Novità? praticamente no, solo conferme. La conferenza stampa di Mauro Milanese non ha svelato nulla di più di quello che si immaginava se non la conferma che la situazione è particolarmente delicata e,m apparentemente, senza soluzioni all’orizzonte.
Giustamente commemorata la figura di Mario Biasin con un minuto di silenzio, l’Amministratore Unico ha subito preferito mettersi a disposizione di chi aveva domande da fare, piuttosto che raccontare lui la situazione. Non cambia la sostanza di molto, anche perchè le cose essenziali da dire vengono praticasmente confermate.
In pratica – come osserva Milanese – è un cerchio che si chiude perchè la tragica scomparsa di Biasin riporta la Triestina indietro nel tempo, con gli stessi problemi di quando venne salvata: sembra impossibile – ma lo era anche allora – che non vi siano imprenditori a Trieste e tifosi disposti ad aiutare, come dire che in 200.000 non riescono a fare quello che Biasin ha fatto da solo.
Punto focale, il 22 giugno, data in cui la squadra va iscritta: per farlo occorre aver saldato tutte le pendenze (stipendi, contributi, tasse) e presentata la fideiussione. In questo momento la società Triestina non è in grado di farlo perchè le pratiche amministrative della successione avranno bisogno di parecchio tempo in più della data in cui è prevista l’iscrizione.
Morale: non ci sono soldi in cassa per far fronte alle spese, manca la liquidità. In Australia, il governo è intervenuto per dare una delega temporale alla società di Biasin per onorare stipendi e annessi, da noi difficile possa avvenire a livello ederazione e Lega. Quindi, detto che Milanese è disposto anche a contribuire di suo, va trovato l’importo necessario (1,2 milioni si dice) e il mezzo più veloce verrebbe dalla vendita della società. Cosa ovviamente non semplice per i tempi, ma – ci fossero gli interessati -fattibile in step successivi: chi entra garantisce il budget per l’iscrizione, poi la vendita verrebber perfezionata in tempi successivi.
Ci fosse qualcuno interessato a impelagarsi nel mondo del calcio, sarebbe un’occasione interessante perchè – tutto sommato – la Triestina è appetibile e ovviamente a stabilire il prezzo, sarebbe in pratica il compratore. “Di tutto quello che Mario Biasin ha messo negli anni – ha ammesso Milanese – tornerebbe solo una piccola parte, ma anche i figli ne hanno preso coscienza”.
Ma ci sono persone interessate: sembrerebbe (condizionale ovvio) che il sindaco Roberto Dipiazza abbia parlato di due cordate, senza specificare di più: ipotesi da verificare, quindi in primis da Milanese che si dichiara prontissimo ad incontrare gli interessati.
Lo stesso Amministratore Unico, poi, prova a disegnare un’ipotesi: magari un mainsponsor da 1,2 milioni che garantirebbe anche una quota sostanziosa di società tale da poter dirigerla per poi, a settembre, rilevare tutto, magari realizzare qualcosa con la vendita di qualche giocatore. La variabile che rovina tutto è il tempo, pochissimo.
Problematiche le vie di richiedere deroghe, riserve sull’iscrizione, proroghe anche perchè – quel che manca sentire – è una pracisa volonta familiare di continuare l’attività mentre viene ribadita e sottolineata la titolarità dell’Amministratore Unico, Mauro Milanese appunto, ad operare per la vendita della società.
Come si diceva, fatti ampiamente conosciuti e dibattuti nei giorni precedenti.
Per salvare la squadra, urge intervento immediato di un nuovo soggetto (singolare o plurale, non fa differenza capace di investire e mettere a disposizione, su due piedi, il budget che serve all’iscrizione e a iniziare la contrattazione con Milanese sul costo definitivo della società.
Altre soluzioni è anche difficile immaginarle. Due settimane scarse di tempo, un Milanese che ovviamente sa di non poter far fronte al budget e che è disposto a mettersi da parte recuperando quant’è possibile nella trattativa di cui, comunque, andrà pur reso conto alla proprietà australiana.
Lungi dal creare aspettative, ma l’aver tracciato e sottolineato più volte la strada per mettere al sicuro la società alabardata, fa quasi intendere che più di qualche presupposto per l’operazione ci sia. Poi, naturalmente, si aprirà l’inevitabile discussione – indipendentemente da come andrà a finire -sul passato, presente e futuro di una società che, con budget anche non indifferenti, non è mai riuscita a centrare gli obiettivi che si era posta.