“Dighe de metterne ultimi!”, sorride sornione Marco Legovich parlando con l’addetto stampa della Pallacanestro Trieste, chiedendogli di intercedere presso i soloni della palla a spicchi, i super esperti signori e padroni di social e blog “specializzati” che infestano le aride settimane estive di previsioni il cui valore non raggiunge quello di una moneta da tre euro, pregandoli di collocare la sua squadra fra quelle meno accreditate per raggiungere la salvezza.
Del resto, ognuna di queste graduatorie di merito “alla cieca” è tradizionalmente smentita, spazzata via dalla realtà dopo appena cinque minuti dall’inizio del campionato. Perso per perso, dal momento che da quattro anni a questa parte la squadra triestina è collocata dai professoroni fra il quindicesimo ed il sedicesimo posto, il giovane allenatore biancorosso si appella perlomeno a cabala e superstizione: in effetti, la retrocessione sicura per i super sapienti redattori dei power rankings estivi vale statisticamente la conquista dei playoff.
In effetti, anche ammettendo che i novelli geek baskettari siano in possesso di una conoscenza enciclopedica approfondita di ogni caratteristica e del curriculum dello sterminato oceano di nuovi giocatori provenienti da ogni singolo campionato nel mondo, pensare realmente che siano in possesso di un algoritmo che permetta loro di valutare la loro futura resa nella squadra italiana di turno determinandone il ranking sta da qualche parte fra l’utopia e la presa in giro. Più probabile che ci si limiti, quando va bene, a leggere superficialmente le percentuali dell’ultima stagione e, quando si esagera, dare un distratto sguardo agli ingannevoli highlights su YouTube. Le statistiche di per sé stesso possono raccontare qualcosa, ma vanno interpretate e filtrate attraverso le singole situazioni nelle quali sono maturate e dunque richiedono approfondimenti che davvero nessuno ha il tempo né la voglia di fare. Un esempio? Prendiamo una qualsiasi giornata estiva di mercato, diciamo il 18 agosto 2022. Brindisi annuncia come nuovo playmaker un certo Ky Bowman, ventiquattrenne alla prima esperienza fuori da casa con un curriculum speso esclusivamente in NCAA e in GLeague. Reggio Emilia firma la guardia canadese Kassius Robertson reduce da due stagioni all’Obradoiro di Santiago di Compostela e da una porzione di stagione con gli Scarborough Shooting Stars. Napoli annuncia l’ala Kaiser Gates proveniente da Gerusalemme ed in precedenza per 3 anni in GLeague, e il centro maliano Moussa Bamba proveniente da Bassano del Grappa. Trento ingaggia Matthias Tass, per la prima volta in Europa, e Alessio Calamita, anche lui da Bassano del Grappa. Infine, Pesaro investe su Lucio Delfino, venticinquenne fratello di Carlos proveniente dalla A2 argentina. Davvero si pensa seriamente di poter valutare uno di questi giocatori come migliore (o peggiore) dei “triestini” Bartley e Fayn? Davvero quattro cifre ed una schiacciata a difesa spalancata vengono considerate sufficienti per collocare, ad esempio, Brindisi nona, Pesaro quattordicesima e Trieste sedicesima? Ma dai, siamo seri….
Che poi, sebbene lo riteniamo un esercizio banale quanto lapalissiano, vale lo stesso la pena osservare che, anche ammettendo di riuscire nell’impossibile incastonando con precisione ogni singolo atleta, prevedere la sua efficacia nella sua nuova squadra e, soprattutto, valutare la resa complessiva di roster talvolta cambiati per l’80-90% è materialmente impossibile, tante e tali sono le variabili di cui tener conto: la capacità del coach di far rendere il team ben oltre la somma delle capacità dei singoli, la sua capacità di sfruttarli al meglio, il clima in spogliatoio, la presenza di elementi disturbanti sia ambientali che endogeni, il gradimento della piazza da parte delle compagne/mogli dei giocatori, la pressione, la resistenza, gli infortuni, lo stato di forma, la nostalgia di casa, la capacità di adattarsi al basket europeo ed italiano in particolare, al cibo, al modo di vivere, la capacità di integrarsi…Potremmo andare avanti all’infinito.
Insomma, abbondano le ragioni per giustificare i rush cutanei che ci affliggono ogni volta che ci imbattiamo in pronostici che, attorno a Ferragosto, preconizzano alternativamente l’Apocalisse o lo Scudetto, l’ottavo o il dodicesimo posto, i playoff o la retrocessione.
Come se non bastasse, l’epidemia di power ranking continua a dilagare, fastidiosa ed insistente come l’altra ben più pericolosa per la salute, anche durante l’inverno: ci si deve di conseguenza misurare con il curioso quanto inutile tentativo di riuscire a capire il motivo per il quale la terza in classifica, che è terza come conseguenza dei punti conquistati, diventi quinta nelle dotte valutazioni specialistiche, così come la decima venga magicamente avanzata quinta pur avendo dodici punti in meno.
Ci mancherebbe, continua ad essere lecito fare delle valutazioni, specie a roster completati: che Milano e la Virtus siano iscritte ad un altro sport è evidente. Che Venezia e, forse, Tortona si siano mosse con perizia e grandi mezzi sul mercato e si collochino così nella seconda classe di merito, appena al di sotto delle due aliene, è abbastanza facile affermarlo. Che ci siano club ben assortiti che potranno battersi per la conquista dei playoff, ma con il rischio sempre presente di rimanere bruciate (come del resto avvenuto nella scorsa stagione), come Brescia, Sassari e Trento potrebbe essere anche vagamente prevedibile. Che, infine, esista un gruppo di quattro cinque squadre che verosimilmente si barcamenerà per l’intera stagione fra l’ottavo posto e il rischio di retrocedere è altrettanto palese, sebbene ciò non faccia di certo differire la prossima stagione da quella precedente o dalla prossima. Ma ogni tentativo di mettere in fila con precisione queste ultime e tutte le altre è esercizio inutile, fuorviante e, alla lunga, noiosissimo. L’unico aspetto evidente in questa ultima fase di mercato, alla vigilia dell’avvio della preseason, è che stiamo assistendo ad un clamoroso livellamento verso il basso dal punto di vista tecnico, che rende la Serie A uno dei campionati meno interessanti a livello europeo. Che sia il terzo, il quinto o il settimo, però, ci rifiutiamo di dirlo….