E’ da un po’ di mesi che in Italia è sbarcato un curioso accostamento. Nel Paese che gestisce le situazioni prevalentemente di pancia, che geneticamente preferisce affrontare un problema anziché prevederlo, che ha una innata incapacità di progettare ma possiede anche il meraviglioso dono di inventare soluzioni, Luis Scola, argentino con un importante passato nella NBA, fa arrivare nella “sua” Varese un manager americano, ex “Chief of Basketball Developement” dei NY Knicks e degli Orlando Magic, portatore sano di un modo di gestire la pallacanestro che al di là dell’Oceano Atlantico è ormai prassi consolidata da decenni ed è arrivato alla terza generazione, ma nel super latino Belpaese è considerato qualcosa di esotico, viene guardato con diffidenza e trattato con ironia, quando va bene suscita scetticismo o malcelati sorrisetti di scherno. Fondamentalmente, Michael Arcieri porta per la prima volta in Italia, per volere dell’ex General de la Generacion Dorada, quella che viene generalmente, ma impropriamente, definita “sabermetrica”, che più pignolamente andrebbe definita APBRMetrics, e che altro non è che l’analisi di big data statistici attraverso algoritmi sintetizzati in costosi software in grado di fornire indicazioni precisissime sul tipo di giocatore (arrivando fino al nome del giocatore stesso) da selezionare per il roster che sia il più adatto per il tipo di pallacanestro che si vuole proporre in funzione del budget da spendere, sul tipo di preparazione atletica, sulle metodologie di allenamento, arrivando a prevedere e gestire le varie situazioni in campo durante le partite, suggerendo rotazioni e soluzioni difensive ed offensive. Razionalità matematica nella casa dell’istinto e dell’inventiva: accostamento, appunto, perlomeno curioso.
E’ facile intuire con quale distaccata superiorità un approccio di questo genere sia potuto venire accolto in una delle culle più tradizionali della pallacanestro italiana. Con il passare dei mesi, attraverso la scelta di un allenatore americano ex assistant coach dei Portland Trail Blazers dove aveva potuto sperimentale e metabolizzare il metodo arrivando a sfruttarlo con continuità e sicurezza, Varese arriva a proporre un basket divertente, coinvolgente e, soprattutto, vincente, tanto da far arrivare nelle mani di Mike Arcieri, alla fine di un campionato rovinato irrimediabilmente da fattori extra sportivi, l’oscar di miglior dirigente dell’anno in Serie A.
Arcieri nel frattempo, è da poche settimane il nuovo General Manager della Pallacanestro Trieste. E’ inevitabile che accanto alla sua esperienza e alla moglie italiana abbia portato con sé in città anche la grande curiosità sulle profonde innovazioni che imporrà dentro e fuori dal parquet di via Flavia: già al suo primo incontro con la stampa, a precisa domanda, Arcieri afferma “è vero, noi usiamo il big data analytics per scegliere, prevedere e gestire ogni aspetto della gestione sportiva, e le nostre scelte di mercato non potranno non tenerne conto: non potremo certo avvalerci di allenatori contrari al metodo o che interpretino il gioco in modo radicalmente diverso a quello che noi vogliamo proporre, e così sarà per i giocatori. Ma attenzione: alla fine stiamo parlando solo di pallacanestro. Le analisi vengono fatte dal software, vengono interpretate ed applicate dagli analisti, dai tecnici, dal coach. Ma poi finiscono in un imbuto e vengono spiegate in spogliatoio al giocatore sotto forma di pochi concetti, non più di due o tre: difesa forte, rimbalzi, contropiede, scelte di tiro. Pallacanestro, per l’appunto”.
Detta così, il tutto sembra razionale, semplice e plausibile. Abbiamo però voluto andare più a fondo e capire esattamente dove e come il metodo impatta sul gioco, e cercato di immaginare il tipo di basket, intuendone perlomeno il mood, che la Pallacanestro Trieste esprimerà nel prossimo difficilissimo campionato di A2.
When your enemy’s making mistakes, don’t interrupt him (quando il tuo avversario sbaglia, non interromperlo) – Billy Beane, Moneyball
Un romanzato ma chiarissimo esempio di ciò che stiamo per descrivere, sebbene in un diverso sport, è una storia vera risalente al 2001 raccontata nel film Moneyball (“L’arte di vincere” in Italia), pellicola con Brad Pitt del 2011 che dimostra come la sabermetrica (neologismo nato dall’acronimo di Society for American Baseball Research) abbia risollevato le sorti sportive degli Oakland Athletics, squadra di baseball che dopo anni di insuccessi si vedono ridurre drasticamente il budget imponendo una spasmodica attenzione sul mercato. Moneyball ha acceso la luce su un mondo che, alle nostre latitudini, è ancora oggettivamente in gran parte sconosciuto.
