tsportinthecity

Elogio del silenzio

Tempo di lettura: 3 minuti

di Francesco Freni

Bei tempi, quando le curve erano piene di ultras con i loro cori affidati ai quattro venti. Bei tempi, quando allo stadio le urla più alte erano quelle amplificate dei cantanti durante i mega concerti. Bellissimi i tempi quando l’unica voce che si innalzava potente dai rettangoli erbosi era quella dei giocatori dopo aver segnato un goal decisivo.

Almeno, lui aveva un buon motivo….

Già, bei tempi. Ora, ci dobbiamo accontentare, fare di necessità virtù. Quelle specie di sedute di meditazione trascendentale che sono diventate le partite di calcio nell’atmosfera ovattata degli stadi tristemente deserti ci impone il discutibile privilegio di assistere ad uno spettacolo che probabilmente esiste da sempre, ma che per nostra fortuna era sempre rimasto sotto traccia, coperto dai decibel provenienti dagli spalti, svilito dalla presenza di mille distrazioni: l’urlo disperato emesso da ogni singolo giocatore di qualunque categoria non appena un avversario si avvicini con fare minaccioso in un raggio inferiore ai due metri da lui. 
E’ diventata ormai una gara a chi alza più la voce, quasi fosse una metafora della società civile di oggi: si parte dalla presunzione che chi grida prima, o più forte, o nel modo più convincente, viene accontentato dall’arbitro indipendentemente da un reale contatto o, meglio ancora, da un fallo effettivamente subito. Versi disumani, privi di significati intellegibili e che si presuppone siano emessi per convincere il prossimo delle proprie ragioni (ma spesso anche solo per abitudine), si levano a centinaia da ogni angolo del campo e delle panchine nell’arco dei novanta minuti, tanto da essere ormai diventati la vera colonna sonora delle partite. Siamo pronti a scommettere che, fra non molto, le grandi case produttrici di videogiochi, sempre così pronte ad imitare la realtà, aboliranno i posticci cori dalla colonna sonora dei vari FIFA e PES inserendo al loro posto le emissioni canore firmate a peso d’oro dai singoli campioni.   

Naturalmente, a rendere più triste il contesto, è la relazione inversa fra decibel e danno subito: dato che quasi sempre l’urlo si eleva prima del contatto, non è detto che quest’ultimo si verifichi effettivamente, né che si riveli di gravità tale da giustificare le sonore lamentazioni preventive. Ne deriva che spesso la conseguenza più grave dei contatti è la raucedine, piuttosto che un ematoma, un graffio o un pestone, con il triste spettacolo costituito dall’urlatore che si rialza più sano e combattivo di prima dopo pochi centesimi di secondo dalla sua emissione sonora (circostanza che, invariabilmente, provoca una inevitabile reazione costituita, guarda caso, dagli strepiti disumani da parte della totalità degli avversari). 

Ormai siamo ridotti a contare i secondi che ci separano dal ritorno alla normalità e, dunque, del ritorno della gente sulle gradinate. Ritorneremo ad ascoltare cori talvolta beceri, imprecazioni, proteste, incitamenti, risate, brusii, applausi. Tutto va bene, basta che sia in grado di far tornare i versi dei bullonati tuffatori sotto il tappeto sonoro che da sempre li ha coperti.

Post message