Che i sussurri su qualche ben noto portale specializzato chiaramente vicino a chi ha interesse ad indirizzare quotazioni di mercato, a generare l’attenzione dei media, a orientare opinioni ed illusioni, a produrre pressioni su società ed ambiente per perseguire qualche vantaggio contrattuale per i propri assistiti, assurgano al rango di notizie ufficiali dopo massimo due/tre passaggi di parola sui social network è ormai cosa nota anche ai più sprovveduti. È successo e succederà ancora nel circo mediatico del basket come in quello del calcio, della politica, dell’economia, dell’istruzione e dello spettacolo.
Del resto, i numerosi granchi pigliati anche in tempi recenti da stampa e tifosi davanti a ventilati arrivi del Lebron James di turno avrebbero dovuto instillare anche una minima quantità di prudenza nel decidere di elevare la dignità dei rumors anche più improbabili a quella di notizia acquisita.
E invece no. La storia non insegna quasi mai, specie quando una certa notizia viene attesa e desiderata in modo spasmodico, irrazionale e quasi morboso, quando una situazione appare talmente disperata che anche un fantasma proiettato su una parete diventa un salvatore della patria a cui aggrapparsi contro ogni logica ed al di fuori di qualunque razionale verità.
La situazione sportiva della Pallacanestro Trieste in queste settimane è divenuta drammatica, in modo inversamente proporzionale a quella societaria/economica. Qualsiasi novità, ogni piccola indiscrezione viene dunque raccolta, ripetuta, discussa, individuata come possibile àncora di salvezza, diventando in brevissimo tempo una verità di cui tutti, tifosi ed addetti ai lavori (noi non ne siamo certo esenti) si sentono in diritto di appropriarsi. Non conosciamo l’origine dei rumors riguardanti Repesa sulla panchina di Trieste, di certo però non provengono da fonti ufficiali societarie. Ciò nonostante hanno avuto il prevedibile e destabilizzante effetto deflagrante di una bomba carta -di moda in questo periodo dell’anno- in ogni angolo dello scibile mediatico. Ovviamente ognuno, dal tifoso del terzo anello all’esperto opinionista della stampa nazionale, ha il diritto (del resto abbondantemente esercitato) di esprimere la sua opinione su coach Dalmasson e la sua pallacanestro, ed è imprescindibile che debba essere così. Noi stessi lo abbiamo fatto più volte da queste pagine, senza remore né censure. Ma banchettare su un cadavere che ha il cuore ancora ben pulsante, celebrarne con bramoso entusiasmo il ventilato successore pubblicandone curriculum e palmares (come se Repesa, forte solo del suo presunto stipendio da sceicco, avesse la capacità taumaturgica di vincere l’anello alla guida di una scalcagnata banda di mediocri demotivati, o come se Boniciolli, Lardo o Pillastrini riuscissero a priori a far meglio di Dalmasson -ne dubitiamo fortemente- in una situazione come quella triestina), quello no. È sbagliato da parte di noi addetti ai lavori, ma lo anche da parte della incontrollata ridda dei social, con buona pace delle sacrosante libertà di pensiero e di espressione. Non ci guadagna nessuno, di certo non avvicina in alcun modo una salvezza che amplificando tensioni, incomprensioni ed indecisione assomiglia giorno dopo giorno sempre più ad una chimera e però rimane l’unico vero grande obiettivo comune.
Ricapitolando i fatti: in sala stampa, dopo la brutta sconfitta contro Cantù, il presidente Ghiacci afferma che il coach è confermato e che la società interverrà sul mercato dei giocatori. 48 ore dopo lo stesso presidente Ghiacci conferma che l’allenatore della Pallacanestro Trieste è Eugenio Dalmasson e che la società opererà sul mercato per cambiare un paio di giocatori. Si fa in effetti fatica ad individuare incoerenze in tutto ciò, piaccia o meno.
Tutto quello che sta nel mezzo è solo un vortice orgiastico di non notizie, di fantasmi proiettati inutilmente su una parete in cui a guadagnarci non c’è nessuno. A perderci, invece, ci siamo tutti noi innamorati della pallacanestro a Trieste.
PS: A scanso di equivoci, la notizia di Popovic nuovo coach della Pallacanestro Trieste non è vera, un po’ perché ce la siamo inventata, un po’ a causa del buyout preteso dai San Antonio Spurs. Maneggiare con cura…