Il successo travolgente ottenuto dai sabermetrici nella Major League -in uno sport molto adatto all’analisi statistica in quanto essenzialmente privo di interazioni fra giocatori e contatto fisico – costituì una vera ispirazione per gli appassionati di statistica come John Hollinger, che, prima nei panni di commentatore per ESPN, e poi come manager dei Memphis Grizzlies si spese a favore di un uso esteso della matematica sotto canestro, adattando al parquet concetti e formule mutuate per il diamante, a volte in modo un po’ spinto, sicuramente ancora pionieristico.
Dalla Sabermetrica è scaturita la APBRmetrics (Association for Professional Basketball Research Metrics), il cui elemento chiave è costituito dal fatto che le statistiche vadano parametrate “per possesso”, e che sia necessario leggere i numeri individuali per minuti giocati e non per partita, concetti noti già dagli anni ’50 e ’60, ma rimasti a lungo sullo sfondo, ritornati però in voga con l’avvento della capacità di calcolo dei nuovi PC. Un ulteriore passo generazionale nell’analisi dei dati applicato al basket arrivò dall’avvento delle telecamere ad alta velocità e dei sistemi di tracciamento GPS, che consentono ora di ottenere dati accurati sul movimento dei giocatori in campo. Ciò aprì la strada all’analisi avanzata delle prestazioni individuali e di squadra, come la valutazione dell’efficienza del movimento, la distribuzione del tempo di possesso e la valutazione della difesa.
Andando più nello specifico, usufruendo delle tecnologie hardware e software oggi a disposizione, ecco dove la sabermetrica e la apbrmetrica permettono di arrivare:
Analisi avanzata delle statistiche di gioco
I big data consentono di analizzare in dettaglio le statistiche di gioco, andando oltre i tradizionali numeri di punti, rimbalzi e assist. Attraverso l’utilizzo di algoritmi sofisticati, è possibile estrarre informazioni più profonde e rilevanti dai dati di gioco. Ad esempio, l’analisi avanzata può rivelare l’efficacia di determinati schemi di gioco, le percentuali di successo di un giocatore in determinate situazioni o le zone del campo da cui è più efficiente tirare. Queste informazioni permettono alle squadre di prendere decisioni più informate durante le partite e di sviluppare strategie di gioco più efficaci.
Monitoraggio delle prestazioni individuali
I big data consentono di monitorare in tempo reale le prestazioni individuali dei giocatori. Grazie a sensori indossabili e dispositivi di tracciamento, è possibile raccogliere dati sul movimento, la velocità, l’accelerazione e molti altri parametri fisici durante le partite e gli allenamenti. Questi dati forniscono un’analisi oggettiva delle prestazioni dei giocatori, consentendo agli allenatori di valutare l’efficacia delle strategie di allenamento, identificare aree di miglioramento e individuare potenziali problemi di salute o sovraccarico.
Scouting e analisi degli avversari
I big data sono preziosi strumenti per lo scouting e l’analisi degli avversari. Attraverso l’analisi dei dati sulle prestazioni degli avversari, è possibile identificare schemi di gioco, punti di forza e di debolezza e sviluppare strategie mirate per affrontarli. L’utilizzo dei Big Data consente di ottenere informazioni dettagliate sulle tattiche degli avversari, le loro preferenze di tiro e le loro abitudini di gioco. Queste informazioni sono fondamentali per preparare le partite e adattare la strategia di squadra in modo efficace.
Prevenzione degli infortuni e gestione del recupero
I big data, infine, sono utili anche nella prevenzione degli infortuni e nella gestione del recupero. Analizzando i dati sulle prestazioni fisiche e l’andamento delle lesioni, le squadre possono identificare pattern e fattori di rischio che possono portare a infortuni. Inoltre, l’analisi dei big data consente di monitorare il processo di recupero dei giocatori, valutando l’efficacia delle strategie di riabilitazione e prevedendo tempi di recupero più accurati. Ciò consente alle squadre di minimizzare gli infortuni e ottimizzare il benessere generale dei giocatori.
In conclusione, sarà anche solo pallacanestro, come piace dire a Michael Arcieri, ma declinata in un modo totalmente diverso da quello che siamo ormai abituati a vivere (ed al quale siamo affezionati probabilmente per una sorta di “sindrome di Stoccolma”). L’apparato che sta dietro allo spettacolo sportivo toglie un po’ della poesia dell’attesa, della rivalità, del coach che si affida all’estro del suo asso, alla trance agonistica del panchinaro di turno, al caso, tutti aspetti che ci fanno amare la pallacanestro proprio perché in grado di far succedere letteralmente “di tutto” e che verosimilmente non potranno venire totalmente banditi dal palazzo di via Flavia. Però il data analytics è anche in grado di far esprimere, per sua natura, un basket essenziale, velocissimo, certosino nei suoi fondamentali, in ultima analisi divertente, se non fondamentalmente vincente. E quando la vittoria è esplicitamente l’obiettivo primario di una stagione, il risultato è, tutto sommato, l’unica cosa che conta.