SELLA CENTO – PALLACANESTRO TRIESTE 94 – 89
Sella Cento: Mussini 22, Bruttini 11, Sabin 18, Kuuba 0, Palumbo 7, Bucciol ne, Toscano 8, Magni ne, Archie 15, Moreno 6, Benvenuti 7. Allenatore: M. Mecacci. Assistenti: A. Cotti, G. Ferlisi.
Pallacanestro Trieste: Bossi 5, Rolli ne, Reyes 30, Deangeli 14, Ruzzier 6, Campogrande ne, Candussi 17, Vildera 0, Ferrero 0, Brooks 17. Allenatore: J. Christian. Assistenti: M. Carretto, F. Nanni.
Parziali: 19-31 / 17-22 / 25-13 / 21-16 / 12-7
Progressivi: 19-31 / 36-53 / 61-66 / 82-82 / 94-89
(Photo credit sito ufficiale Pallacanestro Trieste)
Quella che dopo venti minuti di gioco sembrava poter essere la partita della svolta, quella in grado di convincere anche i più scettici sulle devastanti qualità offensive di questa squadra, si trasforma in una debacle tanto sorprendente quanto allarmante, figlia di 25 minuti di blackout, giocati sul filo del nervosismo e degli episodi più che del gioco corale e della tecnica. Chi di roster ferisce, di roster perisce: la squadra triestina nelle prime quattro partite di campionato non ha mai potuto schierare tutti i suoi uomini, e quella che doveva essere la sua qualità migliore, la lunghezza delle rotazioni con dieci giocatori potenzialmente in grado di arrivare lucidi e freschi nei finali difficili, si trasforma nel suo tallone d’Achille. Anche in Emilia coach Christian deve infatti rinunciare a due giocatori fondamentali sui due lati del campo: Ariel Filloy (che non ha disputato nemmeno un minuto in stagione) e Luca Campogrande, uno degli uomini migliori nel primo scorcio di stagione, sono mestamente fermi ai box, e dunque giocoforza l’allenatore deve limitare la sua tendenza a ruotare tre quintetti al minuto, con il risultato che la lucidità scende con il passare del tempo e con essa la percentuale al tiro. Ma ovviamente Trieste non può recriminare più di tanto sulle assenze per questa inopinata sconfitta a Cento, perché la partita ce l’ha avuta saldamente in mano per 23 minuti annichilendo gli avversari con ritmi insostenibili per chiunque ed una pioggia di triple costruite con intelligenza e pazienza.
Poi sul +20, dopo un paio di minuti nel terzo quarto con avversari apparentemente alle corde, inizia a pensare di poter gestire i ritmi (e del resto non avrebbe potuto mantenere a lungo quelli del primo tempo), ma il gioco ragionato non è nel suo DNA, così come il sangue freddo nel gestire i break avversari. E’ andata bene con Orzinuovi e Nardò, malissimo a Cento: le percentuali al tiro scendono in modo verticale, per larghi tratti il solo Reyes tiene a galla la squadra, peraltro in modo totalmente avulso dai quattro compagni in campo. La concentrazione segue il trend delle percentuali, e così si moltiplicano le palle perse in modo banale in attacco e si decide di “battezzare” un paio di avversari che non aspettano altro che prendere coraggio davanti al loro caldo pubblico. Bruttini e Benvenuto, ma soprattutto Archie ed uno scatenato Mussini fiutano il sangue avversario e si prendono saldamente l’inerzia della partita, avendo l’occasione di ribaltarla e vincerla già al quarantesimo: una tripla ignorante di tabella trovata da Brooks ad una quindicina di secondi dalla sirena impatta il punteggio e ridà vita e speranze ai suoi, ma le energie e la lucidità non si riaccendono affatto. Ingenui falli in attacco, una prestazione balistica da oltre l’arco da parte di Ferrero e Candussi da pelle d’oca (due bombe segnate su 18 tentativi in due), il ricorso cocciuto alla coperta di Linus costruita dal tiro da fuori che dal canto suo si ostina a non voler entrare (sono 50 i tentativi da tre complessivi per un 32% già rivedibile ma che crolla al 15% negli ultimi 25 minuti frutto di un incommentabile 5/32), almeno