Leggendo il titolo della cartolina di oggi, chiunque abbia almeno 40 anni e ami il calcio ricorderà immediatamente Vujadin Boškov, affettuosamente soprannominato Zio Vuja. Alcuni di costoro sapranno che il popolare allenatore della Sampdoria scudettata era originario della Vojvodina, e che nell’omonimo club di Novi Sad aveva vissuto i suoi anni più brillanti da calciatore, vincendo anche un argento olimpico, nel 1952 a Helsinki.
Facciamo, però, un passo indietro a metà del ‘700, quando gli insediamenti pre-esistenti vennero riorganizzati e ribattezzati dagli austriaci con la parola latina Neoplanta (“Nuovo Insediamento”), letteralmente tradotta in Novi Sad dai numerosi serbi che già abitavano sulla sponda sud del Danubio. La città crebbe in modo piuttosto rapido per un secolo, affermandosi come il più importante centro abitato dai serbi, che in quel periodo non avevano uno stato indipendente nel quale riconoscersi. Nella seconda metà del 1800, tuttavia, gli Asburgo decisero di affidarla all’amministrazione ungherese e la città fu oggetto di una pesante magiarizzazione, in seguito alla quale, i serbi divennero un’etnia minoritaria.
In questo quadro molto conflittuale, un gruppo di studenti della borghesia serba di ritorno dall’Università di Praga fondò nel marzo del 1914 un club calcistico, che prese i colori della maglia dallo Slavia Praga e il nome dalla regione e dall’allora vagheggiata “Vojvodina di Serbia”, regione autonoma dall’influenza austro-ungarica, che era una delle rivendicazioni locali. Per rendere il tutto più chiaro, nello stemma del club fu aggiunta una stella blu, in modo da riprendervi i tre colori pan-slavi. Di lì a poco, come tutti ricordano, il conflitto tra serbi e austriaci fu la scintilla che infiammò l’intero continente europeo. Finita la guerra partì da Novi Sad un’insurrezione contro l’Austria, e in novembre la città entrò in quello che sarebbe divenuto il Regno di Jugoslavia e – dopo il 1945 – la Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia.
Nel frattempo, il giovane Vuja arrivava in città e ci sarebbe rimasto fino al 1960 da calciatore, ritornando nel 1964 come allenatore e portando i Lale (tulipani) allo scudetto nel 1966. Lasciata da Boškov nel 1971, la Vojvodina rimase comunque nell’aristocrazia calcistica jugoslava, sfiorando il secondo scudetto proprio nella stagione 1974/75, a cui risale il gagliardetto della nostra cartolina, in cui la stella è diventata rossa per compiacere il regime socialista. Quel memorabile torneo, in cui i crveno-beli battagliarono per tutto il girone di ritorno con i campioni in carica dell’Hajduk, potrebbe anche essere definito una specie di “derby di Praga”, ma di questa cosa parleremo – magari – un’altra volta.
Per chiudere questa cartolina, invece, vogliamo ricordare che la Vojvodina è il più antico club serbo a militare nella massima serie e che, proprio per questo, è anche soprannominato “stara dama” (vecchia signora). Ci piace pensare che zio Vuja aspettò galantemente di vederla diventare centenaria, prima di andarsene nell’aprile del 2014.
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Un ricordo di Zio Vuja
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