimane solo Bologna, e dalle parti di via Flavia si spera che non lo faccia ancora a lungo.