un paio di quintetti assortiti in modo perlomeno curioso e la scelta incomprensibile nel non voler chiamare time out prima dell’ultima azione del supplementare -scelta o distrazione non cambia, l’errore è clamoroso- e, ciliegina finale, due errori di per sé gravissimi, ancora più gravi perché commessi nei concitati secondi finali, quando tutto sembrava poter ancora essere possibile (le palle consegnate prima da Deangeli in mano a coach Mecacci, poi da Candussi a coach Christian gridano ancora vendetta) si traducono in un regalo che Cento è bravissima nel trasformare in due punti. Peraltro quella emiliana, al di là degli evidenti demeriti triestini, è comunque una buonissima squadra, con almeno quattro individualità di rilievo: essere riuscita a ribaltare una situazione ben oltre i limiti del disperato e capitalizzare ogni singolo errore triestino è un suo grande merito che però non diluisce troppo la delusione per una sconfitta che Trieste ha avuto numerose occasioni per evitare.
In ultima analisi, i detrattori della filosofia cestistica di Christian, un veloce corri e tira tutto votato alla fase offensiva con scarsissima attenzione destinata a quella difensiva, ed un gioco perimetrale che richiede precisione e che può essere devastante quando funziona (come ha funzionato per 25 minuti), nel dopo Cento possono certamente alzare la voce, non tanto perché tale gioco non sia spettacolare ed efficace, ma perché, quando smette di esserlo in conseguenza di mille concause, sono totalmente assenti le alternative. L’unico pick and roll provato, un gioco a due fra Brooks e Reyes, finisce con un lob che viaggia ad un paio di metri sopra le mani del portoricano ed il pallone che si spegne sul fondo. E poi, una volta constatato il black out dal perimetro di Francesco Candussi, unico in grado di tenere in ambasce i lunghi avversari attraendoli lontano dal canestro, gli emiliani intasano il pitturato rendendo impossibili, o altamente difficoltose, penetrazioni e giochi in post basso, scelte che peraltro gli uomini in biancorosso non prendono quasi mai. Il gioco è monodimensionale, e quando inizia a rallentare ed imporre giochi ragionati negli ultimi 5-6 secondi di azione evidenzia il peggior difetto della squadra triestina. Se poi dall’altra parte del campo l’attenzione difensiva, specie per evitare tiri aperti da tre o nell’applicare uno straccio di tagliafuori a rimbalzo, continua a mostrare ritmi compassati e prevedibili, allora non aggiungere prestissimo nuove frecce all’arco (frecce che la qualità di questi giocatori può sfruttare) potrebbe rivelarsi il difetto più grande, lo svantaggio competitivo più evidente, di una squadra che può far tutto tranne che entrare in ansia da risultato.
Ansia che peraltro non può che crescere in vista del primo vero esame con una di quelle che vengono indicate come le avversarie più temibili (opinioni che, come constatato a Cento, lasciano peraltro il tempo che trovano), la sfida infinita contro la Fortitudo che arriverà al termine della prima settimana intera di allenamenti, sette giorni che saranno utili per preparare la sfida in modo più accurato, magari recuperando una volta buona tutti gli uomini a disposizione: non si hanno notizie certe, e nemmeno indiscrezioni, sulle reali condizioni di Filloy e Campogrande, pertanto smetteremo di parlarne almeno finché il club non si esibirà in uno dei suoi rarissimi comunicati stampa in merito. Trieste, contro la F, dovrà ritrovarsi in campo, ma anche attorno ad esso: i bolognesi arriveranno con un gran seguito di tifosi, non far diventare il Palatrieste il fortino che oggi – nel suo piccolo – si è dimostrato il palazzotto di Cento sarebbe un peccato non meno grave di un time out non chiamato nel finale.